Ancora Namibia.
Lasciamo Swakopmund alle nove del mattino. Dopo mezz’ora di viaggio imbocchiamo nuovamente una strada sterrata. Questo è il primo segnale che stiamo nuovamente abbandonando la civiltà per immergerci nella natura selvaggia che, qui in Namibia, può assumere forme molto mutevoli e lo stiamo imparando ad ogni chilometro del nostro lungo percorso.
Dopo alcune ore di auto arriviamo in un posto che non può essere definito una vera e propria tappa, ma che ha il fascino della meta, qual fascino che ti elettrizza all’idea di aver raggiunto un obiettivo: abbiamo infatti attraversato la linea del Tropico del Capricorno, un momento emozionante in cui ho realizzato quanto fossi distante da casa in questa mia esplorazione dell’emisfero sud del mondo.
Alle due del pomeriggio raggiungiamo Solitaire, un piccolo insediamento alle porte del Namib-Naukluft National Park, un lodge e una pompa di benzina con un piccolo negozio, il tutto avvolto da un’atmosfera retrò mista a cactus e rottami di auto.
L’origine del nome Solitaire è curiosa. Questo terreno fu acquistato nel 1948 da Willem Christoffel van Coller e fu sua moglie Elsie a battezzarlo così, pensando al doppio significato della parola “solitaire“: così è infatti chiamato un diamante prezioso, ma allo stesso tempo il termine indica anche solitudine. Probabilmente la donna ha voluto evidenziare quanto questo posto fosse unico al mondo, ma anche immensamente isolato dal resto del mondo.
Per quanto piccolo, Solitare ha grande personalità, conferitagli anche dal cartello che segna il dato relativo alla popolazione del posto, cancellato più volte per far spazio via via a numeri più piccoli. Ed è un ottimo posto in cui sostare lungo il viaggio nel deserto perché qui, alla McGregor’s Desert Bakery, è possibile mangiare la torta di mele più buona di tutta la Namibia, o per lo meno questa è la sua fama. Entriamo in questa sorta di panetteria e ammiriamo tutte le prelibatezze esposte nelle vetrine. Ma noi siamo qui per la torta… e torta sia! Il mio giudizio: nulla da eccepire, davvero molto buona.
Ripartiti nel pomeriggio, dopo pochi chilometri facciamo il nostro ingresso nel Namib-Naukluft National Park. Intorno alle quattro raggiungiamo il Sesriem Camp (130 dollari namibici a testa, circa nove euro), una struttura curata e con ampi spazi tra una piazzola e l’altra. Montiamo velocemente le tende perché dobbiamo ripartire subito con il camion che, in pochi minuti, ci porta al punto in cui parte il percorso a piedi del Sesriem Canyon, tappa a mio parere non imperdibile ma che, se si ha tempo a disposizione, vale la pena fare.
Il canyon è lungo circa un chilometro e profondo fino a 30 metri. Il fiume Tsauchab, secco per gran parte dell’anno, lo ha scavato nella roccia sedimentaria nell’arco di un periodo di circa 15 milioni di anni. Ci si trova così a camminare proprio in mezzo alle alte pareti rocciose che in alcuni punti formano dei passaggi stretti fin a un minimo di due metri. Consiglio di fare questa visita al tramonto, quando i colori dorati di queste rocce vengono esaltati dai raggi del sole che le accarezzano orizzontalmente.
La cosa veramente spettacolare stasera è la luna che essendo quasi piena, sebbene il sole non sia ancora tramontato, è già ben visibile in cielo. Intorno alle sette, quando il sole è già tramontato, facciamo ritorno al campo dove le solite ottime cuoche pensano alla preparazione della cena.
Ci siamo inoltre resi conto di quanto l’escursione termica tra il giorno e la notte sia variata dall’inizio del nostro viaggio. Qui nel sud della Namibia lo sbalzo è molto grande e appena cala il sole un freddo pungente si impossessa dell’aria tanto che sentiamo il bisogno di coprirci con coperte e giacche nonostante siamo raccolti intorno al fuoco.
Stasera però poche chiacchiere, bisogna andare a letto presto perché domani mattina è prevista la sveglia all’alba per salire sulla mitica duna 45.
Leggi la puntata precedente: il deserto della Namibia e la città dal carattere teutonico