A volte non è la vita, che ci tiene in piedi, ma il dovere di respirare.
A volte provi a contare le stelline che appaiono davanti agli occhi quando cerchi per un momento di controllare il respiro, di farlo scomparire… ma è impossibile riuscire ad avere il quadro ben preciso della situazione, la mappatura di tutti i fosfeni, manco fosse la quadratura del cerchio; come per rispondere a una sorta di istinto ineliminabile, il torace si gonfia e le stelle scompaiono. Cadono. Come manciate di pasta nella minestra. Come farfalle dallo schermo della tv verso lo stomaco. Si chiude.
C’è affanno, in tutto questo, ma poi presto passa; perché riprendi il tuo dovere, quel dovere incancellabile, ineliminabile, che fa parte di te come un peccato originale o come i calzoni all’americana di Claudia in quella nota canzone: qualcosa che non puoi spostare da un equilibrio consolidato e costituito, qualcosa che sconterai solo con la morte. Riprendi il tuo dovere. Il dovere di respirare.
E vai avanti, mentre un filo ti sorregge la schiena -manichino senz’anima- e questo filo è appeso a una spada, la spada di Damocle, a sua volta appesa ad un filo…
Lo so, lo so, che sembra un quadro onirico di cui non si capisce nulla, nemmeno un lembo di significato; ma è così che mi viene da spiegarlo, mentre tento di articolare un passo dal di dentro delle mie personali sabbie mobili, e di allontanarmi.Tento un percorso. E non mi interrogo sul traguardo.
Vaults of Vescovado – Rieti, Italy (Photo credit: Wikipedia)