Il pool di magistrati che indaga sul delitto di Melania Rea ha richiesto il giudizio immediato per Salvatore Parolisi. L’udienza dinanzi alla Corte d’Assise di Teramo e’ stata fissata per il 27 febbraio.
In quella sede Parolisi, unico indagato, rispondera’ di omicidio volontario pluriaggravato e vilipendio di cadavere. Il legale della famiglia Rea, Mauro Gionni, ha espresso ”soddisfazione”. “Finalmente celebriamo il processo – ha commentato con l’Adnkronos l’avvocato Mauro Gionni, legale della famiglia Rea – e si avvicina così sempre più la data della verità processuale e la condanna del colpevole”.
Per gli avvocati di Parolisi, Nicodemo Gentile e Valter Biscotti, l ‘accoglimento della richiesta e la fissazione della relativa udienza è lo sbocco naturale di tale scelta processuale.
“Infatti, nel rito immediato custodiale – si legge in una nota congiunta – che prescinde dall’evidenza della prova il ruolo del gip, salvo eccezionali situazioni, è meramente notarile. Dopo aver preso cognizione degli atti, faremo le nostre scelte processuali. Abbiamo invece preso contezza – spiegano gli avvocati – della motivazione del provvedimento de libertate emesso dalla Cassazione, che rispettiamo, ma non condividiamo”. “Si tratta di un verdetto pilatesco che, a colpi di principi stereotipati, in due paginette liquida le molteplici obiezioni difensive che, neppure questa volta, hanno trovato risposta. Spiace constatare – concludono – che la Suprema Corte in tale circostanza non ha profuso l’impegno motivazionale che contraddistingue i suoi provvedimenti che, anche di recente, si erano arricchiti di decisioni in materia cautelare di grande coraggio e insegnamento”.
Per la Cassazione, Salvatore Parolisi non ha un alibi. “Occorre considerare – scrivono gli ermellini – che risultando incontestato nel presente giudizio il dato fattuale secondo cui l’omicidio della Rea venne sicuramente commesso in Ripe di Civitella, nel luogo stesso in cui fu rinvenuto il cadavere della vittima, non sembra seriamente confutabile che a tali dichiarazioni dell’imputato, in quanto dirette a sostenere che all’ora in cui si assume che il reato sia stato commesso egli si trovasse ‘altrove’, in tutt’altra localita’, possa, a ragione, attribuirsi il significato dell’indicazione di un alibi.
Ricordiamo che il 28 novembre la Cassazione aveva respinto l’istanza di scarcerazione del caporalmaggiore perché ritenuto “pericoloso”, è senza un alibi e ha depistato le indagini “con la messa in scena della siringa”. A questo punto I difensori di Parolisi potrebbero richiedere il rito abbreviato e, se l’istanza fosse accettata, il processo non sarebbe pubblico e si terrebbe di fronte al gup e, in caso di condanna, Parolisi avrebbe uno sconto di un terzo della pena.