Francobollo sovietico dedicato al gas
L’informazione non dice tutto. Senza voler entrare nel campo dei complotti e degli alieni che lavorano per la CIA, è un dato di fatto che servizi d’informazione rivolti al grande pubblico non possono essere completi ed esaurienti, per semplici ragioni di tempo e spazio. Compito del giornalismo sarebbe, soprattutto nell’era di internet, quello di fornire un alto livello qualitativo e gli strumenti affinché gli interessati possano poi approfondire i vari argomenti. Oggi questo non accade, il giornalismo è al servizio del committente di turno, attore politico od economico che sia, senza fornire troppi spunti di riflessione. Per questo chi osservi l’informazione odierna potrà notare come questa proceda senza un filo logico; ma cosa hanno a che fare UE e Russia con tutto questo? Molto.
A seguito della crisi Ucraina Vladimir Putin è apparso sui mass media come un tiranno senza scrupoli da fermare ad ogni costo, probabile velina politica. In seguito si è cominciato a sottolineare come eventuali sanzioni economiche contro la Russia, fino a poco prima invocate, sarebbero controproducenti per l’economia europea e per quella italiana in particolare, probabile velina economica. Infine la questione è quasi sparita dalle prime pagine dei giornali e dai titoli dei telegiornali, probabile ignavia giornalistica in attesa di ordini “dall’alto”.
Russia ed Unione Europea sono legate commercialmente in maniera quasi indissolubile, una questione non da poco. Da qui l’ondeggiare della politica europea tra un atteggiamento antirusso, quasi antisovietico – dalle tinte ideologiche e d’oltreoceano – ed un pragmatismo spiccatamente economico che vede nella Russia un fondamentale partner economico. Il settore più noto, in cui questi intrecci sono lampanti, è quello energetico. L’Unione Europea sta cercando ovunque delle fonti combustibili per fare a meno del gas russo, ma senza troppi risultati. Gas azero, turkmeno, libico, perfino statunitense, ma le alternative a quello russo sembrano lontane dall’essere soddisfacenti.
A complicare il rapporto tra Mosca e Bruxelles vi è poi l’Europa Orientale, grosso nodo nelle relazioni tra i due attori geopolitici. Ammessi nell’Unione Europea con un’ottica forse troppo ideologica oggi quei paesi sono una patata davvero bollente, su tutti l’Ucraina. L’Europa Orientale è legata alle fonti energetiche russe in misura davvero maggiore che l’Europa Occidentale, ossia quella composta dai cosiddetti “paesi forti”. E tra i partner più importanti per la Russia vi è la Germania. Ma l’Unione Europa è davvero entusiasta di avere l’Europa Orientale tra i suoi paesi membri?
Berlino e Mosca, come detto, hanno grossi interessi economici comuni, basti citare il gasdotto Northstream, fortemente osteggiato dai paesi baltici, acerrimi nemici del gigante russo. Questo gasdotto difatti li aggirerebbe “tagliandoli fuori” nel momento in cui, soprattutto per le forniture di gas, dipendono quasi completamente dalla Russia. Tanto più oggi, dopo il fallimento di un progetto energetico imperniato sulla Polonia, altro paese che non ama Mosca. Ma il Northstream aggirerebbe anche l’Ucraina, con buona pace delle minacce russe di chiudere i rubinetti. Tali chiusure avrebbero infatti, in questo modo, conseguenze limitate e meno pesanti per il resto d’Europa di quanto avvenuto in passato.
Interessante anche le notizie che giungono in merito al futuro energetico nel settore dell’Europa Meridionale. Il gasdotto Southstream – russo – cambierebbe infatti percorso, quindi? Quindi questa volta ad essere esclusa dal gas russo sarebbe la riottosa Bulgaria, con conseguenze per tutta l’area balcanica. Southstream praticamente diventerebbe un doppione del TAP (Trans Adriatic Pipeline), il gasdotto che ha “sonoramente trombato” Nabucco, la condotta a marchio UE che avrebbe dovuto portare in Europa il gas azero. TAP vede alle spalle Svizzera e Norvegia, due paesi non membri UE dai forti legami economici con Mosca. Forse la Russia vuole avvicinarsi all’Europa a spese dei suoi due “cavalli di troia”?
Resta il fatto che il rapporto tra l’Unione Europea ed i suoi membri orientali sembra essere non del tutto chiaro, quasi come se ci fosse una “convivenza forzata”. Qualcuno potrebbe forse vedere questi paesi come un ostacolo nei rapporti con la Russia, di certo qualcuno li vede come una fonte di manodopera a basso costo che in periodo di crisi potrebbe significare gravi sommovimenti sociali, basti pensare alle richieste inglesi fatte alla UE in tema di immigrazione. Se esiste un’Europa a due velocità forse la cosa è più subita che voluta. Provocatoriamente si potrebbe dire che “cedere” a Mosca una parte di Unione Europea potrebbe risolvere alcuni problemi.
Ma ci sono anche i diretti interessati, quei paesi che forse si sono affidati all’Unione Europea con troppo entusiasmo. L’UE non è in grado di prenderli sotto le sue ali, soprattutto – a quanto sembra – non sembra in grado di proteggerli da Mosca. Nell’Europa Orientale questo si è capito, al punto che nonostante i toni accesamente antirussi questi paesi non vogliono essere esclusi dalle forniture di gas provenienti dalla Russia, ma semplicemente trattare prezzi e condizioni, sperando che la UE trovi finalmente un potere mediatorio. Ma la delusione è tanta. In Ucraina, ad esempio, esiste una componente dell’opinione pubblica che vuole farsi equidistante tra Russia ed Unione Europea. E lo spettro del nazionalismo aleggia ovunque…
Nel frattempo l’UE è divisa tra paesi membri dove predomina una posizione fondata su basi economiche ed altri dove le prese di posizione sono politiche, se non ideologiche. Se Mosca e Bruxelles troveranno un accordo, meglio che una parte d’Europa cominci a camminare sulle proprie gambe.