Ultimo giorno prima dell'ouverture mondiale, ultimo momento per ricapitolazioni storiche, prima di tuffarsi nella frenetica attività day by day di annunci e formazioni, dichiarazioni e pronostici, partite giocate, delusioni e trionfi.
Dunque, sei le edizioni della Coppa del Mondo disputate sinora per assegnare il William Webb Ellis Cup, che rimane sempre quella, il vincitore se la tiene 4 anni poi la rimette in palio, come si confà a ogni trofeo degno di tal nome.
Tre si disputarono in terre Australi (Nuova Zelanda, Sudafrica, Australia), tre in quelle Boreali (Inghilterra, Gran Bretagna - capintesta Galles - e Francia). La perfetta parità verrà ripristinata con l'edizione 2015, quando al 2011 neozelandese seguirà l'edizione inglese: quattro e quattro.
Poi si spariglierà: nel 2019 si andrà in Giappone, che è Boreale ma è anche Pacifico. Vedremo nel 2023 a chi la tocca: tutti in America del Sud, o nei Paesi del Golfo Arabico?
Inciso: venire in Italia nel 2019, come Dondi aveva tentato, sarebbe stato "trasgressivo" della regola non scritta (quindi molto rispettata dai popoli dove vige la "common law") dell'alternanza Nord - Sud del Mondo. C'è da domandarsi a cosa stessero pensando quelli che l'han proposta: non era certamente il momento giusto.
Alla parità di opportunità offerte non corrisponde un equilibrio nelle vittorie: l'Emisfero Australe la fa da padrone con 5 Coppe vinte su 6 disputate. Strano a dirsi, l'unica vittoria Boreale, Inghilterra 2003, avvenne Down Under (del fattore casalingo rovesciato ne avevamo già parlato in questa rugb-rica).
Prima del 1987, primo mondiale disputato,cosa facevano le nazionali? Dopotutto a rugby internazionale si giocava da più di un secolo ... Prima le europee se la regolavano tra loro col torneo Home Nations, divenuto Five Nations con l'ingresso della Francia nel 1910. Per le australi c'erano i Tour, sopra a tutti quelli dei British Lions; c'erano anche le Olimpiadi, dal 1900 al 1924.
Fin dagli anni Cinquanta, man mano che i trasferimenti divenivano più agevoli, v'erano state proposte per un torneo tra le nazionali di tutto il Mondo, ma le Home Nations erano contrarie a rischiare di rompere il giocattolo, adeguandolo a riti non appartenenti all'augusto (e ancora amatoriale) mondo loro.
Gli annali tramandano di una storica riunione Irfb (come si chiamava l'Irb allora) del 1985: Francia Australia e Nuova Zelanda riuscirono ad aggregarsi attorno all'idea di una Coppa del Mondo. Il momento decisivo fu quando si aggiunse l'adesione del Sudafrica, pareggiando i voti del blocco Britannico. Al che Inghilterra e Galles fecero buon viso a cattiva sorte, voltarono la gabbana e la mozione Mondiali passò a maggioranza. Ironia della sorte, poco dopo fu votato il ban del Sudafrica da tutte le manifestazioni sportive per via dell'apartheid, così che il loro voto decisivo rimase del tutto "disinteressato". Gli Springboks tornarono ai test internazionali nel 1992 e al Mondiale nel 1995, nell'edizione casalinga.
Si dice che la prima edizione del 1987 fu tenuta in Nuova Zelanda, in realtà fu ospitata congiuntamente da Australia e Nuova Zelanda tra aprile e maggio, con le sette nazionali del Irfb (otto meno il Sudafrica) più altre nove invitate, per un totale di 16 partecipanti. Ci furono polemiche: la Russia respinse l'invito perchè il Sudafrica pur escluso era membro della Irfb, le forti Western Samoa furono lasciate a casa.
Nel loro piccolo gli azzurri sono parte della storia: la prima partita dell'era mondiali fu Nuova Zelanda - Italia, il 22 maggio 1987 all'Eden Park di Auckland. Finì 70-6, 12 mete e resto punti al piede di Grant Fox, con doppiette di John Kirwan (favolosa la sua prima meta, uno slalom solitario coast to coast), capitan David Kirk e Craig Green; per i nostri un piazzato e un drop di Collodo. L'Italia successivamente si comportò bene, lottando con l'Argentina (25-16, due mete per parte - Innocenti e Cuttitta per noi, ma di là c'era Hugo Porta) e battendo le Fiji 15-18 (mete di Cuttitta e Chucchiella).
Negli All Blacks spiccavano oltre a Kirwan che totalizzò sei mete nel torneo al pari di Craig Green e oltre agli altri già citati, Sean Fitzpatrick e Michael Jones; mancava Andy Dalton, infortunato.
Quello del divario tra le prime sette nazionali e tutte le altre, fu il leit motif del primo mondiale (e non solo di quello): diverse le partite chiuse con oltre 50 punti di divario.
In semifinale gli All Blacks surclassarono il Galles per 49-6, mentre la Francia battè l'Australia a Sidney per 24-30 con una meta all'ultimo minuto sull'angolino di Serge Blanco. La finale fu senza storia, come càpita quando i francesi son reduci da una impresa: 29-9 per i padroni di casa, mete di Jones, Kirk, Kirwan e calci tra i pali di Fox, contro una meta di Berbizier e i piazzati di Camberabero (ah, i nomi mitici di quegli anni, i ricordi delle telecronache dal Cinque Nazioni in bianco e nero del mitico Paolo Rosi).
Nel 1991 il torneo si disputò sparso in giro per tutte le Five Nations. Le otto finaliste dell'edizione precedente furono automaticamente qualificate, le altre otto si guadagnarono l'accesso con tornei di qualificazione, ma con l'eccezione di Samoa al posto di Tonga, eran le stesse squadre della volta precedente.
Edizione da dimenticare per l'Italia di Vaccari, Francescato, Gaetaniello, Barba e Dominguez: in girone con Inghilterra e All Blacks, perdemmo nettamente anche contro gli Usa. Come spesso succede, alla débacle italiana corrisponde un vertice della Scozia: sfruttò il fattore casalingo e conquistò il quarto posto, miglior risultato di sempre.
Mondiale da ricordare per Samoa e Canada, qualificate ai quarti di finale; non buono per la Francia, sconfitta nel quarto di finale a Parigi dall'Inghilterra e nemmeno per Nuova Zelanda: fu solo terza, fermata in semifinale dall'Australia.
Nella finalissima a Twickenham, l'Inghilterra soccombette all'Australia 12-6; per meglio dire si suicidò, impostando un folle running game mentre sino a quel momento aveva sfruttato ottimamente l'organizzazione dei suoi avanti. Gli Aussie marcarono la sola meta della gara con Daly, ironicamente del pack. Eran quelli della mediana Nick Farr-Jones e Michael Lynagh, con David Campese top scorer del torneo con 6 mete, il centro Tim Horan e il giovane John Eales in seconda linea.
1995, il ritorno del Sudafrica. Film sono stati girati, memoriali sono stati scritti, l'immagine di Nelson Mandela e dell'Afrikaner-tipo (oltre che del prototipo dell'openside flanker) Francois Pienaar , vestiti con la medesima maglia verde e gialla numero sei che si stringono la mano, good job, sollevando la coppa Webb Ellis, è divenuta iconica quanto John Kennedy davanti al Muro o Ronald Reagan che stringe la mano a Gorbacev. Quella vittoria fu la Riconciliazione nazionale.
A fronte di un achievement del genere e aldilà di certe derive successive, la traccia sportiva passa in secondo piano. Basti dire che fu indubitabilmente il mondiale di Jonah Lomu, sette mete come Marc Ellis, che fu vinto per 15-12 dal Sudafrica in finale contro gli All Blacks, per la prima volta in extra time. Tre punizioni e un drop di Joel Stansky contro il medesimo score di Mehrtens, alla fine Stransky centrò un drop in più, nel secondo tempo supplementare.
Episodio controverso in semifinale, vinta 19-15 dai sudafricani sulla Francia, quando mancarono otto centimetri ad Abdel Benazzi per marcar meta ed eliminare i padroni di casa. Ancor oggi Berbizier ne grida.
Comunque non c'eran pellegrini in giro: mediana Boks con Stransky e Joost Van der Westhuizen (in bocca al lupo Joost!), Os Du Randt pilone, Kobus Wiese prototipo per Bakkies Botha in seconda linea solo un po' più grosso, Andrè Joubert in fondo, James Small all'ala. Anche dall'altra parte non si scherzava: Zinzan Brooke e poi Little, Fitzpatrick ancora, Osborne ...
Il mondiale dell'Italia non fu malaccio: dopo la pesante sconfitta iniziale con Samoa (42-18), gli Azzurri sfoderarono gli attributi contro gli inglesi, limitando la sconfitta a un 20-27 da record (due mete per parte, doppietta di Underwood, di Cuttitta e Vaccari le nostre, piazzati di Dominguez) e battendo i Pumas per 31-25 (3 mete per parte, le nostre di Vaccari, Gerosa e Dominguez).
1999, primo Mondiale dell'era Pro, si torna a casa in Gran Bretagna, nominalmente in Galles che inaugurava il Millennium Stadium, in realtà sparsi su tutta l'isola e fino in Francia e Irlanda. Stavolta 20 squadre e solo quattro partecipanti di diritto: il Paese ospite e le prime tre della precedente edizione, con l'Inghilterra oltre all'Australia a doversi sbarbare i tornei di qualificazione!
Si trattò del peggior mondiale per l'Italia: nel solito girone degli All Blacks e Inghilterra, si fece rifilare da questi lo storico 101-3, dopo aver subito 60 punti dall'Inghilterra e aver lottato ma perso per un pelo, 25-28, la partita con Tonga.
Due strade diverse verso la finale caratterizzarono questo mondiale: quella dell'Australia, che in modo consistente eliminò i padroni di casa nei quarti (24-9, con due mete di Geoge Gregan e una di Ben Tune) poi il Sudafrica campione in carica in semi (27-21: otto punizioni di Matt Burke e un drop di Stephen Larkham contro sei e un drop di Jannie De Beer ); quello della Francia, che tra alti e bassi e polemiche (troppo vicini a casa) arrivò alla fatale semifinale con i favoritissimi All Blacks.
Gli italiani di ogni generazione sanno di Italia-Germania 4-3; l'equivalente francese è la semifinale dei mondiali 1999 a Twickenham, vinta contro gli All Blacks per 43-31. Forse la più bella ed avvincente partita di sempre. Parlarne è tempo perso, se volete la potete vedere integralmente (1h20') su RR Tumblr. C'era Marc Lievremont in coppia flanker col mitico Olivier Magne, Xavier Garbajosa estremo, l'elettrico Christophe Dominici all'ala e dall'altra parte Philippe Bernat-Salles, Emile Ntamack al centro con Richard Dourthe; c'era Christophe Lamaison autore di 28 punti, Fabien Galthie in mediana, Raphael Ibanez in prima linea, Abdelatif Benazzi con Fabien Pelous in seconda.
I francesi del tutto ebbri persero nettamente la finale al Millennium; vinse la squadra più solida e consistente, con gente come Gregan, Larkham, Burke, Horan, Foley e capitan John Eales, aka Mister Nobody ('cos Nobody is Perfect).
Siamo al 2003, storia recente: i mondiali vanno in Australia, senza appendici in Nuova Zelanda anche se erano state inizialmente previste. Il formato diviene quello attuale, con quattro pool da 5 squadre e i punti di bonus. Tutto era predisposto affinchè l'Australia, l'unica "grande" senza un campionato degno del nome, vincesse il terzo titolo. E dapprima la fase a gironi parve confermarlo: 90-8 alla Romania, addirittura 142-0 alla Namibia, ma arrivò alla fine un 17-16 da brivido con l'Irlanda.
Passata la paura, vi furono affermazioni nette nei quarti e nelle semifinali, dove i padroni di casa ebbero ragione degli All Blacks per 22-10 (una meta per parte, di Thorne e Mortlock, piazzati di McDonald e Flatey) e e gli inglesi della Francia per 24-7 (meta di Betsen trasformata da Michalak, cinque punizioni e tre drop(!) centrati da Wilkinson).
La finale fu il secondo extra time delle finali mondiali, per la seconda volta su due decisa da un drop al 100' minuto, indovinate di chi. Finì 20-17, con una meta per parte (Lote Tuqiri e Jason Robinson). Quando l'Inghilterra tornò, l'8 dicembre fu festa grande con parate in città.
I tempi sono prossimi, molti dei nomi risultano noti, alcuni sono ancora nel giro: ecco le formazioni della finale:
England: J Lewsey, J Robinson, W Greenwood, M Tindall, B Cohen; J Wilkinson, M Dawson; T Woodman, S Thompson, P Vickery; M Johnson; (capt), B Kay; Richard Hill, N Back, L Dallaglio. Replacements: D West, J Leonard, M Corry, L Moody, K Bracken, M Catt, I Balshaw.
Australia: M Rogers, W Sailor, S Mortlock, E Flatley, L Tuqiri; S Larkham, G Gregan (capt); B Young, B Cannon, A Baxter; J Harrison, N Sharpe; G Smith, P Waugh, D Lyons. Replacements: J Paul, M Dunning, D Giffin, M Cockbain, C Whitaker, M Giteau, J Roff.
L'Italia allenata da John Kirwan, nonostante la fine dell'era Dominguez (o forse per quello?) riportò due vittorie: 36-20 su Tonga (doppietta di Dennis Dallan e meta per il fratello Manuel, piazzati di Rima Wakarua) e 19-14 coi rognosi canadesi, grazie alla meta del giovanissimo Parisse. Alla prima venne schiacciata 70-6 dai soliti All Blacks, mentre all'ultima non ce la fece a superare il Galles per raggiungere la qualificazione ai quarti, perse 27-15 subendo tre mete, inaugurando l'era del mancato salto ai quarti.
Ed eccoci al 2007, ma qui la nostra torrenziale cavalcata nella storia si ferma: don't worry siete nel posto giusto, questo blog nacque esattamente con l'intento di raccontare per filo e per segno i mondiali in terra di Francia. Non dovete far altro che navigar qui dentro , perdonando la naivetè dei ragazzotti che non eravamo altro all'epoca. Buon viaggio nei ricordi.
Magazine Rugby
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