Musica, odore di carne alla griglia, ragazze in minigonna a bordo campo, abbigliamenti carnevaleschi, scherzi goliardici e ovviamente tanta tanta birra: questo è quello che un rugbista associa, o associava, quando si parla di sevens.
Uno sport che era, fino a poco tempo fa, relegato a semplice divertimento estivo per trequarti frustrati da interminabili attese nell’aspettare che i primi otto ‘ciccioni’ facessero uscire un pallone dai raggruppamenti o per avanti con sogni incofessabili da ali ed estremi.
Uno sport che più semplicemente era il passatempo per coprire i lunghi mesi estivi ed evitare di andare in astinenza rugbistica.
Oggi il rugby a sette, seppur non perdendo l’animo festoso che lo contraddistingue, ha acquisito un’identità agonistica ben diversa e le migliori squadre del pianeta si confrontano su palcoscenici di prestigio sia continentali che mondiali, e il sevens per molti giocatori ed in egual misura giocatrici si associa ora non più solo al pensiero di allegre serate estive ma ad un sogno ben più serio ed impegnativo chiamato Olimpiade.
A partire da Rio de Janeiro dodici squadre maschili e dodici femminili si contenderanno le sei medaglie in palio, ma chi avrebbe oggi maggiori possibilità di salire sul podio o anche solo partecipare?
Quando si dice palla ovale si pensa All Blacks : nella terra della felce in qualsiasi angolo tu ti trovi non farai fatica a trovare ragazzi che giocano a rugby union, rugby league, rugby seven, rugby touch, rugby tag, rugby beach, rugby a 10 e chi più ne ha…. Non è quindi una sorpresa trovare i “tuttineri” in testa alle classifiche mondiali anche nel codice ovale olimpico: la stagione passata hanno vinto le World Series e hanno soprattutto un programma serissimo di sviluppo in vista di Rio che prevede giocatori specializzati nel sevens e una guida tecnica di altissimo livello come Gordon Tietjens.
La supremazia neozelandese però nel 7 è meno marcata che nel XV e ci sono altre nazioni che possono sognare a pieno titolo un oro, prima fra tutte Fiji: gli isolani sono da sempre ai vertici grazie ad un congenito gioco poco strutturato ma molto istintivo ed imprevedibile che si riscontra anche nel loro XV. I Flyng Fijans che hanno di recente vinto la prima tappa delle World Series coltivano serissime possibilità di portare nel pacifico la prima medaglia olimpica di tutti i tempi per il loro Paese.
Subito dietro si posiziona il team della Gran Bretagna che potenzialmente dovrebbe essere molto molto competitivo unendo ad una fortissima squadra inglese qualche elemento gallese, scozese ed irlandese e se questo alle longitudini calcistiche aveva portato a qualche attrito tra i britannici di ovalia sono invece abituati a vestire con enorme orgoglio la maglia dei British and Irish Lions.
L’altra grande sorpresa per chi mastica rugby solo nella versione a XV potrebbe essere il vedere il Kenia ai vertici, ma gli Shujaa hanno raggiunto livelli di gioco veramente eccellenti confermati dall’ottimo quarto posto della tappa australiana delle World Series.
Subito dietro si collocano una serie di squadre che rispecchiano più o meno i valori rugbistici tradizionali con Samoa, Sud Africa, Francia, Australia e Argentina molto competitive e nazioni come USA, Canada, Russia, Spagna e Portogallo a bussare sempre più forte alla porta del piano superiore.
La versione in rosa potrebbe riservare ancora più sorpprese con un livello molto equilibrato e nuove nazioni che in questi quattro anni potrebbero uscire inaspettatamente alla ribalta: nel ranking mondiale che è stato ufficiosamente stilato comanda l’Inghilterra che ha dimostrato in più di un occasione un gioco di altissimo livello tecnico-tattico accompagnato da individualità fisiche straordinarie. Come per gli uomini qualche innesto dagli altri Paesi britannici potrebbe trasformare le leonesse in una corazzata.
Subito dietro si posizionano Spagna e Olanda, a conferma che, almeno nella versione femminile, c’era, e forse c’e’ ancora, spazio anche per nazioni dal pedigree ovale meno prestigioso e dal portafoglio meno gonfio. Ovviamente tenderei a non sottovalutare le Black Ferns che pero’ sono un po’ piu’ indietro rispetto ai connazionali uomini. Ma come detto le sorprese sono dietro l’angolo e potrebbero arrivare da nazioni come Brasile, Giappone, USA, Kazakistan, Cina oltre alle piu’ rugbistiche Australia, Sud Africa e Francia
E l’Italia ? E’ di pochi giorni la dichiarazione dell’addetto stampa FIR che spiegava come la nostra qualificazione sia un impresa quasi impossibile. Purtroppo la sua valutazione non è molto lontana dalla realtà , va però detto che se si fosse pensato per tempo alla programmazione, le possibilità di arrivare almeno a giocarci una qualificazione c’erano, e forse ancora ci sarebbero, eccome. Ci sarebbero sicuramente almeno al femminile dove sono competitive federazioni dai budget infinitamente inferiori come Olanda e Spagna. Invece oggi siamo fuori dai Mondiali sia al maschile che al femminile e fuori dalle World Series.
La squadra maschile nell’ultimo torneo di qualificazione mondiale ad Algarve ha perso anche contro la Lituania formata da tutti dilettanti e con un budget veramente ridicolo: nel complesso il gioco degli azzurri dimostra dei limiti tecnico tattici veramente imbarazzanti per una federazione da sei nazioni.
Senza voler insegnare nulla a nessuno, sembra però singolare il solo immaginare di partecipare ad un Olimpiade senza avere nè un campionato di sevens da cui attingere nè tecnici specifici del gioco sia a livello di club che di nazionale.
Per ora il sette nello stivale resterà quindi il gioco delle grigliate nelle belle serate d’estate in attesa che qualcuno o in federazione o magari dal Coni ( leggasi comitato OLIMPICO ) non pensi a, quantomeno provare, a farlo crescere a un livello che dovrebbe competerci.
Danilo Patella
OA | Federico Militello