- difesa attiva,
- fasi statiche cui appoggiarsi,
- un piazzatore che piazzi.
Questo è tutto quanto fa la semplice base vitale del rugby, unito al senso di squadra e alla sacralità della casa propria in cui non passa lo straniero zum zum. Il resto è conseguenza. Tutto qui. Se l'avversario lasciasse qualche briciola sul davanzale, la conseguenza delle basi ben eseguite è che si decolla, sulle ali di un reparto arretrato che vale cinque mete a partita; altrimenti pace, si vince lo stesso a patto di keep calm and carry on; tradotto in véneto, tasi e tira.
Filosofia umile ma solida come una trave di quercia; in "Modalità Base" ( difesa, fasi statiche e piazzati) è valsa lo scalpo dei Trifogli, in "Modalità Estesa"(raccolta delle briciole lasciate sul davanzale) quello degli Azzurri. Antiche e nuove cocenti rivalità sistemate, ma già dalla prima uscita con the Auld Enemies inglesi, l'occhio veramente ovale poteva intuire cose interessanti che covavano e che qui sottolineammo in tempi non sospetti.
Guardateli in faccia qui sopra: ci vedete tanti fuoriclasse? E' un bunch di solidi, onesti lavoratori del rugby, senza mega star nei riflettori B&I Lions - anche se scommettiamo che ora qualcuno verrà preso in considerazione da Gatland. Ben capitanati dalla faccia insanguinata alla Dick Fulmine di Kelly Brown, perfettamente rappresentati dalla determinazione del meritato Man of the Match Jim Hamilton, l'uomo che sussurra ai tallonatori (avversari). Il solo Ruaridh Jackson pare un po' sfasato, ha la ruota succhiata da Duncan Weir - l'uomo senza collo, con le braccia troppo corte per fare il tallonatore.
Han prevalso coi basics su una Irlanda per nulla "inconcludente" com'è stata dipinta: i Trifogli dopotutto han commesso meno errori degli avversari e han segnato l'unica meta con Gilroy, dopo un sontuoso break di O'Brien; i ragazzini debuttanti Paddy Jackson e Luke Marshall han mostrato un paio di incroci che parevan Dagg e Kahui. E che dire di quella incursione di Keith Earls: se apriva a O'Driscoll invece di insistere e "battezzare" il lato ...
Gli errori difatti si pesano e non si contano: già al ventesimo del primo tempo gli Scots avevano compiuto 55 placcaggi fallendone 7 (ben il 12% di failure rate) ma il punteggio restava 0-0 ... All'ora di gioco avevano superato i 100 placcaggi contro meno di 40 degli avversari, fallendone 14 (peggiorando in termini percentuali), ma il punteggio era 6-8. Anche nei pochi attacchi finalizzati, gli errori scozzesi sono stati di rilievo. Eppure ...
Eppure, più del numero di errori, il possesso e il territorio, tutte stats gravemente perdenti per i padroni di casa, la lezione di questa partita è che i basics bene eseguiti vincono le partite:
- la feroce applicazione nelle fasi statiche: controllo della mischia, con i non eccelsi Grant, Ford e Cross (preparati da Cuttitta) son stati bravi ad approfittare dell'assenza di Cian Healy per metter sotto il pack avversario; e poi Jim Hamilton a condizionare col primo paio di intercetti quasi tutti i lanci in rimessa di Rory Best;
- la precisione dalla piazzola di Greig (pron: Groig) Laidlaw;
- la calma determinata nella fase difensiva, attenta per quel che si può fare in una gara in cui l'ottanta percento degli ovali è stato in mano agli avversari; cioè non si sbanda al primo e neanche al secondo inevitabile errore - è statistico che ci sarà;
- per gli avversari dopo un'ora e più di dominio, è dura trovarsi sotto; la conseguenza è che ti affanni, acceleri, cambi modo di giocare e alla fine fai falli (sono risultati pari quando nei primi tre quarti eran sbilanciati a favore degli irlandesi), errori di handling e di scelta (clamorosa quell'apertura di O'Gara al piede nel finale).
A rugby è così che si può vincere: anche senza campioni, anche senza necessariamente mettere in modo gli Hogg, Visser e Maitland là dietro. Anche se gli avversari commettono meno errori e fanno la partita.
Una nota "didattica" è ricavabile comunque anche dai bistrattati irlandesi: onore al merito di Kidney, d'aver rischiato Paddy Jackson pur avendo O'Gara. Come se Brunel avesse rimpiazzato Burton con Padovani o Morisi (ffssss .... queste cose non si fanno in Italia e manco si pensano!). Questo è pensar lungo (2015) e alla fine, avrà anche sbagliato i piazzati (nessuno nasce imparato), ma alla fine è stato un esperimento positivo, controprovato dal quarto d'ora senza nerbo - e piazzati - di ROG.
[Inciso per quelli che i giovani non devi "bruciarli" - e invece più giovani sono, meno sentono la pressione (è dopo il lancio che devi seguirli, negli inevitabili alti a bassi che però riguardano anche i ventiquattrenni) - segnatevi questo nome particolare: Sergeal Petersen, classe 1994, due mete e Man of the Match all'esordio nell'esordio dei Southern Kings nel SuperRugby; il suo massimo prima era stato una selezione nazionale delle High School, altro che Currie Cup o Celtic League ]
Torniamo in tema, quella degli Scots non è stata l'unica lezione di rugby basics nel weekend: anche il Galles è sceso in Italia lasciandoci girare la palla, tanto ci pensavano le condizioni climatiche a frenarci. Il focus dei Dragoni era di destabilizzarci nelle fondamenta: non tanto nel breakdown stavolta, dove tutti ce provano, ma ci s'aspetta di trovar pane per i denti a questi livelli (come successo in Scozia-Irlanda ma tutto sommato anche in Italia-Galles), bensì nella mischia ordinata. Lì han trovato il nostro inopinato ventre molle stavolta. Sicuri dietro gli spalti difensivi e la precisione balistica, ci han lasciato caracollare fuori sotto la pioggia, a commetter falli e imprecisioni.
L'Inghilterra stessa cosa: è stata mastina come da tradizione, ha saputo tener botta e soffrire durante lo sfogo francese, approfittando della superiore capacità di adattarsi all'arbitraggio e di piazzare le punizioni, fin che s'è presentata l'Opportunità con la O maiuscola (le briciole lasciate sul davanzale) e loro eran lì pronti a coglierla. Notare comunque da cartellino gara, Galles e Inghilterra avrebbero vinto anche senza le mete di Davies, Cutberth e Tuilagi, solo coi basics. Come ha fatto la Scozia.
Se andiamo a vedere i perdenti di giornata, troviamo la controprova alla tesi del "rugby semplice": han perduto le squadre che si sono complicate le vita provando a fare la partita - riuscendoci in larga parte nel caso francese, in larghissima in quello irlandese. Interessanti sono stati i finali delle tre: sfilacciato nella demoralizzazione quello Azzurro, frenetico e quindi ricco di falli e imprecisioni quello francese e irlandese. Cambi modo di stare in campo, sconfitta certa.
Al contrario, dà molta sicurezza sapere che ti devi focalizzare su poca roba semplice: difesa, fasi statiche, piazzare.Così trova risposta automatica anche il nuovo mantra un po' oscuro che sta prendendo il posto della parola magica breakdown tra gli opinionisti di cose Azzurre, per spiegare cosa non va: adesso il nostro sarebbe diventato "un problema di testa". Sicuri che non sia confusione? Anche lì, back to basics, non servono tanti psicologi:
- difesa attiva significa concentrazione quindi nessuno spazio al panico, significa organizzazione, quindi mutuo sostegno;
- fasi statiche affidabili costituiscono l'ancoraggio, la certezza, il safe harbour per tutti: per chi corre palla in mano, per chi passa e calcia, per chi placca, per chi spinge e chi solleva;
- sapere che le punizioni agli avversari che guadagni letteralmente col sangue saranno regolarmente remunerate con punti, fa morale come nessun'altra cosa al mondo.
Ecco come risolvere i "problemi di testa" nel rugby; again, back to basics.
La nostra tesi è che è possibile un rugby "semplice", più umile e "ruspante" al posto dell'imitazione della Scozia tutta espansiva versione Andy Robinson (che non a caso ha inanellato exploit clamorosi ma ha anche perso tutte le partite che contavano davvero), ed è pure vincente. Soprattutto per chi non può contare su grandi stelle (o perde quelle medie che ha come Parisse). Fasi statiche, difesa attenta, piazzatore che piazzi. E' una conseguenza di questo atteggiamento semplice ma estremamente moderno, "All Blacks", che poi arrivino le mete con le ripartenze da settanta metri, come con la Francia, ma si può vincere anche solo tasendo e tirando. come ha fatto la Scozia stavolta. Badate, adesso che il fiato Azzurro regge gli ottanta minuti grazie alla Celtica, non saremmo granché distanti da questo desired state, almeno in casa.
Quando poi si va fuori, pensar solo alle basi aiuta ad abbassare lo sguardo, stringere i denti e passare 'a nuttata, come ha fatto la Scozia a Twickenham: arrivare a vincere sta a un'altra, successiva fase, il primo passo è rendere casa propria espugnabile solo episodicamente. Noi italiani al contrario, proprio nel Tempio del rugby londinese abbiamo una tradizione di smargiassate duramente punite, persino ai tempi di "primo non prenderle" Nick Mallett. A noi si addice poco la mentalità del "non avere nulla da perdere", rendiamo meglio con le spalle al muro.
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