Oggi festeggiamo Ferragosto come si deve con una sveglia comoda alle otto e, per chi vuole, anche più tardi visto che la partenza per la visita al villaggio himba è prevista per le dieci e mezza.
Dopo colazione esco dal campeggio e faccio a piedi questi pochi passi che mi separano dalle Cascate Epupa. Il fatto di aver visto pochi giorni fa le Cascate Victoria non pregiudica affatto il gradimento di queste bellissime cascate inserite in un contesto naturale di rara bellezza. Qui la terra rossa accende tutti i colori della natura, compresi quelli delle pietre e degli arbusti.
Giunta l’ora, ci spostiamo con una guida in un villaggio himba. Faccio sempre fatica a dare un’opinione oggettiva su questo tipo di turismo, più che altro perché mi chiedo quanto ciò che viene mostrato sia reale o quanto costruito in base a ciò che il turista si aspetta, o peggio, vuole vedere. Per quello che ho letto in rete prima di partire sembra che gli usi e i costumi degli Himba siano rimasti tali nel corso del tempo e quindi ciò che abbiamo visto sarebbe abbastanza autentico. Questo non significa che non si vedranno Himba ad Opuwo per fare la spesa, parlare al cellulare o guidare una jeep, ma semplicemente che si tratti di persone che rispettano in modo ferreo la propria cultura e il proprio credo.
Gli Himba sono un gruppo etnico di circa 12.000 persone che vive nel nord della Namibia. Si tratta di una popolazione semi-nomade di pastori che parla la lingua herero. Al villaggio, composto da poche capanne realizzate con frasche legate insieme con foglie di palma e cementate con fango e sterco , ci accolgono solo le donne poiché gli uomini sono via per alcuni mesi per portare il bestiame al pascolo.
Ci aggiriamo tra le loro capanne osservandoli nelle loro faccende quotidiane, mentre la guida ci racconta un po’ di loro. Sono poligami e le donne tendono a sposarsi abbastanza giovani. Se sono vere le statistiche fornite dalla guida, la mortalità infantile è molto alta, ma questo è soprattutto dovuto al fatto che loro non si rivolgono a medici e strutture ospedaliere poiché hanno fede nelle cure degli shamani.
Non ho notato segni di denutrizione, e credo che questo sia dovuto ai turisti che portano beni di prima necessità in abbondanza (noi abbiamo portato sacchi di riso e farina). Per i bambini non è prevista un’istruzione obbligatoria, solitamente vengono mandati a scuola i primi due figli mentre gli altri restano al villaggio con i genitori ad aiutare nei diversi lavori quotidiani.
Le donne himba si cospargono sempre il corpo con una mistura umida di burro di capra e argilla rossa che conferisce alla pelle un aspetto rossastro, ritenuto molto accattivante. I capelli sono acconciati accuratamente con oggetti in metallo e in cuoio e anch’essi vengono impastati con lo stesso composto. Data l’abitudine di cospargersi i corpi, le donne himba non hanno l’abitudine di lavarsi, mentre gli uomini lo fanno.
Comunque la si pensi su questo tipo di esperienze, la possibilità di incontrare questo popolo e di osservarne usi e costumi la si ha solo qui in Namibia, in questo angolo remoto dell’Africa australe.
Facciamo ritorno al nostro campeggio dove abbiamo qualche ora per rilassarci per poi partire con un’altra guida per una breve escursione a piedi nella zona circostante. Ripercorriamo il fiume nella speranza di avvistare anche qualche esemplare di coccodrillo, ma l’unico che riusciamo a vedere è sulla sponda opposta molto in lontananza. Per la serata abbiamo prenotato un tavolo al ristorante del campo, dove mangiamo del “non” ottimo pesce di fiume servito da personale particolarmente scortese. Non fosse per la posizione molto suggestiva, non sarebbe affatto un posto da consigliare.
Purtroppo il giorno seguente ricominciamo con la nostra abituale sveglia alle cinque del mattino. Ormai siamo una macchina collaudata e siamo diventati molto veloci nello smontare le tende e sgomberare il campo. Alle 6.15 siamo già tutti sul camion pronti per partire in direzione sud.
La nostra giornata oggi prevede solo spostamento per avvicinarci alla nostra prossima tappa, la Skeleton Coast. La strada, da qui in avanti, sarà solo sterrata per cui i tempi di percorrenza diventeranno un più lunghi. Inoltre la strada da Opuwo verso sud è molto impegnativa poiché ricca di pendenze, ma paesaggisticamente è molto suggestiva. La sensazione è quella di trovarsi nel nulla assoluto, tanto è vero che le guide definiscono questa parte della Namibia “uno dei posti più remoti della terra”.
Un momento di sgomento lo viviamo quando, arrivati in cima ad una ripida salita, Japhet, il nostro autista, ferma il camion avvisandoci che c’è qualche problema. Japhet si infila la tuta da meccanico e in poco più di venti minuti risolve il guasto. Grazie alle sue competenze e alla sua preparazione in tema di motori, possiamo ripartire.
Per stanotte non abbiamo prenotazione. L’idea è quella di raggiungere il Palmwag Lodge e capire se hanno ancora posto per le nostre undici tende. Una volta arrivati alla cittadina di Palmwag, il campeeggio dista solo pochi chilometri. Per fortuna ci informano che è rimasta un’ultima piazzola, quella più economica (4 euro a testa) per via della posizione agli estremi del campeggio e per il piccolo bagno messo a disposizione che prevede solo due wc, due docce e nessuna porta che li separi. Questa piazzola inoltre è la più vicina alla pozza in cui si abbeverano gli elefanti e il loro passaggio è molto evidente sia per le orme che per gli escrementi che ricoprono il terreno.
Montiamo le tende facendo attenzione a lasciare liberi i passaggi per gli elefanti e per la notte ascolteremo il consiglio dei gestori del campeggio: evitare di uscire dalle tende. Finito di montare le tende ci rechiamo sulla terrazza panoramica che ci regala un tramonto meraviglioso tra le palme all’orizzonte.
Leggi la puntata precedente: dall’Etosha National Park alle Cascate Epupa.
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