Ieri mattina ho assistito ad una bellissima pièce teatrale realizzata dai ragazzi dell’Istituto tecnico “Mattei” di Decimomannu coordinati e diretti dal docente Ignazio Salvatore Basile.
Ciò che più mi ha colpito negli studenti-attori è stata la loro precisione nella dizione e nell’interpretazione in lingua sarda, l’accuratezza nella esecuzione dei canti e delle danze, la precisione negli interventi vocali e strumentali comportandosi sul palcoscenico con la disciplina tipica dei veri
professionisti.
Un’esperienza per loro indimenticabile. Alcuni avevano già preso parte ad altri progetti teatrali come il musical in ligua sarda di due anni fa realizzato sempre dallo stesso docente e presentato a Madrid nella comunità degli emigrati sardi
Il testo, scritto dal loro insegnante (Ignazio Salvatore Basile), è ispirato alla storia nuragica della Sardegna .
Il suo titolo è S’Urtima Jana (l’ultima luna) che ha un valore simbolico.
I ragazzi hanno dedicato il loro tempo libero exstrascolastico per dedicarsi a questo bellissimo progetto coordinato da prof. Basile che ne ha curato anche la regia. Lo stesso professore è stato affiancato da alcuni professionisti dei vari settori: il soprano Barbara Mostallino per le parti vocali, la
coreografa Maria Carla Erdas per le danze; il musicista Giuseppe Atzori per gli interventi musicali composti per l’occasione e realizzati con strumenti antichi; Antonello Cappai per le scenografie e Rita Giua per i costumi realizzati dalla sua sartoria di Decimoannu.
Un lavoro raffinato e ben strutturato.
La messa in scena è stata resa possibile grazie all’intervento di Alessia Pala, rappresentante della compagnia teatrale Sine Nomine Teatrum di Serramanna (CA) che gestisce un piccolo ma bellissimo teatro.
E’ stato un grande successo che ha fatto scaturire l’esigenza di riproporlo ancora ad un pubblico diverso in ore serali.
Lo spettacolo sarà quindi replicato sabato 9 giugno 2010 ore 19.
I ragazzi sperano di riproporre lo spettacolo alla ripresa dell’anno scolastico prossimo a Marsiglia nell’ambito di un festival internazionale di teatro in rappresentanza della Sardegna.
TRAMA
Sulla tribù di Nure regna Itzocar, subentrato nel comando alla morte improvvisa di suo fratello Gonario.
Itzocar così facendo ha però volontariamente ignorato le norme successorie imposte dalla consuetudine dei padri antichi, che prevedevano la reggenza della vedova di Gonario, Nakigia, almeno sino alla maggiore età di suo figlio Rumisu, ancora bambino all’epoca del decesso del padre Gonario.
Tentando di legittimare e rafforzare il potere usurpato Itzocar e Anù, autorevole membro del consiglio degli anziani di Nure, combinano un doppio matrimonio: Damasu, destinato da suo padre Itzocar a succedergli sul trono usurpato, sposerà Aristea, nipote di Gonario (in quanto figlia della sorella del defunto re, Alàshia), mentre Elki, figlio di Anù si sposerà con Gula (figlia di Itzocar).
Ma Nakigia, vedova di Gonario che è contraria ai matrimoni, invitata a deporre i doni per conto di Anù, invita i nobili, i sacerdoti ed il popolo ad aspettare il risveglio della sacerdotessa Bithia, madre di Iolao, che sta svolgendo il rito dell’incubazione, in attesa di un sogno rivelatore).
Rumisu, figlio di Nakigia e del defunto re Gonario, ambisce a togliere allo zio Itzocar il comando della tribù di Nure, sentendosi a ciò legittimato.
Proprio mentre Nakigia espone il suo invito ad aspettare, Bithia si risveglia e descrive il suo sogno di sventura: un sole inghiottito dalla luna (Canto di Bithia).
Subito dopo irrompe sulla scena Rumisu, il quale accusa lo zio Itzocar di aver usurpato il comando (Canto di Rumisu).
Alla fine del Canto di Rumisu, Damasu irrompe in scena in difesa di suo padre Itzocar.
I due giovani combattono corpo a corpo. Il vincitore sarà Rumisu.
Lo sconfitto Damasu abbandona il villaggio. Rumisu, strappato il bastone ed il mantello del capo allo zio Itzocar, che seguirà con la moglie Irìsa il figlio sconfitto, si siede sul trono ed invita Aristea a raggiungerlo al suo fianco. Ma Iolao e Aristea annunciano il loro amore.
E mentre il popolo e le guardie, facendo ala ai due innamorati, Rumisu lascerà mestamente la scena sconfitto dalla sua stessa brama di potere.
Il fantasma del re Gonario chiude l’opera recitando il canto di Akinta Kamar.