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Roxy bar Italia

Creato il 22 maggio 2011 da Albertocapece

Roxy bar ItaliaHo cominciato a lavorare proprio due piani sopra il Roxy bar ed è solo per questo motivo che conosco Red Ronnie di vista, anche se non escludo di averci scambiato pure qualche parola, tra un caffè e una tartina. Ma per me è diventato un personaggio solo da qualche giorno, da quando ha cominciato a straparlare e a coprirsi di ridicolo per la sconfitta della sua Ofelia, ovvero la Moratti, il primo fantasma del berlusconismo al tramonto.

Così ho scoperto cose che noi umani non possiamo nemmeno immaginare. Certo non lo struscio con i potenti per continuare ad avere qualche ruolo e i relativi soldi anche alla fine della propria stagione, cosa che è l’assoluta normalità di costumi avviliti e vili. Ho scoperto che la futile fascinazione di questi oggetti televisivi permea l’Italia dell’incompetenza a tal punto che il ragioner Red Ronnie, al secolo Gabriele Ansaloni, è stato assunto, nel 2005, come docente di semiologia dello spettacolo dall’Università di Siena.

Così mentre i ricercatori sono precari e i giovani di talento negli studi sono legati al filo tagliente delle parentele accademiche e dei pasticci politici, il vecchio Red è  salito d’embleé sulla cattedra. E chi poteva immaginare che quella “cartola” ammiccante del Roxy  era segretamente un lettore attento di De Saussure e di Peirce, magari anche un cultore della grammatica transformazionale a tempo perso. Eppure dev’essere così perché non posso immaginare che un’università conceda una cattedra solo come specchietto per le allodole.

Del resto la sua attività didattica ha lasciato segni memorabili, come una lectio magistralis di un componente dei Nomadi, mica noccioline. Anzi ci dobbiamo rammaricare che il povero Ansaloni, troppo occupato a seguire la Moratti nei suoi viaggi, abbia dovuto abbandonare la docenza:  ”Quando mi hanno parlato del mio impegno, mi hanno detto: “Vieni qui il mercoledì sera, fai due ore di lezione, dormi qui, fai altre tre ore il giovedì mattina, e te la cavi in due giorni a settimana. Però non mi avevano detto che dopo c’erano gli esami, e i ricevimenti, e i consigli! Io, non avendo fatto l’università, tutte quelle cose non le sapevo”.

Già capiamo che sapere degli esami all’università sia cosa di pochi e che ci voglia un genio per arguirlo. Ma quel “mi hanno detto” o “non mi hanno detto” è tremendo, fa parte del linguaggio che condensa tutta l’insopportabile arroganza dell’incompetenza, il vero segno distintivo di questi anni. E del resto la stessa Moratti a cui è stata affidata prima la Rai, poi il ministero dell’Istruzione e infine Milano, è una specie di dj dei luoghi comuni e delle chicchere: alla prima prova al di fuori delle ali protettive del cognome e del Cavaliere è caduta rovinosamente, tanto che Murdoch la cacciò via proprio per palese incapacità.

Quindi fra i due c’è come dire una sorta di affinità elettiva: il docente e il sindaco sono accomunati dalla straordinaria incapacità di fare ciò che dovrebbero. Per questo sono ormai assediati dal ridicolo, anche se credo dovrebbero essere rosi dalla vergogna.

E noi pure per aver permesso tutto questo.


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