Il Comitato “SALVIAMO LA BIBLIOTECA DI BORGO PANIGALE”, che si occupa di sensibilizzare la cittadinanza bolognese (e non solo) nei confronti della riapertura della bellissima biblioteca che attualmente inagibile ha organizzato un evento proprio ieri mattina, mentre io conducevo la mattinata di incontro-convegno del VI Raduno Nazionale di aNobii con Lucarelli, Macchiavelli, Verasani e Varesi. Nonostante questo impegno preso in precedenza – e credo di poter parlare a nome dei miei compagni d’avventura e soci della fu/è Associazione Scrittori di Bologna, – tutti noi siamo a fianco del Comitato.
Nel nostro piccolo di narratori, e nel nostro grande di lettori (i lettori possono anche di più degli scrittori!), e insieme agli altri colleghi e amici che hanno partecipato alla maratona di lettura, siamo pronti a dare il nostro contributo per continuare a parlare dell’esigenza di cultura di cui c’è sempre bisogno. Ancora di più quando si tratta di libri, ancora di più quando si parla di rialzarsi dal terremoto. E fidatevi, ve lo dice uno scossato.
Ieri in molti, nel percorso tra la sede provvisoria e la biblioteca inagibile, hanno letto un passo dedicato a libri e biblioteche. Io ho chiesto che venisse letto il mio, che non ho scritto io, ma J.L. Borges, e che parla di una Biblioteca grande, grandissima. Come l’Universo. La Biblioteca è il mondo, è l’Uomo, è il futuro, è un Dio. Ne basterebbe anche uno soltanto, per salvarci tutti. Allora salviamo la Biblioteca, salviamo ciò che ci salverà.
L’universo (che altri chiamano “la Biblioteca”) si compone d’un numero indefinito, e forse infinito, di gallerie esagonali, con vasti pozzi di ventilazione nel mezzo, bordati di basse ringhiere. Da qualsiasi esagono si vedono i piani superiori e inferiori, interminabilmente. La distribuzione degli oggetti nelle gallerie è invariabile. Venticinque vasti scaffali, in ragione di cinque per lato, coprono tutti i lati meno uno; la loro altezza, che è quella stessa di ciascun piano, non supera di molto quella d’una biblioteca normale. Il lato libero dà su un angusto corridoio che porta a un’altra galleria, identica alla prima e a tutte. A destra e a sinistra del corridoio vi sono due gabinetti minuscoli. Uno permette di dormire in piedi; l’altro di soddisfare le necessità fecali. Di qui passa la scala spirale, che s’inabissa e s’innalza nel remoto. Nel corridoio è uno specchio, che fedelmente duplica le apparenze. Gli uomini sogliono inferire da questo specchio che la Biblioteca non è infinita (se realmente fosse tale, perché questa duplicazione illusoria?) io preferisco sognare che queste superfici argentate figurino e promettano l’infinito… La luce procede da frutti sferici che hanno il nome di lampade. Ve ne sono due per esagono, su una traversa. La luce che emettono è insufficiente, incessante.Come tutti gli uomini della Biblioteca, in gioventù io ho viaggiato; ho peregrinato in cerca di un libro, forse del catalogo dei cataloghi; ora che i miei occhi quasi non possono decifrare ciò che scrivo, mi preparo a morire a poche leghe dall’esagono in cui nacqui. Morto, non mancheranno mani pietose che mi gettino fuori della ringhiera; mia sepoltura sarà l’aria insondabile; il mio corpo affonderà lungamente e si corromperà e si dissolverà nel vento generato dalla caduta, che è infinita. Io affermo che la Biblioteca è interminabile. Gli idealisti argomentano che le sale esagonali sono una forma necessaria dello spazio assoluto o, per lo meno, della nostra intuizione dello spazio. Ragionano che è inconcepibile una sala triangolare o pentagonale. (I mistici pretendono di avere, nell’estasi, la rivelazione d’una camera circolare con un gran libro circolare dalla costola continua, che fa il giro completo delle pareti; ma la loro testimonianza è sospetta; le loro parole, oscure. Questo libro ciclico è Dio.) Mi basti, per ora, “ripetere la sentenza classica: «La Biblioteca è una sfera il cui centro esatto è qualsiasi esagono, e la cui circonferenza è inaccessibile».
Tratto da ‘La Biblioteca di Babele’, J.L. Borges.