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Rubrica - "I Vivi, i Morti e i Lettori": Prima e dopo degli archetipi

Creato il 03 settembre 2013 da Letteratura Horror @RedazioneLH
  • Rubrica Vivi, Morti Lettori
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Pubblicato Tuesday, 03 September 2013 08:38
Scritto da Claudio Vergnani

Rubrica Vivi, Morti LettoriLo scrittore modenese Claudio Vergnani torna con la sua rubrica "I Vivi, i Morti e i Lettori" con un nuovo interessante e mai banale commento sugli archetipi horror. 
Qualche giorno fa, ci siamo imbattuti in una discussione che aveva per tema la recensione di un film. Cito il blog in questione, perché lo ritengo serio, valido e mai banale: Ilgiornodeglizombi, gestito dall’ottima Lucia Patrizi, che salutiamo.
Lasciando da parte il film, che ora non ci interessa, il post che ci ha incuriosito, come chiusura, recitava:
“L’horror secondo me non deve spaventare per partito preso, ma deve turbare.”

Che è un punto di vista legittimo, ponderato e tutt’altro che scontato.
Il senso potrebbe essere: “Non voglio saltare sulla sedia con i soliti trucchetti (tipo - in un film - volume alzato di colpo in sincronia con l’apparizione mostruosa di turno); io voglio godermi il senso dell’allucinato, dell’inquieto, del difforme. Elementi che portano al turbamento che opprime, più che allo spavento che schianta. La distinzione, all’atto pratico, si fa sottile, e per gli addetti ai lavori, a questo punto, rimanere dentro il genere può risultare complicato.
Wikipedia, bontà sua, senza rinchiudere la letteratura dell’orrore all’interno di un cerchio troppo stretto, e quindi riduttivo, ribadisce però che in tale ambito spadroneggiano alcune figure archetipe. Le citiamo, caso mai a qualcuno interessino:
- Il fantasma
- il vampiro
- il demone
- lo stregone
- lo scienziato pazzo
- il licantropo
- lo zombie
- il mostro
E sottocategorie e categorie incrociate a seguire.
La definizione imprigiona sempre, pur chiarendo. Ma la parola secca sigilla, e rischia davvero di chiudere ciò che magari è sì quello, ma è anche altro.
Oggi sappiamo che si può anche fare a meno di inserire uno o più di tali archetipi in un romanzo o in un film horror (anche se, opportunamente edulcorati, di questi tempi, paiono riscuotere un certo successo di pubblico, e ben venga). Il punto, però, è che siamo al crepuscolo creativo e il tramonto dell’idee rischia di arrossare e poi cancellare il nostro orizzonte di appassionati, obbligandoci a “immaginare” più che leggere, come nella favola dei tre ciechi e dell’elefante, dove mettere insieme semplici elementi si fa impossibile.
D’altro canto c’è anche chi sostiene che al di fuori delle regole e delle definizioni non vi sia nulla. Non per partito preso, ma per esigenze di concretezza: se tutto si fa vago, di cosa stiamo a parlare?
Tuttavia, l’abbandono, o la presa di distanza dagli archetipi, sorprendentemente non ne crea altri. Remake, torture porn, film e prodotti che vedono nel gore, nello splatter, nel sadismo gratuito e finanche nello stupro, più o meno velato, l’unico modo per scuotere ancora lo spettatore - quasi il pubblico fosse un’unica gigantesca cavia del celebre e raggelante Test di Milgram – hanno forse diritto di esistere, ma paiono utilizzare vie traverse, illudendosi e soprattutto illudendoci, di aver proposto qualcosa di nuovo, senza accorgersi che non fanno che tornare semplicemente, come in una sorta di involontario gioco dell’oca, alla casella di partenza. Anzi, saltano un giro, quando non due. Perché? Non sono andati oltre gli archetipi. Sono rimasti dietro di essi.
Lo scopo non era quello, certo, e il bello delle vie creative è proprio che, come quelle del Signore, sono infinite, anche se terribilmente più prevedibili. E visto che lo abbiamo chiamato in causa, diciamo pure che Dio, il primo narratore della nostra storia, non ha a quanto ci risulta preteso di creare figure archetipe, ma di sicuro ci ha fornito tutto il terrificante materiale che ci serviva per provvedere da noi stessi a crearne di tremende, senza scomodare il soprannaturale (che sappiamo solo riflettere paure decisamente più concrete). La Bibbia, non lo scopriamo noi, è anche un libro horror, torture comprese, che però accende una luce di speranza (nel Nuovo Testamento, almeno). Ci dice ciò che potrebbe accadere, fede o meno, se abdicassimo al nostro ruolo di esseri umani. E ora stiamo toccando con mano le conseguenze di scelte dubbie, per usare un eufemismo. E quella mano – turbata e spaventata insieme – ora ci trema.
La letteratura dell’orrore viene considerata da molti un “cattivo nutrimento”, e forse costoro hanno ragione. Ma hanno anche torto: in attesa della scoperta del nuovo archetipo, là fuori, da sempre, da quando il primo uomo ha sofferto il freddo, la fame, ed è stato aggredito da un predatore, da quel momento, dicevamo, abbiamo tutto l’orrore che ci serve. La differenza è che gli archetipi non ci spaventano più (lo scienziato pazzo, per estensione, forse ancora un po’), o almeno non più di tanto. Tutto il resto, invece sì. Ci turba e ci terrorizza. Ambedue le cose profondamente.
Parliamoci chiaro, ché siamo abituati a farlo, non diciamo nulla di nuovo sostenendo che gli archetipi di cui sopra sono nati non prima, ma decisamente dopo tutto il male che la razza umana ha sofferto e inflitto. Il che, se si vuole, è un ossimoro. Ma in questo senso scopriamo che turbamento e spavento, alla fine, procedono di pari passo da ciò che l’horror, in modo implicito (archetipi) o esplicito (violenza e sadismo) non ci dice, ma ci ricorda.
Il dottor Mengele iniettava vernice azzurra nelle iridi scure dei bambini ebrei, per stabilire se l’azzurro ariano avrebbe in qualche modo mutato il loro ombroso sguardo giudaico. Uno scienziato pazzo? Un mostro? Un antesignano del buon vecchio Jigsaw? Forse, ma ciò che ci turba e terrorizza maggiormente è che per prima cosa fosse un essere umano. Come noi. Tale e quale.
Se doveste essere sulla classica isola preferireste dividerla con lui o con, poniamo, un licantropo (che alla peggio verrebbe a seccarvi solo nelle notti di plenilunio) ?
La letteratura horror, oggi, viene spinta ai limiti delle proprie possibilità espressive, purché non vi vengano inseriti autentici brandelli di evidente realtà. Per quello ci sono i documentari.
Chi lo sa, forse, in un mondo differente, migliore, riserveremmo turbamenti e spaventi solo a libri, film e videogiochi, spremendone tutto il massimo dell’orrore che possiamo, non solo per ricavarne qualche brivido a buon mercato, ma anche per poter “vedere” quello che sarebbe potuto accadere di terribile se la razza umana avesse seguito per errore un determinato percorso, ma che per fortuna non è, perché il percorso è stato fortunatamente un altro.

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