“Le Olimpiadi di Sochi sono come quelle del 1936 nella Germania nazista. Nella storia ci sono state solo due edizioni dei Giochi in cui tutto è stato costruito per promuovere il culto di una sola persona”. E’ il duro attacco di Garri Kasparov a Vladimir Putin. La leggenda degli scacchi è da tempo uno strenuo oppositore del presidente russo e ora in un’intervista all’agenzia Dpa lo paragona indirettamente ad Adolf Hitler.
Garri Kimovič Kasparov (agos.com.tr)
“Quando tornerò in Russia? Oggi sarebbe un viaggio di sola andata”, risponde Kasparov, che attualmente vive in Croazia. “Non so quando tornerò, ma sicuramente quando Putin non sarà più al potere”, aggiunge il ‘grande maestro’, secondo il quale Sochi ha rappresentato “qualcosa di ancora peggiore” di un’edizione politicizzata dei Giochi.
“E’ stato il culto della personalità. C’era una persona nel mezzo e nessuno vicino. Per questo paragono Sochi a Berlino ‘36”, spiega ancora Kasparov, prima di allargare il discorso ai Mondiali di calcio di quest’estate in Brasile in cui la Russia, guidata da Fabio Capello, punta a raggiungere almeno i quarti di finale. “Non penso che ci sia un collegamento diretto tra quello che succede in campo e gli affari politici. Se la Russia, miracolosamente, riuscisse a fare un buon torneo io sarei felice. Ma non credo che questo succederà. Il problema – precisa – non è il successo dei giocatori. Il problema è quando eventi come Sochi vengono usati per promuovere l’agenda di un dittatore. Questa è una storia diversa. E poi il Brasile è un paese democratico”.
Il 51enne Kasparov, che ha chiuso da ormai diversi anni la sua carriera, ora è impegnato in prima persona per porre fine alla lunga egemonia del milionario russo Kirsan Ilyumzhinov alla guida della federazione internazionale di scacchi (Fide). “E’ uno scandalo che la Fide non abbia sponsor”, evidenzia Kasparov, candidato alla presidenza della federazione nelle elezioni che si terranno ad agosto a Tromsoe, in Norvegia. “Abbiamo organizzato una buona campagna. Stiamo vincendo in Europa, come sempre, e abbiamo un comodo vantaggio in Asia. Stiamo lavorando molto anche in Africa, dove penso che potremmo vincere. Ora la mia attenzione è sull’America, siamo indietro ma credo che le cose cambieranno anche lì perché si rendono conto che non hanno nulla da guadagnare dal vecchio regime. Quindi spero di raggiungere il numero magico di 89 voti che servono per vincere le elezioni”.
(adnkronos.it)