Avete presente la frase “ Ai miei tempi …”? Sospirata. Quante volte ve la siete anzi, ce la siamo sentiti dire da chi è più anziano di noi ? Mille presumo. Ebbene, io personalmente, concordo con questa citazione solo al 50%. Nel senso che, per tanti motivi, i nostri vecchi hanno ragione a ricordare il loro tempo perché, sotto certi aspetti, parecchie cose funzionavano meglio, la vita era diversa, con tante negatività ma anche con tante cose sicuramente più positive di oggi. Verso certi versi invece, e scusate il gioco di parole, trovo questa frase un po’ esagerata e, dal momento che non sono una persona estremista e amo le sfumature di grigio, vorrei raccontarvi un aneddoto che mi permette inoltre di spiegarvi anche un po’ una cosa importante ma spesso sottovalutata. Come venne portata l’elettricità nella mia valle durante i lontani anni ’50. Quanta gente, andando in luoghi impervi, guarda i fili della corrente pensando a chi e come ci sono arrivati? Nessuno. Eppure, uomini prima di noi, hanno rischiato spesso la vita per far si che anche lì, ci fosse la luce. E certo, non era mica come adesso. Parlo di comodità ovviamente. Di attrezzature che permettevano una facilitazione nel lavoro. Non c’ era nulla, e allora questi uomini cosa facevano? Facevano così, provate a immaginare! Inverno, 10 gradi sotto lo 0, o anche di più nell’ Alta Valle Argentina. Tralicci di legno, alti pali e naturalmente nessuna protezione. Le mani ghiacciate, intirizzite dal freddo. Il viso che perdeva la sensibilità. Si arrampicavano lassù e, senza guanti, senza elmettto, senza niente di niente, iniziavano ad avvitare e svitare bulloni, tirare fili, inchiodare cavi. Cavi di ferro ghiacciati come la neve. Si lavorava dal mattino alla sera, per i boschi, nei sentieri, sopra i dirupi e spesso, con il solo aiuto delle lanterne. Una breve pausa per un panino e poi via, di nuovo al lavoro, arrampicandosi in luoghi che mettevano i brividi. E fu proprio durante una di queste pause che un gruppo di operai infreddoliti, seduti accanto a un fuoco che si erano accesi, mangiando un pezzo di pane gelato, videro arrivare un anziano signore. Quest’ ultimo si avvicinò a loro e chiese : “Freddo ?”. Gli operai lo guardarono e senza nemmeno avere la forza di parlare, raggomitolati nelle loro giacchette di panno, annuirono con la testa. Fu allora che l’anziano signore, saggiamente, esclamò quasi dispiaciuto : “Eh vui… i l’ avei aiga au postu du sanghe. Ai mei tempi… mi s’ andava in giiu de stu tempu cu e manighe curte!”. (Eh voi… avete acqua al posto del sangue. Ai miei tempi… si andava in giro in questo periodo con le maniche corte!). E se ne andò. Come vedete, in ogni tempo, il più giovane si è sentito dire così. Già tanti anni fa. Detto questo, non intendo dar torto a chi ne sa più di noi, ma ogni tanto ciò è proprio più un’ abitudine che una vera constatazione, non vi pare? Un bacione topi e per questo bel racconto, vorrei ringraziare il mio amico Stefano. Un racconto breve ma che fa sorridere e fa pensare a quello che ogni giorno, entra nelle nostre orecchie. Buona giornata.
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