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Rugby a sette: è possibile vedere Dan Carter alle Olimpiadi?

Creato il 16 dicembre 2012 da Olimpiazzurra Federicomilitello @olimpiazzurra

Da Rio de Janeiro il rugby nella sua versione a sette farà il  suo ingresso nel programma olimpico. Il torneo che si svolgerà nella prima settimana, presumibilmente in due giornate per gli uomini e due per le donne, dovrebbe avere addirittura il palcoscenico dello Stadio Olimpico.

Il frequentatore occasionale della palla ovale si potrebbe quindi chiedere : ma allora vedremo alle olimpiadi Dan Carter, Richie McCaw, Brian Habana, Quade Cooper e magari Johnny Wilkinson? Purtroppo, o per fortuna (dipende dai punti di vista) no.

Il rugby a sette è infatti uno sport differente dalla versione a XV per molti aspetti, per essere un buon giocatore di sevens servono varie doti : buona tecnica di passaggio, visione di gioco e delle linee di corsa, abilità di placcaggio, ma la qualità che su tutte fa la differenza è la velocità; non tutti possono quindi giocare ad alto livello a sette, per un pilone il codice olimpico è per esempio un terreno difficilmente praticabile.

Altre motivazioni rendono complicato l’arruolamento dei top player a XV nelle selezioni di sevens: intanto il fittissimo calendario delle competizioni nazionali ed internazionali renderebbero l’impiego saltuario e relegato ai mesi estivi, in passato ciò avveniva frequentemente e grandi giocatori come Jonah Lomu vengono proprio dal sette, l’innalzamento dell’impegno fisico e psicologico del rugby di oggi costringe ora i giocatori a dover riposare dopo un’usurante stagione, oltre al dover accuratamente evitare infortuni.

E se un Manu Tuilagi o un Cory Jane decidessero di abbandonare il rugby a 15 per coltivare il sogno a cinque cerchi? Alla situazione attuale una scelta del genere, per quanto affascinante, è poco probabile: i contratti del rugby union sono ancora molto più remunerativi di ciò che il sevens potrebbe offrire, praticamente non esistono seri campionati per club e quasi tutti i giocatori a tempo pieno di rugby a sette hanno dei contratti esclusivi con le federazioni di appartenenza e i loro impegno è al 100% dedicato all’attività di nazionale.

E il futuro?  La strada a breve termine è stata quindi intrapresa dalle federazioni che aspirano ad un posto a Rio specializzando un gruppo di una trentina di giocatori di medio livello con l’obiettivo olimpico; addirittura alcuni team, come gli Eagles statunitensi, stanno arruolando atleti provenienti dall’atletica o dal football americano che per caratteristiche atletiche (soprattutto la velocità) possano adattarsi al rugby a sette.

La strada a lungo termine dovrebbe invece seguire l’esempio del beach volley e del calcio a cinque che si sono affrancati dal bollino di sport surrogati dei loro fratelli maggiori per acquisire una loro piena dignità, fatta anche di eccezionali campioni.

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OA | danilo.patella

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