Salvatore Giuliano e il castello di Dracula

Creato il 13 dicembre 2010 da Casarrubea

Il conte Dracula

I pazzi in Italia abbondano. Alcuni sono così pericolosi da meritare un Tso (Trattamento sanitario obbligatorio) immediato. Altri invece sono casi meno evidenti all’occhio profano. Li scorgi appena tra un gesto e l’altro del loro comportamento quotidiano. E’ normale che sia così, visto che la legge del povero Franco Basaglia ha giustamente eliminato i manicomi lasciando alla società il compito impossibile di curare il prodotto delle sue stesse malefatte. Obtorto collo, quindi, dobbiamo avere fiducia nei pazzi.

A ben pensarci, non sono loro il problema ma quanti lo alimentano.

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Il caso del “Castello di Giuliano” è  unico. Si tratta di un edificio intitolato a un terrorista nero con oltre quattrocento delitti sul groppone, tra cui diverse stragi di lavoratori inermi.

In un altro Paese, un affronto del genere alla società civile, al buon senso  e ai familiari delle vittime, non durerebbe più di un giorno. Invece, tra piatti  e vini prelibati, l’azienda gestita dal nipote di Giuliano prospera da anni.

Fatto passare per Robin Hood, per un filantropo d’antico stampo o, addirittura, accostato alla figura di un santo, il gangster siculo degli anni Quaranta si è guadagnato vita sempiterna.

Il maniero di Dracula

Ma è come erigere un monumento a Herbert Kappler o a Erich Priebke, massacratori delle SS. O  come imbastire sul boia delle Fosse Ardeatine una campagna di beatificazione. Con tanto di postulatori, di commissari e di miracolati. Consapevoli che mentono anche a se stessi. Perché questi sono ormai i nostri tempi. Il diavolo si confonde con l’acqua benedetta, il criminale con il santo, il fucile con la coroncina del rosario.

Così, i monteleprini che sono, nella stragrande maggioranza, persone per bene e laboriose – come dimostra il sindaco Tinervia che ha avuto il coraggio civile, dopo sessant’anni, di aprire finalmente alla verità, collocando una lapide che ricorda le vittime dello squadrone di Turiddu Giuliano – hanno un paradosso eretto a monumento, da sopportare dalla mattina alla sera: il Castello del conte Dracula. Pardon, di Salvatore Giuliano. Con un destinatario: il regno tenebroso dei vampiri della nostra Repubblica.

Un’impresa all’insegna delle voci d’oltretomba, del sangue succhiato alle vittime innocenti. Ti metti a tavola e ti pare di udire i lamenti dei morti ammazzati: cento tra carabinieri per lo più ancora ragazzi, e  altre centinaia di  persone inermi, donne e bambini compresi. Ne senti i lamenti, le invocazioni alla giustizia, le maledizioni e provi inedite sensazioni digestive.

Se non trovi questo fortilizio super kitsch, anche se imponente nella sua orripilanza architettonica in un paese di quattro anime, ti aiutano alcuni strombazzanti siti web e la segnaletica stradale zelantemente collocata da qualche sindaco degli anni passati.

Così, l’ombra di questo funesto maniero si allunga ovunque e il soggiorno turistico a Montelepre si risolve in una spola tra il cimitero, dove si dice che giacciono le misere spoglie del sant’uomo, e un’abbuffata che lascerebbe perplesso il buongustaio romano Lucio Licinio Lucullo.

Caspita, neanche pare che sono passati più di duemila anni.

In Germania e in Austria, vi sono leggi che puniscono duramente l’apologia del nazismo, anche con il carcere. Da noi invece, in barba ai principi della nostra Costituzione, fondata sulla lotta antifascista, nulla accade. Anzi, si chiudono gli occhi persino dinanzi alle gesta del più efferato criminale italiano del XX secolo.

Insomma, come se a Roma si aprisse l’hotel “Kappler” o a Marzabotto l’agriturismo “Walter Reder”. Ma la Sicilia, si sa, è terra di nessuno. E qui tutto può accadere. Anche che i carnefici diventino vittime. O, peggio, eroi.

Giuseppe Casarrubea e Mario J. Cereghino


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