Pare sia sempre di gran voga attribuire alle composizioni mozartiane effetti misteriosi sulle persone, nonché sul regno animale e vegetale; manca solo il minerale. Forse, se invece di tirar fuori dalla montagna i minatori cileni con quei complicati attrezzi si fosse sparato Mozart ad altissimo volume, davanti alle sue note si sarebbe aperto un varco nella roccia come davanti a Mosè nel mare. Strano che non ci abbiano pensato.
In base a un vecchio studio americano che mi ha ricordato un amico di Facebook, anche le mucche, se “ascoltano” (?) Beethoven nelle stalle, farebbero più latte (l’incremento va dal 7 al 30%: le fonti web non concordano). E allora trasformiamoci tutti in animali da allevamento, mettiamo in cuffia un brano di un grande compositore del sette-ottocento e diventiamo per magia più “produttivi”. I nostri mammelloni faranno più latte e i nostri sederoni più uova.
Cito da questa pagina:
Che la musica abbia un suo potere subliminale è innegabile, che essa sia in grado di muovere i sentimenti altrettanto. Quello che non è assolutamente vero è che la musica - qui fermiamoci a quella sacralmente definita colta o classica o seria o vera e chi più ne ha ne metta - renda migliori. [...] Si tende a parlare di effetti benefici della musica tout-court, senza distinguere tra pratica e ascolto. Ciò che è REALMENTE terapico è la PARTECIPAZIONE anche con l’ascolto che NON DEVE ESSERE MAI PASSIVO (immagino l’ascoltatore testa tra le mani comodamente seduto in poltrona).
Oppure, immagino l’oca a dormire placida o starnazzare per i fatti suoi.
Sull’argomento ho trovato un articolo di un ricercatore presso il Dipartimento di Musica dell’Università di Jyväskylä, in Finlandia, che si chiama Tommi Himberg: Il ritorno dell’effetto Mozart. Ve lo propongo in traduzione italiana.
Nei primi anni ‘90 alcuni ricercatori americani resero pubblico uno studio che fece scalpore: ascoltare la musica di Mozart migliora i risultati dei test d’intelligenza (e.g. Rauscher, Shaw & Ky 1995). Fu coniata l’espressione “effetto Mozart”, che in breve divenne un marchio e fu fonte di guadagno per un musicista di nome Don Campbell; da allora è sorto un vero e proprio business di “CD per il cervello” ad uso di studenti, bambini e donne incinte. Chiaramente lo studio aveva fatto centro su diversi bersagli: l’intelligenza umana e la musica del genio misterioso; la possibilità di fornire una facile cura, o una scorciatoia, nel tentativo di migliorare i risultati scolastici dei figli. Purtroppo però lo studio presentava anche diverse caratteristiche di inadeguatezza: numero limitato dei campioni, imperfetta scelta dei metodi di controllo e interpretazione libera di alcuni risultati (anche se per la verità gli stessi autori non hanno mai sostenuto che Mozart facesse diventare più intelligenti; hanno solo affermato che ascoltare la sua musica migliorava i risultati dei test in circostanze ben definite).
Gli studi successivi furono realizzati da ricercatori più esperti di musica e del suo funzionamento (Glen Schellenberg, ad esempio). Prima di tutto è stato evidenziato come paragonare la musica al silenzio non fosse corretto (nello studio originario il gruppo di persone oggetto dell’esperimento ascoltava Mozart, mentre il gruppo di controllo passava lo stesso tempo in silenzio a non far niente). Inoltre, la spiegazione proposta del meccanismo che produce “l’effetto” non è convincente e le ripetizioni dell’esperimento originario hanno fallito nel riprodurre i risultati.
La musica ha senza dubbio un effetto sulle persone; ma non è poi così misterioso. Secondo la spiegazione più sensata e meglio documentata, ascoltarla rende più pronti e reattivi. In altre parole, la musica può influire su sentimenti e stati d’animo. La sonata KV 448 di Mozart (che fu utilizzata nell’esperimento originario) è un brano gioioso, dal ritmo veloce, che prepara senz’altro meglio del noioso silenzio a sostenere un test d’intelligenza.
Inoltre, se si considera che la musica si snoda nel tempo, che le melodie vengono spesso descritte come avessero caratteristiche spaziali (le note “alte” e “basse”), e che il ritmo richiama il movimento, è possibile che l’ascolto inneschi nei partecipanti ai test, attivando le zone relative del cervello, i processi atti a superarli meglio. Ma questo vale per la musica in generale, non per qualche codice specifico contenuto in quella di Mozart, l’Uomo Misterioso.
In tempi più recenti abbiamo avuto una seconda ondata di effetto Mozart, quando uno studio dell’Università di Tel Aviv ha rivelato [vedi anche Repubblica] che Mozart avrebbe un effetto benefico sui nati prematuri. Ascoltare la sua musica per 30 minuti li renderebbe più calmi e meno disposti a sprecare energie, e questo li aiuterebbe ad acquistare peso. La cosa più sorprendente degli articoli che parlano di questo studio è l’insistenza sulla presunta peculiarità della musica di Mozart; quella di Beethoven, secondo quanto viene riportato, non funzionerebbe altrettanto bene. Ma l’affermazione non è supportata da prove.
Questi ricercatori sono specialisti in pediatria, grandi esperti del contenuto di grasso nel latte materno, ma non di musica; lo ammettono candidamente quando affermano che il meccanismo d’azione della musica è a loro sconosciuto. Non mi è chiaro perché non si siano rivolti a qualcuno che conosca l’influenza della musica sul corpo umano; un terapeuta o uno psicologo, magari. Nella loro Università ce ne sono diversi. Esiste anche una vasta letteratura sull’argomento; non è un mare inesplorato nel quale perdersi. Basta fare una ricerca su Google Scholar: 64.000 risultati per le chiavi di ricerca “music physiology”. Leggere qualcuno di quei testi sarebbe stato utile. È mai possibile che la musica renda più calmi i neonati? Be’, forse sì, visto che dalla notte dei tempi si cantano le ninne nanne.
[Vedi anche: L’effetto Mozart: storia di una leggenda scientifica, con diversi documenti scaricabili.]
Foto di apertura: Jim Linwood.