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Salone del gusto di Torino: cosa ne pensiamo

Da Pranzodifamiglia

Abbiamo deciso di andare al Salone del Gusto di Torino dopo aver seguito un po’ la loro comunicazione online, aver letto post e news a riguardo e cercato di capire di cosa si sarebbe trattato.

Col fatto che era organizzato dallo Slowfood, abbiamo pensato che valesse davvero la pena provare e andare a vedere cosa fosse.

Abbiamo quindi provato in tutti i modi possibili a vincere un biglietto per entrare e, grazie ad un retwit su Twitter, uno lo abbiamo conquistato. L’altro lo abbiamo preso a metà prezzo facendo la tessera Slow Food socio giovane.

Per il viaggio volevamo muoverci in treno ma la spesa finale veniva più di 100 euro a testa e abbiamo dovuto cambiare decisamente mezzo. Così ci siamo informate e abbiamo trovato un pullman che partiva da Carmignano, che ci ha portate fino a Torino e riportate indietro in serata.

Quindi la nostra spesa complessiva per affrontare questo viaggio, è stata intorno ai 50 euro. La metà della metà di quanto avremmo dovuto pagare altrimenti…

Perché vi abbiamo elencato la nostra spesa? Purtroppo non siamo rimaste per niente contente di questa manifestazione. Adesso vi spieghiamo perché.

  • Fai l’assaggio e scappa

Come abbiamo anticipato, pensavamo di ritrovarci in un mondo fatato e incantato dove si desse particolare attenzione alla cultura del cibo, a come si ottiene un prodotto ottimo, a ciò che è a km 0, al produttore che ama raccontare il suo adorato lavoro e tutto il resto, invece ci siamo ritrovate di fronte alla fiera del “fai l’assaggio e scappa”.

Alcuni rappresentanti delle aziende dedicavano il loro tempo a raccontare come hanno ottenuto certi prodotti, come cucinarli, in che cosa fossero migliori e tutto il resto, altri invece ti davano l’assaggio e poi volevano solo vendere il prodotto.

Non ci è piaciuto vedere la gara al “faccio l’assaggio e scappo” intentata dai visitatori, i quali davano anche pochissima considerazione ai poveri produttori che amavano parlare del loro alimento.

  •  20 euro di biglietto, ma dentro?

Il biglietto, l’abbiamo scritto poco sopra, costava 20 euro a persona. Una volta dentro pensavamo di trovare dei prezzi almeno più decenti, in quando comunque 20 euro per entrare ad un salone del gusto sono davvero tanti, considerando il momento che stiamo passando anche noi, come ogni italiano. Quel che abbiamo trovato, invece, era: 3 banane a 5 euro, 100 gr ca di prosciutto spagnolo a 6 euro, due pezzettini di torrone francese al pistacchio e alla nocciola, dal peso complessivo di 400 gr a 14 euro (59 euro al kg!), ancora, la cioccolata francese speziata a 8 euro la tavoletta, gli assaggini in modalità finger food (quindi un pezzo di pane minuscolo con un affettato, un cucchiaio pieno di pesce o salse) ad un euro e via dicendo.

Ci è sembrato, prima di tutto, decisamente fuori luogo. Pensavamo che, essendo un gran palcoscenico per il cibo ed il gusto, i prezzi fossero stati almeno un po’ abbassati e invece… Non abbiamo quindi comprato niente, a parte il torrone di cui sopra (ma i produttori li avevamo visti altrove e conoscevamo il prodotto) ed un cuscino prodotto in Romania, contro l’influenza. Di questo vi parleremo poi.

  • Questo salone l’ho già visto

Era la prima volta che visitavamo il Salone del Gusto. A maggio Cinzia, che poi sta scrivendo questo post a nome anche di Giuliana, ha

Salone del gusto di Torino: cosa ne pensiamo

avuto modo di andare per lavoro a visitare la Mostra dell’Artigianato di Firenze, famosa oramai a livello nazionale. Prima volta in vita sua, ne è rimasta piacevolmente conquistata. Rileggi il post!

Già in viaggio parlavamo di come fosse quella Mostra che, ATTENZIONE, non è esclusivamente dedicata al cibo, all’enogastronomia e alla cultura di ogni singolo paese che vi partecipa e, pensavamo a come potesse esser stata organizzata questa mostra, invece, in cosa sarebbe stata diversa, se anche qui si sarebbero fatti questi odiosi assaggini di cui tutti parlano e via dicendo.

Purtroppo, appena entrate (dopo un’ora passata a cercare l’entrata giusta), Cinzia ha avuto un déjà vu. Continuando a guardare i vari stand italiani e non, c’era davvero qualcosa di troppo simile alla mostra fiorentina. Gli assaggi, i produttori stessi, i prodotti che costano un sacco (vabbè) erano cose già viste e riviste e non solo a Firenze!

L’unica grande ed immensa differenza? Il costo. Biglietto per la mostra dell’Artigianato di Firenze: 6 euro al massimo. Quello per il Salone del gusto l’abbiamo già scritto ma vogliamo ripeterlo, 20 euro.

A voi le conclusioni.

  •  Poco slow, parecchio caos

Citiamo il credo dell’Associazione Slow Food:

Fondata da Carlo Petrini nel 1986, Slow Food opera per promuovere l’interesse legato al cibo come portatore di piacere, cultura, tradizioni, identità, e uno stile di vita, oltre che alimentare, rispettoso dei territori e delle tradizioni locali.

Il motto di Slow Food è buono, pulito e giusto. Tre aggettivi che definiscono in modo elementare le caratteristiche che deve avere il cibo. Buono relativamente al senso di piacere derivante dalle qualità organolettiche di un alimento, ma anche alla complessa sfera di sentimenti, ricordi e implicazioni identitarie derivanti dal valore affettivo del cibo; pulito ovvero prodotto nel rispetto degli ecosistemi e dell’ambiente; giusto, che vuol dire conforme ai concetti di giustizia sociale negli ambienti di produzione e di commercializzazione.

E ancora:

Le finalità di Slow Food sono:

  • Educare al gusto, all’alimentazione, alle scienze gastronomiche.
  • Salvaguardare la biodiversità e le produzioni alimentari tradizionali ad essa collegate: le culture del cibo che rispettano gli ecosistemi, il piacere del cibo e la qualità della vita per gli uomini.
  • Promuovere un nuovo modello alimentare, rispettoso dell’ambiente, delle tradizioni e delle identità culturali, capace di avvicinare i consumatori al mondo della produzione, creando una rete virtuosa di relazioni internazionali e una maggior condivisione di saperi.

Siamo certe del fatto che non occorra aggiungere altro a quanto già detto sopra, a parte il fatto che di queste parolone riprese pari pari dal sito Slofwood.it, noi al Salone del Gusto non abbiamo trovato nemmeno UN riscontro vero, reale.

  • Disorganizzazione

Un’ora per capire da quale entrata passare, per farci dire 10 cose diverse dalle persone incontrate e fermate, per fare la fila nonostante avessimo già il biglietto. (Per poi leggere che chi si presentava con il biglietto in pdf sullo smartphone veniva invitato a stamparlo altrove  per poi poter entrare. Ma non era un evento a basso impatto ambientale?)

I giovani volontari che popolavano il Salone o erano tutti in un solo posto, o accanto ai cassonetti dell’immondizia. Ci stiamo tuttora chiedendo cosa ci facessero lì… Qualcuno ci può illuminare?

  • Se sei celiaco e 2.0 non entrare

Salone del gusto di Torino: cosa ne pensiamoAbbiamo visto pochissimi riferimenti alla vita 2.0 di aziende, prodotti e produttori. Loacher ha messo uno schermo con il quale collegarsi a Facebook e diventare fan della pagina, in modo da avere un gadget, ma per il resto? Unica nota davvero carina, interessante, intelligente e di successo, è Grow The Planet, social network dedicato all’orto 2.0, che noi abbiamo avuto modo di seguire sin dalla loro nascita. Anche loro presenti al Salone, non c’è stato un attimo in cui avessero un vuoto di persone. Mai.

Ambito celiachia: ma i celiaci, al salone, cosa avrebbero fatto? Avrebbero speso 20 euro, come tutti, per magari trovare dei prodotti anche per loro (dato che il gusto è comunque uguale per tutti, che sia pesce, carne, col frumento o senza) rimanendo però delusi dal fatto che ci fossero pochissimi stand a loro dedicati. Ma perché? Il cibo, la cultura del cibo, l’alimentazione è TUTTO il mondo che coinvolge, non solo quello di chi non ha queste problematiche alimentari!

  • Qualcosa vi è piaciuto?
Sì, non vogliamo lamentarci e basta. Ci è piaciuto l’orto nel padiglione “Oval”, con le varie piante mostrate al naturale. Ci sono piaciute le spezie e lo stand della Svizzera. La bandierina presa e riportata a casa ha scatenato un sacco di invidia!
  • Conclusioni

Siamo andate al Salone del gusto in via del tutto AUTONOMA, nessuna azienda ci ha invitate, nessuno ci ha pagato il biglietto, nessuno ci ha chiesto recensioni. Questo è il nostro personalissimo pensiero.

Purtroppo siamo deluse, ci aspettavamo decisamente tutt’altro da chi si fa profeta della cultura del buon cibo, del legame al territorio e tutto il resto.

Vorrà dire che continueremo a seguire queste idee da sole, a costo di rimanere solo noi a leggere il nostro blog.

Crediamo nel territorio, nell’utilità dei prodotti che la nostra regione ci offre (ma come tutte le altre), amiamo la produzione a km 0 e crediamo fermamente che la cultura enogastronomica di una città, di un paese, di una nazione, debba essere rispettata e apprezzata a prescindere dalla gara “fai l’assaggio e scappa”.

Riscoprire il vero valore della cucina non solo per il gusto dello scroccare a gratis (gratis=20 euro) ma anche per sapere cosa mangiamo, cosa mettiamo in tavola, chi siamo e come siamo arrivati ad essere così.

Il salone del Gusto? Ce lo aspettavamo diverso.

Qui altre foto della nostra giornata.


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