In occasione del centenario dell’inizio della Prima Guerra Mondiale, l’IsAG (Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie) ha organizzato presso il Centro di Scienza e Cultura Russa a Roma una conferenza intitolata Russia e Italia nella Prima Guerra Mondiale: dalla storia alla geopolitica, parte dell’edizione 2014 del Colloquium Italo-Russo. Grazie alla presenza di un high level panel è stato possibile rintracciare gli elementi di continuità nel rapporto Italia-Russia, analizzando un legame storico fonte di precise scelte geopolitiche, ma non solo.
Il primo intervento è stato quello del Prof. Michail Talalaj (Accademia delle Scienze Russa), responsabile delle iniziative a Bari del Patriarcato di Mosca. Il punto di partenza è la considerazione che in Russia si è avuta della Prima Guerra Mondiale, definita come la “guerra dimenticata”. Solo oggi, infatti, si sta svolgendo una monumentale opera di recupero degli avvenimenti bellici mondiali, ma soprattutto delle storie dei russi che hanno combattuto la guerra al di fuori del territorio nazionale. Ma Talalaj ha anche voluto cercare un embrione del gemellaggio tra i due paesi di natura culturale; la porta di congiunzione tra Russia e Italia sarebbe stata la città di Bari, senza dimenticare il suo santo protettore, non a caso San Nicola.
L’intervento successivo, quello del Generale Massimo Coltrinari (Direttore del Programma “Armi e strategie” dell’IsAG), si è attenuto a considerazioni di tipo più tecnico-strategico: il fulcro della questione sta nell’errata considerazione che Austria e Germania hanno avuto della guerra ormai alle porte. La loro visione ottocentesca non teneva conto degli ausilii che lo sviluppo tecnologico aveva apportato alla potenzialità dei conflitti. Ma si pone l’accento anche su un avvenimento simbolico, che rende l’idea della velata unione tra Italia e Russia: durante la drammatica circostanza del terremoto a Messina furono i russi, e non gli alleati, ad intervenire con un tempestivo aiuto. Nonostante ciò l’intervento dell’Ing. Giancarlo Ramaccia è teso principalmente alla critica all’Italia stessa che non ha saputo trarre sufficiente forza da questa intesa per una vigorosa difesa dei propri interessi geostrategici.
Il Prof. Roberto Valle (Università Sapienza di Roma) invece ha voluto dare un tono quasi profetico a quelle che sarebbero state le considerazioni della Russia in merito alla funzionalità della Prima Guerra Mondiale. Questa avrebbe potuto rappresentare la fine dell’eurocentrismo, decentrandolo definitivamente l’Europa. Una nuova epoca sarebbe iniziata sotto l’egida della Russia. La “apocalypsis cum figuris” e l’interpretazione della guerra mondiale come guerra civile ricalcano quella figura del rivoluzionario inteso come professione apocalittica. Ma ancora più interessante è la conclusione dell’intervento del Prof. Valle sulla polemica tra Weber e Lenin. Il primo non condivide l’idea della fine dell’Occidente, bensì sostiene quella del tramonto dell’occidentalismo in Russia. La causa risiederebbe nella mancanza di figure carismatiche e di spicco che potessero trasformare la guerra in un momento più alto. Di certo non siamo sulla stessa linea d’onda di Lenin che innesta una necessaria reciprocità fra violenza e politica nella speranza di trasformare una guerra imperialista (sentita come lontana) in una guerra civile.
La contestualizzazione dell’alleanza italo-russo affrontata dall’intervento del Dott. Daniele Scalea (Direttore Generale dell’IsAG), parte da una storia tanto lontana quanto emblematica per la comprensione dei rapporti tra due paesi divisi da una distanza geografica non irrilevante. È il 1472 quando il Gran Principe moscovita Ivan III, convolato a nozze con la rampolla imperiale bizantina Sofia, cerca la legittimazione simbolica del suo potere in una mitologia dal sapore prettamente romano. Qui ha luogo la “traslatio imperii” fondante la nuova mentalità russa, corroborata dalla leggenda della discendenza degli Zar da Augusto e dalla dottrina della Terza Roma. Scalea ha proseguito la descrizione del rapporto italo-russo nel periodo napoleonico, in quello risorgimentale e ancora post-unitaria fino alla Grande Guerra. Da lì, con un balzo temporale, si è giunti nel presente: oggi l’Italia dovrebbe fare da mediatrice tra Unione Europea e NATO da una parte e Russia dall’altra. Infatti, il definitivo allontanamento della Russia dell’Occidente consisterebbe per l’Italia nella perdita di una sponda diplomatica rilevante, se non fondamentale, per garantirle spazi di manovra politica.
Ed è proprio sulla scia di questa argomentazione che il Prof. Marcelo Gullo (Università di Lanus e Scuola di Guerra di Buenos Aires) ha avviato l’ntervento conclusivo della conferenza. Quale sarebbe il destino dell’Italia in caso di rottura con Putin? Secondo lo studioso argentino, in visita a Roma grazie all’IsAG, si andrebbe incontro ad un destino nefasto, con danni per il commercio e l’industria in primo luogo. La Russia è “ancora troppo grande” e non la si può ridurre ad una potenza regionale e marginale. Inoltre la Russia è l’occasione per l’Italia di far valere il proprio peso strategico, il quale altrimenti potrebbe assumere un valore trascurabile. È il momento di difendere con fermezza i propri interessi e forse di continuare a danzare negli storici giri di valzer con la lontana, ma al contempo vicina, Russia.
(Foto di Giorgia Licitra)