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Rupert Brooke: Centenario della morte

Da Paolo Statuti

 

Rupert Brooke

Rupert Brooke

 

Il poeta inglese Rupert Brooke, noto soprattutto per i suoi sonetti ispirati dalla guerra, tra i quali assai noti I morti e Il soldato, nacque nella città di Rugby nel Warwickshine il 3 agosto 1887, secondo di tre figli. Studiò nel King’s College di Cambridge e fu eletto Presidente della Cambridge University Fabian Society. Viaggiò in Germania e in Italia e pubblicò il primo volume di Poems nel 1911; fu poi nell’America settentrionale e in Oceania. Al successo dei suoi sonetti contribuì non poco il fascino della bella figura del poeta, che W.B. Yeats descrive come “il più bel giovane d’Inghilterra”. Ebbe diversi amori, tra i quali quello per una taitiana di nome Taatamata che con lui procreò una figlia.

Scoppiata la guerra, entrò a far parte della Royal Naval Division e s’imbarcò per Gallipoli il 28 febbraio del 1915, ma la puntura di una zanzara gli infettò il sangue e morì di setticemia il 23 aprile dello stesso anno a bordo di una nave-ospedale francese nel Mar Egeo, al largo dell’isola di Sciro, dove fu sepolto. L’amico William Denis Browne descrisse così la sua morte: “…Io sedevo accanto a lui. Alle 4 del pomeriggio le sue condizioni peggiorarono e alle 4.46 morì, con il sole che illuminava la sua cabina e il fresco vento del mare che soffiava attraverso la porta e le finestre socchiuse. Difficile immaginare una fine più serena e tranquilla della sua: in quella baia così bella, protetta dai monti e profumata di salvia e di timo”. Aveva solo 27 anni.

 

Tre poesie di Rupert Brooke tradotte da Paolo Statuti

 

I morti

Questi cuori erano orditi di gioie e di cure,

Mondati dalla tristezza, pronti all’allegria.

Gli anni li resero gentili. L’aurora era loro,

E il tramonto, e i colori della terra.

Hanno visto il movimento e udito la musica,

Conosciuto il sonno e la veglia, gioito degli amici,

Provato un fulmineo stupore e la pace dell’esser soli,

Sfiorato fiori e guance. Tutto questo è finito.

 

Ci sono acque spinte alla gioia da venti mutevoli

E illuminate da cieli splendenti, tutto il giorno.

E poi il gelo, con un gesto, ferma le onde danzanti

E la loro vagante bellezza. E lascia una bianca

Immacolata gloria, un’intensa radiosità,

Una vastità, una pace luminosa, sotto la notte.

 

Il colle

 

Senza fiato ci lanciammo sul ventoso colle,

Ridendo al sole e baciando lo splendido prato.

Tu dicesti “Attraverso la gloria e l’estasi passiamo;

Il vento, il sole e la terra restano, gli uccelli cantano,

Quando noi siamo vecchi…” “E quando moriamo

Finisce ciò che è nostro; e la vita arde ancora

In altri amanti, in altre labbra” dissi io,

“Cuore del mio cuore, il Cielo è ora ed è nostro!”

 

“Siamo il fiore della terra e impariamo la sua lezione,

La vita è il nostro grido. La fede è con noi! “dicemmo;

“Noi scenderemo con passo fermo nell’oscurità

Incoronati di rose!”… Siamo fieri,

E ridiamo per avere tante cose vere da dire.

– E allora a un tratto tu piangesti e volgesti lo sguardo.

 

Il soldato

 

Se devo morire, questo solo pensate di me:

Che c’è un angolo in un paese straniero

Che sarà sempre l’Inghilterra. Sarà celata

Nella fertile terra una polvere più fertile ancora;

Una polvere che l’Inghilterra generò e plasmò;

Cui diede i suoi fiori da amare, le sue vie da seguire;

Un corpo inglese, che respira aria inglese,

Bagnato dai fiumi, benedetto dai soli di casa.

 

E pensate che questo cuore, libero da ogni male,

Che pulsa nello spirito eterno, da qualche luogo

Restituisce i pensieri ricevuti dall’Inghilterra,

Le sue vedute e i suoni, i sogni felici,

L’ilarità appresa dagli amici, e la gentilezza,

Nei cuori in pace, sotto un cielo inglese.

 

(C) by Paolo Statuti



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