Oggetto: Dialoghi sulla religione naturale
Dimostrare l’esistenza di dio e la natura dei suoi attributi è un superbo obiettivo che, nel corso dei secoli, ha tormentato le menti di moltissimi autorevoli pensatori, i quali si sono ingegnati per trovare argomenti che fossero stringenti e atti, se non a convertire, quantomeno a far riflettere anche gli atei più irriducibili.
Data la natura viscerale di ogni credenza che trascende la sfera razionale, dio e la religione, forse più di qualsiasi altro argomento, hanno ispirato diatribe e controversie accesissime, anche quando si trattava, almeno nelle intenzioni, di fondarli su considerazioni filosofiche che prescindessero dall’autorità della rivelazione. A maggior ragione, in società in cui l’influenza della religione si faceva pesantemente sentire e, nei casi peggiori, mieteva vittime, quelle poche opere che osavano sfidare i pregiudizi tradizionali e mettere in discussione inveterate certezze teologiche, erano destinate a scatenare il putiferio e ad attirare l’odio sui loro autori.
Quest’odio era tanto più violento e motivato quanto più l’opera in questione riusciva a far vacillare i presupposti religiosi; è questo il caso, ad esempio, del Dialogo sopra i massimi sistemi di Galileo (1632), e del De l’infinito universo e mondi di Giordano Bruno (1584), o del Trattato teologico politico di Spinoza (1670). E’ questo il caso anche dei Dialoghi sulla religione naturale di David Hume (1751).
Il motivo di tanta ostilità del clero inglese contro “le bon David”, al punto da arrivare a reclamarne la scomunica e ad avversarne la carriera accademica, ben si comprende: nei Dialoghi, le prove tradizionali dell’esistenza di dio vengono severamente rilette e discusse alla luce dei criteri sperimentali dell’epistemologia humiana; essendo tali criteri particolarmente rigorosi e non consentendo alcuna attendibilità a tutte quelle inferenze che pretendono di travalicare il mondo dell’esperienza, le conclusioni non possono che rivelarsi devastanti nei confronti di tali prove.
Un esempio emblematico dell’inconciliabilità della mentalità metafisica con la mentalità scettica e sperimentale di Hume è dato dal seguente passo:
Comincerò con l’osservare che c’è una evidente assurdità nella pretesa di dimostrare una materia di fatto, o provarla con un argomento a priori. Nulla è dimostrabile, a meno che il contrario non implichi contraddizione. Qualunque cosa concepiamo esistente possiamo anche concepirla come non esistente. Non c’è Essere, quindi, la cui non esistenza implichi contraddizione. Di conseguenza non c’è un Essere la cui esistenza sia dimostrabile. (D., 9).