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Salone del Gusto/1. Zafferano di pace vs oppio. Un caporale della Taurinense racconta la riconversione
Da MariellacarusoPaola Bonajuto è una bella ragazza di 26 anni dallo sguardo profondo. E’ nata a Torino ma le sue origini sono siciliane. Il papà di Paola è di Nicosia e lei è molto legata a Catania dove, racconta “ho trascorso le mie ultime vacanze”. Catanese era anche il suo fidanzato, colui che fino a qualche tempo fa aveva messo i bastoni tra le ruote al suo sogno: arruolarsi nell’esercito.
Un sogno realizzato un anno fa quando Paola ha indossato la divisa del primo reggimento artiglieria di montagna della brigata alpina Taurinense di base a Fossano. Divisa da caporale che ha indossato anche al Salone del Gusto mentre sovrintendeva con alcuni colleghi militari, allo stand dell’Afghanistan: il paese dove ha trascorso gli ultimi sei mesi.
A Torino Paola offre ai visitatori scatolette da un grammo di zafferano prodotto da una cooperativa di 480 donne afghane, la Ghoryan’s Women Association, su terreni sottratti alla coltivazione dell’oppio. Sono un migliaio le scatolette di zafferano confezionate da queste donne con il primo raccolto libero ottenuto grazie alla presenza dei militari italiani e al Provincial reconstruction team che ha distribuito 60 tonnellate di bulbi per riconvertire 30 ettari di terreno dove prima si coltivavano papaveri da oppio. Ogni scatoletta veniva scambiata con un’offerta minima di otto euro (ma in molti hanno lasciato volentieri qualche euro in più) per finanziare un secondo rifornimento di bulbi che permettano ad altre donne di potersi affrancare dalla ‘schiavitù’ di chi costringe i contadini anche con la violenza, e anticipando loro il denaro, a coltivare il papavero. Lo zafferano che si produce ad Herat è particolarmente pregiato e può essere, a buon diritto, essere considerato come rappresentativo del Paese che già vede nell’uva passa un presìdio Slow Food.
“Per queste donne è importante poter coltivare lo zafferano – spiega il caporale Bonajuto – perché la resa è più del doppio rispetto a quella del papavero da oppio (3000 dollari per ettaro contro almeno 6000 con possibilità di arrivare fino a 12.000 dollari, ndr). Ma è necessario che ci sia una vigilanza da parte di noi militari per proteggere i campi e le contadine che stanno seguendo anche corsi professionali”.
Anche il caporale Bonajuto ha protetto quelle donne che ha rappresentato al Salone del Gusto di Torino e per le quali questo progetto rappresenta la speranza. “Ci siamo noi perché per loro sarebbe stato troppo difficile venire in Italia”, precisa la militare appena rientrata da Herat e tentata dalla possibilità di ritornare in Afghanistan. “Se me lo chiedono io ci torno senz’altro – afferma fieramente -. Paura? Beh certo, ci sono stati gli attentati di cui si è parlato. Ma, onestamente, la visione che viene data della situazione è piuttosto ingigantita”.
Ciò non toglie, comunque, che riabituarsi alla vita normale per i militari che rientrano dall’Afghanistan non è una cosa molto semplice: “Bisogna riprendere l’abitudine di stare in mezzo alla gente. Io sono tornata da poche settimane e anche entrare in un bar a prendere un caffè dove ci sono tante altre persone mi procura un po’ di ansia”.
(Storia raccontata su La Sicilia del 23 ottobre 2010)
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