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Rugb-rica mondiale: diamoci una regolata

Creato il 10 ottobre 2011 da Rightrugby
Rugb-rica mondiale: diamoci una regolata
Disputati i quarti di finale nel weekend, siamo alla definizione delle semifinali, come da tabellone sopra. Sabato e domenica prossima all'Eden Park di Auckland, andranno di scena la finalina del Sei Nazioni riservato alle best-in-class e quella del prequel del prossimo Quadri-Nations o Four Nations o come decideranno di chiamarlo quelli della Sanzar.
E' presto per parlar di semifinali, c'è tutta la settimana davanti e questi sono i mondiali degli infortuni, chissà chi potrà giocare; è un po' tardi per tornare sulle partite dei quarti, è un po' stucchevole rammentare che ritroviamo le medesime semifinaliste del 1987 in Nuova Zelanda - gli incroci eran diversi e si giocava anche in Australia.
C'è solo una cosa che merita di esser sottolineata: qualsiasi sarà l'esito di Francia-Galles (pareggio a parte), la settimana prossima una europea occuperà la terza piazza del ranking mondiale superando il Sudafrica, cosa successa solo sporadicamente e per poche settimane negli ultimi quattro anni; lunedì prossimo l'europea vincente e finalista potrebbe addirittura salire al secondo posto, in caso di vittorie e sconfitte per più di 15 punti in ambo le semifinali.
Aldilà di questa informazione, cercheremo come al solito di "aggiungere valore" toccando temi hot, quelli che dividano guelfi da ghibellini, per dar sfogo al nostro lucido contro-correntismo. Che di gossip, copincolla di agenzie e opinionismo mainstream allineato e coperto, di questi tempi son piene le fosse del web.
No, niente Mallett per adesso; parliamo piuttosto di arbitraggi e regolamenti, il vero vulnus, lo scandalo coperto di questo mondiale. Coperto peraltro solo nelle nostre province e in Nuova Zelanda, concentrata da pazzi nella sua Missione Epocale, mentre altrove - quasi non si parla d'altro.
Il tema dei regolamenti in generale - le Laws of the Game come le chiamano gli anglosassoni - e delle sue interpretazioni in campo, è stato pianificato, affrontato e gestito come mai in precedenza, di questo va dato atto a Paddy O'Brien, responsabile mondiale della classe arbitrale. Si arrivava in effetti da un quadriennio di divisioni, speso in parte in sperimentazioni distinte tra i due Emisferi. Era necessario un richiamo all'unitarietà delle interpretazioni, fondata su tre capisaldi: selezione meritocratica sulla base di precisi criteri oggettivi dei dieci arbitri designati, raccomandazioni precise sui focus in cinque aree di gioco ben identificate, scambi di arbitri tra tornei maggiori degli Emisferi (Sei Nazioni, TriNations, Heineken, SuperRugby) per uniformare i metri.
Tutto molto valido, peccato che il respingere le divisioni geografiche tradizionali e la marcata centralizzazione del controllo arbitrale che ne è derivata, sia presto degenerata in overconfidence: il panel di designazione arbitrale ha voluto affermare questo approccio arrivando a designare arbitri indipendentemente da nazionalità e "conflitti di interessi".
Così l'irlandese Clancy è stato mandato ad arbitrare Italia-Usa, pur essendo l'Irlanda molto interessata che gli Azzurri non guadagnassero il bonus, il gallese Nigel Owens ha gestito (male) Sudafrica - Samoa che avrebbe potuto risultare letale per la qualificazione del Galles e il neozelandese Bryce Lawrence ha rovinato Australia-Sudafrica, la cui vincente si scontrerà con la Nuova Zelanda.
Un modo arrogante di affermare il principio della superiorità degli arbitri su ogni bassa passione terrena, tradendone un altro ben più antico e universale: la necessità di una evidente e indiscutibile neutralità, terzietà dell'arbitro. Un errore che alla fine espone i singoli arbitri. Come nel caso di Owens, strapazzato e insultato dai twitter di Eliota Fuimaono-Sapolu, su su fino al primo ministro samoano. Nel caso Azzurro è andato tutto bene con gli Usa, pfiuuu, altrimenti qualcuno avrebbe dovuto spiegare come valutare la frase di Clancy, che dopo aver cartellinato l'uomo del pack americano, si rivolgeva a capitan Parisse che ovviamente stava per chiamar nuovamente la mischia, uscendosene con un sibillino: "valuta bene cosa decidi di fare". Va ben che nel rugby l'arbitro comanda il gioco - release the ball! etc. - ma non s'era mai sentito che (s)consigliasse anche le scelte tattiche.
Quanto a Lawrence poveretto, stendiamo un velo pietoso per ora: il suo eventuale  conflitto di interessi è stato del tutto offsettato dall'incompetenza, o quella che possiamo anche chiamare una "cattiva giornata".
Comunque c'è di peggio della supponenza: arrivare ad andare contro le proprie regole in vigore. Nel 1999 infatti, fu sancita dalla Irb la regola di buon senso secondo la quale un arbitro non poteva arbitrare una data partita, la cui vincente potesse poi ipoteticamente giocare contro la sua nazione. Questo provvedimento non è abolito, è stato "solo" non rispettato dalla Irb stessa nel caso Lawrence. Che bell'esempio!
Un altro esempio della Irb che tradisce le sue stesse disposizioni è stato il "Ballgate", la sostituzione del pallone a Wilkinson in un paio di tentativi di trasformazione nella partita con la Romania. Tale azione va contro una precisa Legge del Gioco, la 9.B.1, ma i "colpevoli" o meglio, i due portaborracce pescati con le mani nel sacco, sono stati sospesi da un provvedimento interno ed è finita lì, col plauso della Irb.
Ora non siamo certo noi a gradire l'occhiuto alzar di sopracciglia a fronte di problemi risolti internamente, a maggior ragione se riguarda una gara vinta per sessanta punti; certo però che a norma di regolamento la cosa poteva essere sanzionata in modo ben più pesante. Bella multina a parte -  se il paradenti con sponsor di Manu e Alex Tuilagi costa 10.000€, questo infringiment vale certamente uno zero in più,  la cosa poteva costare la sottrazione di tutti o parte dei punti guadagnati in quella partita (5). Invece nulla di lontanamente simile, anzi, la classica polvere spinta sotto il tappeto.
Tutto questo però è nulla al cospetto di quanto successo ieri in Australia- Sudafrica. L'arbitraggio di Lawrence ha riportato il tempo indietro di sei mesi - un anno, quando i veri esperti non potevano evitare di evidenziare a ogni report sulle partite del TriNations, le prese in giro all'arbitro nei punti d'incontro da parte degli All Blacks, con quel loro costante "spingersi oltre" per sondarne il metro e l'esperienza.
Stavolta quella dei Wallabies non è stata una cosciente scelta "provocatoria", è stato trovarsi con le spalle al muro, un agire per mancanza di alternative, quasi il ladruncolo che rubi per fame.
Lawrence dal canto suo s'è comportato con leggerezza e incuria gratuite, ignorando manine, mancati rotolamenti, gente che gioca la palla da terra, fuorigioco in ruck etc.etc. Tutto come un anno fa. Beninteso, era un approccio "lasco" che non favoriva apertamente nessuno; peccato che se l'arbitro si distrae sui punti di contatto e una delle squadre in campo ne genera più di 150 mentre l'altra meno di 50, giocoforza quale delle due risulti penalizzata alla fine. Senza peraltro nulla togliere alla prestazione monstre di Pocock, è una questione di matematica: se questi ruba dieci palle in una gara è un record di tutti i tempi, ma una spiegazione per tutte gli altri cambi di possesso non c'è ...
Uno che ha giocato oltre 100 partite internazionali  e non di basso livello, tal John Smit, parte in causa che però adesso si ritira, dice: "ne ho viste tante in carriera, ma non avevo mai avuto esperienza di una squadra dominante in ogni singola statistica di gioco, che perda la partita".  Dovrebbero spiegarglielo quelli che tengono la testa ficcata nella sabbia e si trincerano dietro allo stucchevole "l'han persa i Boks, tutta colpa di Matfield per quel fallo in rimessa".  A parte che il fallo è stato fischiato a Roussow - su segnalazione del guardalinee Poite: come si sottolineava, il metro di Lawrence era lasco indipendentemente dal colore della maglia del  trasgressore - è come se il rugby fosse il calcio e comandassero gli episodi. Macchejelodicoaffà ...
L'esito di questa gara ricorda un altra partita "rubata dall'arbitro" (a proposito di quel che a rugby non si dovrebbe mai manco pensare): 2007, Millennium Stadium, quarti di finale, Francia - Nuova Zelanda, arbitro Wayne Barnes.
Allora ci fu una insurrezione popolare down under, alcuni lo diffidarono dal metter mai piede in Nuova Zelanda, altri arrivarono a scriver la pagina diffamatoria "Barnes" su Wikipedia, reo di non aver visto un passaggio in avanti (ecco l'episodio!).
La differenza profonda è che in questa gara non c'è nessun singolo errore marchiano imputabile a Lawrence: sono molte delle 200 micro-decisioni prese (spesso di non fischiare) ad averne determinato l'esito. E' paradossalmente proprio questo quel che "giustifica" Barnes e "condanna" invece Lawrence: un singolo errore non influenza una gara, di fatto quella fu  determinata dalla strategia mono-tona degli All Blacks che cercarono la meta a tutti i costi.
In fondo, è un po' la storia dei Boks in questa, così dominanti che eran certi che prima o poi sarebbe arrivata: i loro torti li hanno anche loro, qui  ci interessa relativamente chi farà la semifinale - tra l'altro, nella nostra suprema ignoranza, avevamo scommesso sull'Australia; ci interessa solo trar lezioni utili per il prossimo futuro.
Mark Reason corrispondente del Telegraph - giornale di Londra e non di Johannesburgh - afferma perentorio che la lezione è una sola: si deve togliere la responsabilità della direzione di partite cruciali ad arbitri che abituati a gestire solo corse e offload, utilizzando solo direttori di gara Boreali e Sudafricani, dove dirimere il punto di incontro è il pane quotidiano. Come si fa a non essere d'accordo?

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