Ruolo sociale dell’architettura: piccole, economiche e creative “opere pubbliche”

Creato il 19 settembre 2013 da Ediltecnicoit @EdiltecnicoIT

Sono tanti e sono disseminati un po’ ovunque. Collettivi che nascono in maniera spontanea. Quello che li accomuna è l’idea che ci possa essere un’alternativa alla progettazione calata dall’alto come frutto di processi decisionali elaborati da specialisti e burocrati, caratterizzata da tempistiche dilatate e influenzata da ragioni politiche non sempre pienamente conformi alle esigenze dell’ambiente sociale di riferimento. Sono estremamente convinti che bastino pochi, piccoli segni per innescare una nuova percezione e generare dinamiche virtuose di comunità, soprattutto in termini di senso di appartenenza e collaborazione attiva, in grado di sviluppare un sentimento identitario collettivo che manca troppo spesso nella città contemporanea.

Il Collectif Etc (nato a Strasburgo nel 2003) vince nel 2011 il concorso “Défrichez-là”, bandito dall’EPASE (Etablissement Public d’Aménagement) della città di Saint Etienne e finalizzato alla valorizzazione, per un tempo limitato di tre anni, di un terreno abbandonato nel quartiere della stazione, dove successivamente verrà costruito un edificio residenziale. Il progetto si confronta con l’ingombro virtuale del futuro edificio che è disegnato a terra e dipinto in sezione sulle murature degli edifici adiacenti. La realizzazione ha seguito due filoni paralleli per coinvolgere il maggior numero possibile di persone: atelier diurni (falegnameria per la costruzione degli arredi urbani, giardinaggio per gli spazi verdi, illustrazione per i murales) e attività culturali; eventi serali per avvicinare gli abitanti del quartiere a colonizzare il nuovo spazio pubblico. La volontà non era solo quella di realizzare un luogo aperto e condiviso, ma soprattutto di costruirlo in comune.

Il Collectif Etc ha partecipato al festival belga Parkdesign 2012, manifestazione a cadenza biennale voluta dall’amministrazione della città di Bruxelles per la trasformazione di vuoti urbani in parchi pubblici. é stato pensato uno spazio a gestione collettiva comprensivo di un orto, attrezzature sportive, arredi per aree di sosta e socializzazione. Il progetto è stato realizzato in tre fasi successive, con il coinvolgimento degli abitanti del quartiere: costruzione dell’orto (aprile, una settimana); discussione e sperimentazioni con gli abitanti sul tema della gestione comunitaria del nuovo spazio (maggio, una settimana), realizzazione delle restanti strutture e inaugurazione del giardino con un evento ludico intitolato “Jeux Olympiques D’Anderlecht” (agosto, due settimane).

Uno scenario perseguito in tal senso è quello della “partecipazione creativa”, nella quale sono gli stessi abitanti della città a plasmare un’idea e, successivamente, con le loro mani a costruire uno spazio da “abitare”. Tutti questi gruppi operano spesso su luoghi abbandonati e degradati, verso i quali non vi sono evidenti appetiti. Impiegano quasi sempre materiali di recupero e tecnologie costruttive leggere, realizzando interventi a basso costo.

La Plaine DIX70, Bruxelles. Il progetto è stato realizzato in tre fasi successive, con il coinvolgimento degli abitanti del quartiere: costruzione dell’orto (aprile, una settimana); discussione e sperimentazioni con gli abitanti sul tema della gestione comunitaria del nuovo spazio (maggio, una settimana), realizzazione delle restanti strutture e inaugurazione del giardino con un evento ludico intitolato “Jeux Olympiques D’Anderlecht” (agosto, due settimane).

Il collettivo Todo por la Praxis è costituito da una squadra di carattere multidisciplinare i cui membri si sono formati nel campo dell’architettura, dell’arte, del diritto e dell’antropologia. Il gruppo “si definisce come un laboratorio di progetti estetici di resistenza culturale (…) con l’obiettivo finale di sviluppare un catalogo di strumenti indirizzati ai cittadini per l’azione diretta e socialmente efficiente sullo spazio pubblico” (da www.todoporlapraxis.es. Trad. it. Elena Macchioni). L’idea del “banco guerrilla” nasce dalla constatazione che anche una semplice panchina possa rappresentare un punto di partenza per un uso più libero (seppur temporaneo) dello spazio pubblico, al di fuori delle regole dell’urbanistica pianificata. Il progetto prevede la realizzazione in autocostruzione di spazi per la sosta e la socializzazione in diversi quartieri di Madrid. Gli oggetti di arredo urbano sono a basso costo e di facile montaggio, grazie all’impiego di materiali riciclati come segnali stradali, cassoni per l’acqua o bidoni per rifiuti.

Creare occasioni ed eventi è inoltre un fattore irrinunciabile, perché nel fare si incontrano le persone, perché nel dare un nuovo senso ai luoghi si stimolano diversi e originali circuiti di fruizione. Atelier di attività manuali e “cantieri aperti” vengono affiancati ad attività culturali, con lo scopo di spingere la popolazione a una presa di coscienza del proprio territorio e a un primo approccio alla comprensione del ruolo sociale dell’architettura.

Banco Guerrilla, Madrid. L’idea del “banco guerrilla” nasce dalla constatazione che anche una semplice panchina possa rappresentare un punto di partenza per un uso più libero (seppur temporaneo) dello spazio pubblico, al di fuori delle regole dell’urbanistica pianificata. Il progetto prevede la realizzazione in autocostruzione di spazi per la sosta e la socializzazione in diversi quartieri di Madrid. Gli oggetti di arredo urbano sono a basso costo e di facile montaggio, grazie all’impiego di materiali riciclati come segnali stradali, cassoni per l’acqua o bidoni per rifiuti.

Bar La Fábrica, Badajoz. La “Fábrica de Toda la Vida” è un progetto del collettivo Conceptuarte per creare un centro culturale alternativo nel cementificio abbandonato di Los Santos de Maimona (Badajoz). La parola d’ordine dell’intervento nella sua globalità è dunque “riuso”. Nello specifico sono stati invitati i collettivi Todos por la Praxis e Straddel3 per ripensare gli spazi esterni. Un silo in disuso è stato ad esempio recuperato e trasformato in un bar.

Gondwana, Terni. “Orizzontale è un collettivo di architetti con base a Roma il cui principale oggetto di interesse è costituito dai processi di riattivazione degli scarti urbani. A partire dall’intercettazione di luoghi, idee ed oggetti espulsi dal ciclo (ri)produttivo della metropoli, attiva processi collaborativi per mezzo di interventi semi-temporanei ed architetture minime” (da www.orizzontale.org). Gondwana è un progetto realizzato all’interno di FestarchLAB 2012 (Terni), con l’intento di creare un’installazione architettonica per la piazza principale della città che potesse funzionare come un sistema di palco e spalti per accogliere alcuni eventi, ma che durante il resto del tempo servisse come infrastruttura per l’uso quotidiano dello spazio.

In molti casi queste idee prefigurano situazioni temporanee. Elemento che accomuna i collettivi è tuttavia il leggere la temporaneità come un’opportunità, anziché come un limite: opportunità di sperimentare, senza sottostare necessariamente alle ferree regole del processo edilizio convenzionale.

Gondwana, Terni. “Un arcipelago mobile [nda. perché ogni elemento è fornito di ruote] di piattaforme diverse per forma, dimensioni e colore invade la piazza, dando luogo ad infinite disposizioni e composizioni. Il riferimento formale è il Tangram, rompicapo cinese, che stavolta assume una dimensione ludica urbana” (da www.orizzontale.org). Alla costruzione hanno partecipato i membri del collettivo Orizzontale assieme ad una parte del team di FestarchLAB 2012 composto dai ragazzi di GATR (Giovani Architetti Terni). Al termine del festival Gondwana è stato spostato fuori dal centro cittadino e gli elementi che lo componevano sono divenuti infrastrutture ludiche per alcuni giardini pubblici di Terni.

Au four banal, Busséol. Anche Busséol, un villaggio a trenta km da Clermont-Ferrand, è stata una delle tappe del “Détour de France”. In questo caso i membri del Collectif Etc sono stati invitati dall’associazione Pixel a ridefinire in maniera artistica l’uso dei luoghi (ora abbandonati) intorno ai quali si sviluppava la socialità nel passato: il forno, il lavatoio, la cabina telefonica e la chiesa.

Se in tempo di crisi le Grandi Opere Pubbliche sono difficilmente attuabili, c’è chi propone dunque un piano di Piccole Opere Pubbliche. È diverso il modo di rendere economicamente sostenibile il progetto dei diversi collettivi (sponsorizzazioni pubbliche, private, autofinanziamento), ma è innegabile che lavorare small introduca talvolta nuovi, rapidi ed efficaci modelli di modificazione puntuale della realtà urbana.  Perché non è solo con le grandi opere che l’architettura può fare la differenza nella vita delle persone.

Au four banal, Busséol. Busséol, un villaggio a trenta km da Clermont-Ferrand, è stata una delle tappe del “Détour de France”. In questo caso i membri del Collectif Etc sono stati invitati dall’associazione Pixel a ridefinire in maniera artistica l’uso dei luoghi (ora abbandonati) intorno ai quali si sviluppava la socialità nel passato: il forno, il lavatoio, la cabina telefonica e la chiesa. Il progetto di Busséol si è sviluppato in diversi step successivi. In una prima fase gli abitanti sono stati intervistati per raccogliere testimonianze sui luoghi. Per una settimana è stato poi aperto al pubblico un cantiere di costruzione per la trasformazione dei quattro luoghi in disuso: il forno è divenuto un caffè (battezzato “le four banal”), il lavatoio pubblico una piscina, la cabina telefonica una biblioteca e la chiesa una sala per proiezioni cinematografiche.

Au four banal, Busséol. Nel caso di Busséol la rigenerazione dello spazio urbano è stata espressa attraverso quattro interventi puntuali con una forte connotazione artistica. Non è tanto importante l’effettiva realizzabilità dell’intervento in sé, quanto la capacità di evocare una nuova vita per questi luoghi, il cui uso è stato dimenticato, e crearne un rinnovato segno nella memoria degli abitanti. Porre dunque nuovi interrogativi per fare reagire le persone.

Luz nas vielas, San Paolo. Boa Mistura è un collettivo multidisciplinare nato a Madrid alla fine del 2001. I suoi cinque componenti hanno seguito percorsi formativi diversi, ma sono accomunati dalla passione per i graffiti e l’interesse per lo spazio pubblico. Le opere sono contraddistinte da una grafica particolare, che spesso basa la comprensione del contenuto sulla visione dell’artefatto da un punto di vista preciso. Fanno largo uso di colori brillanti, capaci di portare energia vitale anche agli spazi più degradati.

Luz nas vielas, San Paolo. Il progetto “Luz nas Vielas” (“luce nei vicoli”) è stato realizzato nel quartiere di Vila Brasilândia a San Paolo. Nasce come intervento di arte urbana partecipata all’interno della serie “Crossroads”: progetti di intervento per comunità svantaggiate che impiegano l’arte come strumento di cambiamento e ispirazione. Dopo una prima fase di analisi sul ruolo sociale dei vicoli per gli abitanti, le superfici di cinque di essi sono state interamente colorate e decorate con grandi scritte inerenti altrettanti concetti chiave per la società urbana: BELEZA, FIRMEZA, AMOR, DOÇURA e ORGULHO.

Nelle immagini vengono descritti e documentati interventi dei seguenti collettivi: Collectif Etc, Todo por la Praxis, Boa Mistura, Recetas Urbanas, esterni, Orizzontale.

articolo di Pietromaria Davoli* e Elena Macchioni**

* Ph.D e professore straordinario di Tecnologia dell’Architettura presso il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Ferrara. Responsabile della sezione Architettura del Centro Architettura>Energia
** Architetto libero professionista a Reggio Emilia, diplomata alla Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e Paesaggio dell’Università degli Studi di Genova



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