#salvaciclisti

Da Bibolotty

Mettiamola altrimenti. Cerchiamo di guardare la cosa da un altro punto di vista anzi, cerchiamo di guardarla.
Credo che in ogni casa ci sia un alcolista.  Volete in numeri? Avete veramente bisogno delle tabelle e dei grafici per ammettere una realtà che voi stessi conoscete benissimo? Sì, sì, è la stessa verità che vi ripetete quando vi tenete al letto per non cadere, lo stesso di quando afferrate vostra moglie per i capelli e solo perché vi gira la testa e perché il vostro “ego da ubriaconi” sta facendo troppo fumo. Perché un alcolista è in grado di fare cose da non ricordare, come svegliarsi nel letto di qualcuno senza sapere come ci sia finito o di non distinguere più, da lontano, una persona da un segnale stradale o di urlare la propria rabbia davanti ai figli. Piantatela con la cultura del bicchiere alla sera.
Vero, c’è anche chi può bere poco. Ma quelli che riescono a limitarsi a un bicchiere di vino per pasteggiare sono pochissimi.  Per la maggior parte delle persone bere rappresenta una fuga e la scusa della tavola è un buon rifugio,  il fatto poi che in cucina si dà fondo ai bicchieri degli ospiti, beh, si può anche rimuovere. Le ragioni sono tantissime e tutte plausibili, dai debiti alle sofferenze d’amore, da una vita a senso unico alla promozione non ricevuta, dalla cartella di Equitalia al mutuo negato. Non sto qui ad analizzare le ragioni ma a spiegare a quei tanti che ancora si ostinano a non vedere il vero pericolo dell’alcolismo, che quattro bicchieri sono troppi per guidare un’auto. Tante volte va bene, sì, ma arriva il giorno in cui si sbanda, in cui si falcia la vita di uno, due, tre ciclisti, di un bambino che rincorre un pallone sul margine della strada o di una neo mamma con bimbo in carrozzina.
Si beve ovunque perché “l’acqua fa la ruggine”. Si beve con tranquillità e senza sensi di colpa perché è lo Stato che ce lo permette anzi, lo “stato” ha tutto l’interesse perché si faccia un uso smodato di alcol e al di là delle entrate del Monopolio: così al sabato si dimentica tutto. Perché non esiste una cultura contro l’alcolismo, perché quando si parla di “femminicidio” nessuno mette mai in evidenza che chi ha vibrato il colpo aveva in corpo almeno due litri di vino. Il Ministero della salute non ha messo nessuna tassa sulle bevande frizzanti per i soliti accordi con le multinazionali: perché qui in Italia si muore anche di chinotto. Perché il diabete dilaga –basta informarsi e non negare come stolti- così come le malattie cardiovascolari che sono figlie di un uso smodato di bevande alcoliche, di quelle maledette bottigliette colorate strapiene di dolcificanti di cui i ragazzi fanno uso al sabato sera, prima di finire maciullati, a vent’anni, contro un muro.
In questo paese si fanno le leggi e poi si aggirano. A nessun ragazzo dovrebbe essere consentito di acquistare sigarette o bevande alcoliche ma così non è. Poi, quando succede il guaio, tutti urlano e s’indignano, ma chissà in quanti hanno un bar o un supermercato che rifornisce senza battere ciglio la droga consentita al quattordicenne. In questo paese, che tanto mette l’accento sulla dieta mediterranea, non c’è cultura del mangiare né del bere: si vende olio extravergine che è invece sofisticato e fatto con la sansa, pomodori pieni di pesticidi, frutta che viene dall’estero, mozzarelle blu e fichi rosa, pesce che viene direttamente dal mare contaminato del Giappone. Abbiamo una terra ricchissima che per i soliti maledetti meccanismi economici chissà dove va a finire. E ci si nutre di tofu per fare gli alternativi.
E poi, però, rompete l’anima per la pianta di cannabis coltivata sul terrazzo di casa. E poi, però nemmeno conoscete i numeri di chi dalla cannabis passa all’eroina, leggenda metropolitana raccontata da quattro imbecilli che pensano che la “canna bis” sia una sofisticazione della “canna” - non è uno scherzo l’ho sentito con le mie orecchie- una delle tante fandonie che si sentono in giro. Iniziate col segnalare i tanti gruppi che sui social media inneggiano alla sbronza del sabato sera, io lo faccio ogni giorno e da anni.
Non bastano i programmi televisivi a mettere in allarme consumatori e genitori, non basta leggere che in alcuni biscotti “famosi” c’è il mercurio, non basta che la “celiachia” è ormai una malattia comune quanto l’influenza. Così come non bastano le stragi del sabato sera per convincervi che la vera piaga non è la “droga” ma l’alcol. Perché, se non lo sapete, è l’accoppiata che è vincente: se fai uso di “cocco” vuoi anche la “bumba”, perché la coca senza alcol non fa un grande effetto.
E per alcol intendo anche la birra, venduta in tutti gli stramaledetti Autogrill che poi si difendono dicendo che dalle 24:00 in poi non ne vendono più: e certo, perché di sabato, a mezzogiorno di un agosto bollente, una bella doppia rossa ci sta alla grande! Per alcol intendo gli aperitivi, la droga della casalinga, della signora ben truccata e dalle dita gonfie che dopo aver sbrigato le faccende di casa si ritrova con le amiche al bar e magari se ne fa tre per dimenticare il marito ha l’amante. Per essere alcolisti non è necessario vivere per strada in un sacco a pelo. Basta andare in una Piazza qualunque di Roma per vedere “il problema”. E quanti soldi girano attorno alla cultura del bere. Quanto import export per birre al doppio malto che danno dipendenza. Quanta pubblicità si nutre del fegato andato a male degli italiani.
Se ogni sera bevi più di un bicchiere e farne a meno è un problema, sei un alcolista. Se alzi la voce con tua moglie dopo cena e ogni sera, sei un alcolista violento. Se bevi e guidi un’auto sei un potenziale assassino. Forse, iniziare a dirselo, qui e ora è già un buon inizio. Guardare le proprie mani o quelle di un amico e capire che quel tremolio non è nella norma, può innescare il dialogo. Smettere è un’altra faccenda ma incominciare a vedere problema è già l’inizio della cura per se stessi e soprattutto per chi potrebbe capitare sotto le ruote assassine della vostra auto.

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