Siamo immersi in una progressiva moltiplicazione di immaginari. Il cosiddetto “immaginario collettivo”, è concetto dalla difficile formulazione, e comunque legato a doppio filo al suo contesto genetico, dal punto di vista geografico, antropologico, economico, sociale.
Al di sotto di esso, però, ribollono e si agitano una grande quantità di immaginari legati alla nostra esperienza del mondo e dei prodotti dell’inventiva. Non fanno eccezione le costruzioni artistiche, e a maggior ragione quelle legate alla tanto vituperata “cultura bassa”.
Dato che i film horror o la pornografia meritano di essere analizzati e studiati tanto quanto Dante, Schopenhauer, Verdi, Pirandello & C., torna utile segnalare Diversamente vivi, volume, edito da Il Castoro, che è nato per «affiancare e completare» un’esposizione temporanea allestita al Museo Nazionale del Cinema di Torino qualche tempo addietro.
La raccolta di saggi, curata da Giulia Carluccio e Peppino Ortoleva, mette assieme vivi e non morti, spettri, allegorie, vampiri, mostruosità. Tutto partendo dalla centrale definizione di “mito a bassa intensità”, cioè storie «che riprendono continuamente vita in forme sempre diverse ma sempre alla fin fine fedeli a un nucleo fatto di poche narrazioni di origine in parte orale ed etnica, in parte letteraria».
In questo modo, le espressioni dell’“estraneo”, a cui tanto cinema e letteratura di genere ci hanno abituati, vengono lette come elaborazioni della nostra società, della nostra storia, delle nostre paure più radicate e antiche. E mai come in questo momento, ma forse come in ogni momento contemporaneo a chi parla, può essere produttivo ri-elaborare le difficoltà che incontriamo nel decifrare il mondo.
Da recuperare assolutamente.
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