RUDOLF STINGEL
Palazzo GrassiVenezia, Campo San Samuele
Grande monografica europea
dedicata all'artista italianoL'intero museo veneziano, a lui solo dedicato, ne è stato coinvolto. Oltre 5000 metri quadrati espositivi per la prima volta interamente coinvolti nell'operazione di "istallazione site-specific" di un artista. Lui, Rudolf Stingel, artista altoatesino con studio a New York, già ampiamente collaudato dalle grandi istituzioni museali mondiali negli ultimi anni, ha messo mano all'idea, già peraltro collaudata al Neue Stadtgalerie di Berlino e al Museum fur Modern Kunst di Frankfurt am Main, di esporre la sua opera ricoprendo integralmente gli oltre 25.000 mq di superficie, tra pareti e soffitti, dei locali di Palazzo Grassi, includendovi pure gli ascensori.
I dipinti che sono stati collocati nelle sale del secondo piano di Palazzo Grassi sono appartenenti a quei cosiddetti "ritratti scultorei" che maggiormente costituiscono la sigla dell'artista, essendo espressione del contesto tipico dell'iconografia meranese e sudtirolese tradizionale, tra XIII e XIV secolo. In questa sequenza si vede come le piccolissime dimensioni di tali quadri si perdono volutamente nel vasto dispiegarsi dei tappeti che fanno loro da sfondo, ma ben si manifestano al visitatore se a loro ci si avvicina, ben risaltando in quanto privi di colore e nella loro forte figuratività, totalmente priva d'astrazioni o schematismi.
Tutti i pavimenti e le pareti del palazzo sono state rivestite da una moquette riproducente molto realisticamente i motivi decorativi di un tappeto orientale, dalle tinte di colore tra il rosso acceso, il bianco, il nero e il beige, sulle cui superfici compare a volte, sporadicamente, qualche sua tela che vi si stacca nettamente perchè incolore o argentata. Al Piano terreno è esposta la grande tela con un suo autoritratto, posizionato in un angolo, tra due colonne, in posizione isolata ed appositamente poco visibile. Al primo piano sono esposte le più grande tele ad olio, alcuni dittici o trittici d'eguale fattura astratta, prevalentemente monocromatiche e d'impatto sostanzialmente neutrale rispetto al focoso ed intenso manifestarsi dei campi che vi fanno das sfondo, dall'effetto quasi metallico e assai freddo. Al secondo piano infine sono collocate le opere dell'artista che meglio lo collocano nell'ambito della sua cultura tradizionale altoatesina, essendo rappresentative d'una sorta di catalogazione meticolosa e quasi ossessiva, della statuaria lignea o lapidea di figure di re, o di santi, o di principi, o mitologiche del medioevo alpino, da lui stesso riprodotte con la tecnica foto-realista, ascrivibili alla sezione da lui stesso definite "ritratti di sculture".
Lascia incantata lo spettatore di tale spettacoloso assieme, unico nel suo genere, l'atmosfera rarefatta e sospesa, che governa l'intero percorso espositivo, nella quale formano forti contrasti tutti gli elementi che vi entrano in gioco, e che l'autore padroneggia molto sapientemente, rimarcandone gli stacchi, le pause, le punte, i caratteri che di volta in volta assumono valenza preminente. Sono così le opere a divenire protagoniste assolute, a volte, oppure teneri e timidi resoconti d'una presenza secondaria, quando dominano i campi di colore forte dei "tappeti orientali", generosamente avvolgenti ogni passaggio tra sala e sale, quando incorniciano le ampie finestrature sul Canl Grande, quando seguono i percorsi delle scale o dei corridoi secondari, così rammentandoci una continuità che l'autore non vuole mai sopire. Entro l'ampia orchestrazione degli opposti, opere moderne e sfondi tradizionali, opere tradizionali e sfondi modernamente applicati, emergono a volte protagonisti, i dettagli dell'architettura, anch'essa nuova e tradizionale: nuovi sono gli allestimenti degli apparati illuminotecnici firmati da Tadao Ando, professionista prescelto dalla Fondazione Pinault (di cui è parte anche Palazzo Grassi) per le ristrutturazioni dei suoi nuovi edifici, tra cui il Nuovo Teatrino appena terminato accanto alla sede della mostra). Tradizionali e magnificamente restaurati, i soffitti a cassettoni dorati di talune sdale, gli affreschi tiepoleschi che ornano talune volte del palazzo, le finestre dotate di maniglie antiche pregevolissime, le campiture marmoree a "macchia di Rorschach", poste nei passaggi tra gli atrii delle scale ed i locali interni. Il tutto posto ion un risalto estremo e ben evidente entro i percorsi della mostra. Ciò che meno convince forse, nell'assieme, sono le fonti luminose dell'architetto giapponese, posizionate entro putrelle a doppio T, verniciate di grigio chiaro, francamente non all'altezza delle altre sempre notevoli "invenzioni".
Sigla profondamente personale dell'artista è proprio quanto questa istallazione subito manifesta al visitatore di Palazzo Grassi. Essa è leit motiv d'una ricerca da sempre incentrata sul rapporto tra spazio espositivo e intervento artistico: il tappeto è strumento di relazione tra pittura e e contesto. Stingel è sempre stato interessato ad analizzare ciò che di più profondo unisce la pittura e il suo modo d'essere percepita.
Untitled (Franz West), 2011, oil on canvas, 334,3 x 310,5 cm, Pinault collection.Il quadro è un omaggio all'amico Franz West. Il magnifico ritratto è stato collocato nella posizione dominante entro la più grande sala del palazzo
Mentre il tappeto, uniformemente e globalmente utilizzato come rivestimento e occultamento delle superfici architettoniche, fa da sfondo alle tele, queste ultime, appartenenti alla Collezione Pinault o allo stesso artista, realizzate a merano o a New York prevalentemente per questa stessa istallazione, richiamano il contesto storico-artistico veneziano. Il tappeto richiama alla mente il passato della città lagunare, per i suoi costanti rapporti commerciali con l'oriente, ma al contempo rivela il legame profondo che Stingel ha col passato prossimo mitteleuropeo, rappresentato, come raccontato dallo stesso artista, dalla fotografia dello studio viennese di Carl Gustav Jung, nella quale numerosi tappeti orientali ricoprono il pavimento, il tavolo e numerose altre suppellettili d'arredo al suo interno. Una "topografia dell'inconscio", come dice la brochure che ne accompagna la visita, rilevata sia nel tappeto onnipresente, che nelle opere reali ed astratte, omaggi tutti dell'autore all'amico Franz West, e con lui al padre della psicanalisi, che accompagnano in uno spazio di meditazione la trascendenza dell'ego, i suoi fantasmi e le sue rimozioni, cui i dipinti ne costituiscono le tappe.
Qui sopra: il divano nello studio di Carl Gustav Jung, in una fotografia d'epoca, e l'Autoritratto dell'artista disposto in un angolo del cortile della mostra veneziana
Rudolf Stingel è nato nel 1956, vive e lavora a New York e a Merano, sia città natale. La sua opera è già stata più volte sperimentata, nella forma dell'istallazione site-specific, in molte sedi di altrettante istituzioni internazionali, tra cui: la Secession a Vienna (2012), la Neue Nationalgalerie di Berlino (2010), il Whitney Museum of American Art di New York (2007), il Museum fur Moderne Kunst di Francoforte (2004), il Museo di Arte Moderna e contemporanea di Trento (2001).
Opere di Stingel sono state presentate alla Biennale di venezia nel 1993 e 2003. L'artista è anche stato presente con le sue opere nelle esposizioni "Where are we going?" (2006), "Sequence 1" (2007), "Mapping the studio" (2009-10), "Il mondo vi appartiene" (2011), di palazzo Grassi e Punta della Dogana.
Secondo noi questa istallazione è tra le più belle che ci sia mai stato dato di vedere, una delle più ricche e complete, una delle meglio create ed allestite, sia per la qualità delle opere esposte, sia per il complessivo rapporto con l'architettura e l'ambiente che la accoglia, sia per l'alto livello qualitativo che il rapporto tra l'antico e il contemporaneo riesce ad infondere nell'intero prodotto culturale ed artistico offerto.
Anche il pavimento dell'ascensore è stato rivestito col medesimo tappeto
La mostra durerà fino al 31 dicembre 2013
Testo e foto di Enrico Mercatali
Venezia, 7 novembre 2013