Il Salone del Libro di Torino è uno di quegli appuntamenti annuali in cui senti in modo prepotente i limiti dell’appartenenza all’umana specie. Ma allo stesso tempo provi orgoglio per tanta capacità creativa.
Nei giorni in cui si sviluppa la manifestazione dedicata ai libri più importante d’Italia, ogni appassionato lettore vorrebbe potersi clonare per assistere a tutti gli incontri in calendario e allo stesso tempo visitare con tranquillità gli stand che trasformano i padiglioni del Lingotto in un’enorme libreria. In mancanza del dono dell’ubiquità, tocca scegliere e, questo è certo, al Salone ce n’è per tutti i gusti.
L’edizione numero ventisette della kermesse torinese, che chiude questa sera i battenti con risultati lusinghieri stando alle prime stime (+3,11% di visite venerdì e +1% sabato), è la dimostrazione che i libri, nonostante i catastrofici dati di vendita degli ultimi anni, possono ancora richiamare l’attenzione del pubblico italiano. E poco importa, per quanto mi riguarda, se per far vendere un ottimo testo di qualità di un editore indipendente occorre il traino di un nome famoso, magari un cantante o uno sportivo che ha pubblicato con una grande casa editrice in virtù della sua notorietà. Ogni strategia fa gioco nella dura battaglia della promozione della lettura. Persino la religione ha bisogno di marketing e non è un caso se tra gli allestimenti più originali dell’edizione 2014 spiccava quello dello Stato Vaticano, ospite d’onore di turno. Il cupolone della Basilica di San Pietro fatto di libri si è guadagnato il primo posto tra gli stand più fotografati e twittati del Salone del Libro.Un’edizione ricca, nel complesso, con l’ambizione di soddisfare tutte le esigenze. Ho visto file alle casse, non solo dei grandi editori, un buon segnale. Le voci raccolte qua e là tra gli stand mi hanno parlato di risultati incoraggianti. Una boccata d’ossigeno dopo mesi di apnea per il settore.
Interesse elevato anche per i convegni dell’attivissima area Book to the Future, dove il digitale fa da padrone.Ho avuto poco tempo per godermi come avrei voluto i banchi stracolmi di libri. Tante interviste programmate agli autori (nelle prossime settimane vi racconterò di Simonetta Agnello Hornby, Robert Harris, Jostein Gaarder, Giuseppe Catozzella, Marco Magini e molti altri) e diverse presentazioni a cui assistere hanno ridotto il tempo disponibile per sfogliare i testi, ma mi hanno regalato indimenticabili suggestioni.
Einaudi per il lancio del nuovo romanzo di Paolo Giordano, Il nero e l’argento, ha messo in scena uno show ad alto impatto emotivo a base di immagini e suoni dei MyBosswas. Mentre Isabella Ragonese e lo stesso Giordano leggevano le pagine del romanzo, nell’Auditorio dei 500 al completo, non volava una mosca. Le lacrime, quelle sì, hanno rigato qualche volto e lo stesso autore si è detto commosso.
Altrettanto suggestiva la presentazione di Un’idea di destino, il libro postumo di Tiziano Terzani pubblicato da Longanesi che, nel decimo anniversario della scomparsa del giornalista e scrittore, raccoglie i suoi diari più intimi.
Sul palco, davanti a un pubblico attentissimo, la moglie di Terzani, Angela Staude e Massimo Gramellini hanno ripercorso l’originale e straordinaria esistenza dell’amatissimo autore.Divertente e istruttiva la chiacchierata pu
bblica di Simonetta Agnello Hornby che ha presentato il suo ultimo libro, La mia Londra (Giunti), un testo a metà tra l’autobiografia e la guida turistica che si legge con piacere e fa venire voglia di partire immediatamente per la capitale inglese.Tantissimi gli autori italiani e stranieri presenti nei vari spazi dedicati alle presentazioni, eventi sempre stimolanti per chi ha voglia di andare oltre la pagina scritta.
Numerose e divertenti anche le aree dedicate alle attività infantili, tutte volte a far diventare i bambini i lettori forti di domani.Nel complesso, un Salone del Libro ricco, con qualche pecca ancora irrisolta come il wifi “ballerino” e l’assenza di isolamento acustico nella maggior parte degli spazi dedicati agli incontri, che spesso diventano una gara a chi grida più forte nel microfono.
Da parte mia, un «grazie» speciale agli addetti stampa degli editori che non si stancano mai di presentare le nuove uscite e si prodigano per fare in modo che gli scrittori incontrino noi giornalisti. Rivederli è sempre una festa perché il Salone, come ho scritto in un tweet, non è solo lavoro, ma anche sorrisi, abbracci e strette di mano. Un’occasione per conoscere i volti chi dà vita ai libri per il resto dell’anno.
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