Ve ne siete accorte, me ne sono accorta. Mi guardo allo specchio tutti i giorni mentre vado al lavoro in scarpe da ginnastica e me ne rendo conto.
Le amiche ormai si riferiscono a me come “quella sportiva”.
Mia madre crede di vedermi alle Olimpiadi in Brasile nel 2016.
Il mio ragazzo quando corriamo non mi sta nemmeno più dietro e si ferma al 4° km.
Quando è cominciata questa esperienza sapevo che mi sarei divertita ma, diciamocelo, non credevo nemmeno io così tanto. Dopotutto l’Adidas non ha fatto altro che darmi delle scarpe e dirmi: “Zitella, alzati e corri”.
E io ho corso.E non ho corso perché me l’ha prescritto il medico e nemmeno perché pensavo fosse divertente.
Lo riconosco: tutto questo è cominciato perché ho pensato potesse essere un’occasione (la millesima) per dimagrire. Sì, non si è mai abbastanza magri o abbastanza ricchi. L’ha detto Chanel, mica l’ultima polla.
Sono dimagrita? Non credo, non mi sono mai pesata.
Ho delle gambe più belle? Cazzo sì, ho delle gambe che sembrano disegnate da Giotto.
Mi sento meglio? Mi sento onnipotente.
La golden mezzora è finita da un pezzo, eppure io continuo a sentirmi onnipotente. Come sarà mai possibile che una fatica sfiancante come correre 10 km nel mezzo del canyon d’asfalto (cit. Aldo Rock) riesca a gasarti prima di correre, durante la corsa e dopo aver finito?
Lo sapete e lo so anche io: correre non è divertente.
L’ho sempre detto e continuo a pensarlo e vi garantisco che il pensiero “ma cosa cazzo sto facendo” mi ha sfiorato più volte domenica mattina mentre correvo con 20° che mi picchiavano in testa e arrancavo per risalire da un sottopassaggio nel mezzo del nulla vicino San Siro, mentre decine e decine di altri staffettisti mi superavano.
La verità è che continuavo a pensare a quante volte mi sono allenata (poche, troppo poche, ecco a cosa pensavo veramente mentre cercavo di superare la salita), alla voglia che avevo di dimostrare a me stessa che potevo farcela, che si può passare da 0 a 10 km in qualche mese.
Ma partiamo con ordine: al ritiro pettorali di sabato ci si sentiva come all’ultimo giorno di scuola al momento della foto di classe.
Abbiamo fatto le squadre, ci siamo guardati in faccia, ci siamo sparate le pose in ogni angolo.
La mia squadra era composta da Gaetano (I frazione), Giulia (III frazione) e Manuela (IV frazione).
Siamo una squadra bellissimi.
Ho tempestato Gaetano di domande perché lui è l’unico ad aver già corso delle staffette e io non sapevo nemmeno com’è fatto un testimone. Infatti, contrariamente alle mie aspettative che forse si limitavano a qualche cartone animato delle elementari, il testimone non è un cilindro di metallo che ci si passa tenendo la mano all’indietro ma… un braccialetto.
No dico ma qualcuno lo sapeva? Un braccialetto? OMMIODDIO E IO COME LO METTO? CHI ME LO ALLACCIA? COME SI FA? E SE MI CADE SONO FUORI? MA ELIMINANO ME O TUTTA LA SQUADRA?
L’ansia non faceva che aumentare.
Con mia immensa gioia l’Adidas ha chiamato Aldo Rock per farci il discorso motivazionale e contrariamente alle mie aspettative l’ho pure apprezzato. Ha raccontato di quando ad una maratona insieme a Linus, giunti all’ultimo miglio quando Linus non ce la faceva più e voleva fermarsi, in quel momento un uomo, dal lato della strada, gli ha urlato “C’MON MAN, ANYONE CAN RUN A MILE” “UOMO, CHIUNQUE PUO’ CORRERE UN MIGLIO” e questo gli ha dato la forza di correre quell’ultimo fottuto miglio, quello che corri con il quadricipite di legno. Diciamo che mi sono ricordata queste parole quando stavo affrontando l’ultima salita prima di svoltare in Vittor Pisani per raggiungere il mio punto di cambio.
Gli sguardi con gli altri staffettisti nella metro, di sfida e complicità. Sfida cosa poi, gente che mi straccia alla prima curva.
Arrivo al mio punto di cambio (via Diomede) che sono carica a bomba ma sono tesa e ho paura, non so di cosa ma ho paura. Ho paura di non riuscire a far partire l’app, di non riuscire a far partire la musica, di non riuscire ad allacciarmi il braccialetto, di non riuscire a correre tutti i miei 10 km perché non mi sono allenata.
Sono le 11 quando arriva Gaetano e sono così contenta di vederlo che lo abbraccio YEEEEH GRANDE CE L’HAI FATTA IN UN’ORA MITICO mentre lui mi guarda un po’ spaesato perché gli stavo facendo le feste quando di fatto ERA ORA DI CORRERE.
Corro su strade che non mi sarei mai immaginata di percorrere a piedi per il semplice fatto che sono nel mezzo del nulla, vicino San Siro, vicino ai palazzetti. Vedo una discesa “discesa significa salita”, maledico entrambe per le mie ginocchia, penso “ok dai alla fine della salita magari rallento” ma poi arrivo alla fine della salita e vedo un vecchio che avrà l’età di mio padre che tiene un passo di poco più veloce di una camminata e penso “E IO VOLEVO FERMARMI?”, allora proseguo, vedo punti di ristoro, Runkeeper mi dice che ho un ritmo medio di 6.30, poi 6.25, poi 6.21 e io che dovevo tenere 6 al km penso che tutti questi conteggi sono sminchiati perché come una polla l’ho fatto partire 10 minuti prima e crede che ci abbia messo 12 minuti per fare il primo km che va bene lenta MA ANCHE NO.
Combatto con l’idea di rallentare e vinco. Non rallento, non mi fermo, non mi guardo indietro. Ormai mi guardo dall’alto e nella mia testa credo di essere l’ultima staffettista, ma no, è impossibile c’è ancora gente dietro di me, c’è sempre gente dietro di me.
La gente mi saluta, qualcuno mi dice “ciao”, io bofonchio un “E……H…….Y C…….IAO” perché mi pareva fosse un Cityrunner ma vai a sapere, tanto mi ha superato.
Arrivata al 5° km ormai è fatta, l’ho scollinata amici. Mancano solo 5 km e c’mon, anyone can run 5 km!
Un gonfiabile a forma di traguardo logato Radio Deejay alla fine del lunghiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiissimo Corso Sempione ci fa credere di essere arrivati quando di fatto mancano ancora 3 fottuti km. Maledico Radio Deejay per questo miraggio. Linus, la pagherai.
Ormai manca poco e per scaramanzia non guardo nemmeno il mio inutile orologino, troppo da fighetta per riportare i minuti esatti. Vedo finalmente piazza della Repubblica, mi viene quasi da piangere perché penso a quanta strada ho fatto. Non solo quella domenica (anche se ho la sensazione di essere arrivata a piedi dal Friuli) ma in tutte queste settimane da Cityrunner. Io, la figlia del porco giuda dell’atletica, ce l’ho fatta. Cerco Giulia tra la folla, le urlo anche un “ma dove cazzo sei” perché non la trovavo (scusa Giulia, era Barbie Sporty che parlava non io) le passo il braccialetto, è finita.
Non faccio in tempo a guardarmi in giro che vedo il mio ragazzo che arriva, pure lui, correndo. E’ mezzogiorno. Lui con i mezzi non è riuscito ad arrivare prima di me, a piedi. E’ mezzogiorno, ne sono sicura. Ho fatto un’ora, un’ora e un minuto al massimo. Lo so, cazzo lo so.*
Qualcuno di voi l’avrebbe mai detto che una la cui divisa preferita sono le full skirt e i sandali ricoperti di brillantini sarebbe riuscita a percorrere 10 km senza morire?
Dai no, non ci credevo nemmeno io.
Faccio stretching come investimento per evitare l’acido lattico del giorno dopo (e infatti non ho nessun dolore), mi guardo intorno, sono felice. Di più, sono esaltata!
E’ la golden mezzora e appena riesco ad abbassare i battiti comincio a metabolizzare. E’ fatta, è finita. Sono una grande.
Sono una che non ha mai partecipato a nessuna gara sportiva in vita sua, sono una che si è guardata bene dall’iscriversi a pallavolo da piccola per timore del bullismo delle compagne di squadra e adesso guardami qua, vorrei abbracciare tutti gli staffettisti DEL MONDO. Mentre correvo pensavo a quello che il giorno prima si era detto con gli altri Cityrunners “prossimo step, la mezza maratona”. Mezza maratona un par di balle.
Ma altre 10 km sì. La We Own The Night, la Energize Run, la Color Run, la 5.30. Alla mezza ci arriverò, forse. Ammesso che riesca a trovare una playlist così lunga. Allo stand Adidas in Piazza del Cannone poi è stata una vera e propria festa da ultimo giorno di scuola. Mi hanno intervistata, ero gasata, non poteva essere ancora la golden mezzora. Infatti eccomi qua, son passati tre giorni e penso già a quando tornare a correre.
Cityrunners non finisce (CITYRUNNERS NON FINIRA’ MAI cit.) e la figata è che adesso gli allenamenti saranno aperti al pubblico. Potete venire a correre con me e con tutti quei begli ometti che si vedono nelle foto. Ah sì, dettaglio da non sottovalutare: il running sembra essere uno sport ancora prevalentemente maschile quindi credetemi quando vi dico che se siete single e correte, non sarete single a lungo.
*[I tempi ufficiali dicono che l’ho fatta in 1.07 ma posso garantire che per tutti i secondi frazionisti con cui ho parlato è evidente che il parziale è scorretto, per il semplice fatto che il tempo veniva preso solo al passaggio sopra il tappeto rilevatore che era ben oltre il punto di cambio effettivo. Per questo motivo il terzo frazionista ha avuto invece minuti in meno e così via. Maledetti.]