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Safranbolu, le mille e una case ottomane all’odor di zafferano

Creato il 02 settembre 2014 da Annerrima

Dopo lo psicodramma di stamattina, posso dire che la guida ci aveva visto giusto un’altra volta, se mai ci fosse bisogno di conferme. Safranbolu, oltre che la città dello zafferano – che qui si produceva e si smerciava – è una preziosa tappa per la quantità di edifici storici – oltre mille – in stile ottomano conservati perfettamente. Compreso l’albergo in cui soggiorniamo. Ci sembra di essere in un museo, ci sono tappeti morbidi e parquet ovunque, porte e finestre originali, decorazioni sui muri, di gran gusto. Scrivo spaparanzata con il #belGabriele sul divano di un salottino con finestre alte contraddistinte da bugie di legno da cui di giorno filtrano i raggi del sole. Intorno, un parco e milioni di grilli.
Siamo a quattromila metri ma non sembra proprio, il caldo umido è solo vagamente stemperato da una brezza che mi pare più marina che montana.
Finalmente stiamo conoscendo la vera cucina turca: altro che “mangerete solo kebap”. Ogni giorno provo una zuppa nuova, un manti (sorta di tortello), un çai (tè) diverso. Non è affatto monotona e anzi è molto varia, e ho mangiato veramente di tutto: anche la verdura cruda, che a detta di molti è quasi tabù perché lavata con l’acqua corrente. Temo che mi fermeranno alla frontiera, ho intenzione di fare ampia scorta di ingredienti e spezie di ogni tipo. Però se mi bloccano qui non so se mi dispiacerà…


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