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La fretta, si sa, è cattiva consigliera. Sono già trascorse due settimane dall’inizio ufficiale delle trattative, e almeno altrettante serviranno ancora a democristiani (Cdu-Csu) e socialdemocratici (Spd) per definire il programma del prossimo governo di grosse Koalition. Poi verranno le ratifiche dei rispettivi organismi direttivi e il referendum fra gli iscritti della Spd, e, infine, scelta dei ministri e votazione formale in Parlamento: l’obiettivo di Angela Merkel e soci è che la Germania abbia un nuovo esecutivo entro le vacanze di Natale. Ben tre mesi dopo le elezioni del 22 settembre.
In questa prima fase di colloqui, il tema più delicato è quello del salario minimo legale. Cavallo di battaglia in campagna elettorale della Spd (e delle altre forze progressiste), è fumo negli occhi per gli economisti neoliberali, che cercano di convincere i democristiani a non cedere alla «demagogia di sinistra». E per riuscirci picchiano duro.
Il quotidiano liberal-conservatore Frankfurter Allgemeine Zeitung (Faz) mette in guarda dalla «presa del potere dei sindacati», e numerosi think tank orientati a destra vaticinano conseguenze nefaste per l’economia tedesca nel caso in cui venisse approvata la misura gradita ai socialdemocratici.
Ciò che la Spd chiede, insieme alla confederazione sindacale unitaria Dgb, non è nulla di rivoluzionario. Si tratta di stabilire attraverso una legge che nessun lavoratore possa ricevere un salario inferiore a 8,50 euro l’ora. In alcuni settori esistono accordi fra le parti che prevedono un compenso minimo della stessa entità, ma sono tanti quelli privi di una simile copertura contrattuale. Secondo le organizzazioni dei lavoratori, in Germania sono oltre 7 milioni i working poor, le persone che vivono in condizioni di povertà nonostante abbiano un impiego.
di Jacopo Rosatelli - http://www.ilmanifesto.it/
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