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Rugby – Italia Francia 22 a 21: il rischio di una vittoria che resterà nella storia

Creato il 12 marzo 2011 da Sport24h

Complimenti all’Italrugby e cenere sul capo a quanti, compreso il sottoscritto, avrebbero scommesso il proprio patrimonio sull’ennesima sconfitta, magari onorevole. Il rugby italiano ha ritrovato orgoglio e risultato e adesso guarda al futuro immediato con minor passione. Se dovesse ripetersi anche la prossima settimana in Scozia, porterebbe a casa 2 successi nel 6 Nazioni, uguagliando il miglior risultato di sempre nella sua breve (e poco gloriosa) permanenza nel torneo. Andiamo ancora oltre: se non avesse buttato il successo con Irlanda e Galles, a quest’ora, udite udite, poteva concorrere per la vittoria.
Fantarugby, ma il rischio, dopo il bello e meritato successo contro i galletti, è proprio questo: sotterrare con un colpo di ala tutti i problemi del rugby italiano e di perdere il contatto con la realtà.
Quanti presentavano l’incontro con la Francia non hanno potuto fare a meno di sottolineare come in campo ci fossero 7 quindicesimi diversi rispetto alla partita con il Galles. Ufficialmente per errori e infortuni, nella sostanza, a detta dei bene informati, per risparmiare parte della squadra in previsione del più abbordabile incontro con la Scozia.
Se così fosse, dobbiamo augurarci che questa decisione venga presa in futuro molte altre volte. Sono stati un critico della Nazionale finora vista al Sei Nazioni; il fatto che sia cambiata nella metà per portare a casa una vittoria storica mi sembra che confermi in parte tale analisi.
Il problema dell’Italia è quindi psicologico, prima ancora che fisico. Certo, anche in una partita giocata benissimo, ai massimi livelli, i nostri giocatori sono apparsi più lenti, nella corsa e negli spostamenti, degli avversari. Ma l’elemento che è emerso nettamente, nel dopogara, è stato quello di dare una lezione (sportivamente parlando) a giocatori contro i quali la maggior parte dei nostri si confrontano quasi ogni settimana, se non compagni di club. Insomma: “ti conosciamo, sappiamo come giochi, per questo non ho paura di te…”. Il problema è proprio nella testa e la vittoria contro i campioni uscenti, candidati ad un futuro radioso (un po’ meno dopo le due batoste consecutive, con Inghilterra e Italia) in Coppa del Mondo, dovrebbe averci sbloccato. Speriamo bene e attendiamo la prossima.
Il rischio, come dicevo all’inizio, è che ci si dimentichi della pochezza del nostro movimento di vertice (perché i giovani sono un’altra cosa). Nel campionato italiano la maggior parte dei team, a parte rare eccezioni (come la Mantovani Lazio) punta più su giocatori stranieri che giovani italiani. Stesso discorso per le due franchigie in Celtic, per le quali i patti (sotterranei o palesi, non è dato sapere) con la FIR si sono di fatto rotti con il massiccio non utilizzo degli azzurri, quei pochi che sono rimasti in Italia.

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Il dispiego di “cervelli” di Sky è stato impressionante. Retorica roboante in occasione degli inni, enfasi nelle fasi cruciali con lo stadio Flaminio cantante l’Inno di Mameli per spronare i nostri e nessuno, dico nessuno, capace di sottolineare come per la prima volta conquistiamo la Coppa Garibaldi (trofeo messo in palio in occasione dell’incontro con i francesi nel Sei Nazioni) proprio quest’anno che festeggiamo i 150 anni dell’Unità di Italia. Lo dovremmo fare il 17 marzo, proprio tra qualche giorno.
Uno sforzo di fantasia non avrebbe fatto male, ma è anche vero che nessuno dei giocatori e dei dirigenti (almeno nelle dichiarazioni a caldo) si è ricordato di dedicare questa vittoria a tutti i tifosi e magari al nostro Paese.
Del resto la retorica unificante di Francois Pinaar, Mandela e Invictus è troppo lontana dalla nostra cultura, capace invece di prendere solo gli aspetti più deleteri dello sport.
Come l’esaltazione fine a se stessa per una vittoria di cui parleremo per i prossimi dieci/venti anni, specchiandoci in un ricordo via via più sbiadito e stucchevole, senza per questo essere diventi più bravi o più forti. Del resto si migliora soltanto analizzando i propri errori sia nelle sconfitte che nelle vittorie. Come diceva Kipling: “se riesci a trattare il successo e la sconfitta allo stesso modo… “ esercizio questo in cui non siamo proprio capaci.
Antonio Ungaro


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