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Ci sono ritardi che ci possono cambiare la vita e ci sono appuntamenti con il destino a cui non è possibile arrivare in ritardo. Ci sono città e luoghi che per la loro posizione sembrano destinate ad essere luogo di incontri, di appuntamenti e, conseguentemente, di ritardi. Il nome di queste città è risuonato per secoli nei racconti dei viaggiatori.
Samarcanda nel terzo secolo prima di Cristo era una città fiorente, che da secoli controllava una via commerciale importantissima. Situata nell’attuale Uzbekistan, era una sosta obbligata per le carovane che dal medio oriente muovevano verso oriente. E che a Samarcanda si incontravano con quelle che partivano da un impero lontano e ricchissimo, che i suoi abitanti chiamavano “La terra di mezzo”.
Non stiamo parlando della terra degli Hobbit e degli altri personaggi del “Signore degli anelli”, il celebre romanzo fantasy di Tolkien, ma di un regno reale, la Cina.
A quel tempo, secoli prima che alcuni monaci cristiani riuscissero a rubarne il segreto, la Cina era l’unico paese al mondo a conoscere il modo di produrre la seta. E i suoi tessuti, portati a dorso di cammello per migliaia di chilometri, arrivavano fino alla corte degli imperatori romani.
Nell’anno 329 prima di Cristo, tuttavia, Roma era ancora una piccola città la cui influenza era limitata alla parte centrale dell’Italia. In quell’anno, tuttavia, Maracanda (questo era il nome datole dai Greci) aprì le porte e si arrese senza combattere ad un altro conquistatore occidentale.
Alessandro era il re di un piccolo regno semibarbarico ai confini settentrionali della Grecia. Aveva ventisei anni, era stato allievo del grande filosofo Aristotele ed era già una leggenda per i suoi contemporanei. Con poche migliaia di soldati aveva sbaragliato l’immenso esercito del Re dei Re, che dalla Persia (l’attuale Iran) comandava sul più vasto impero di quell’epoca. Senza mai fermarsi, Alessandro in dieci anni conquistò un immenso impero che andava dall’Egitto all’India, diffondendo ovunque la cultura greca.
Alessandro, che era sopravvissuto a mille pericoli, attorno ai trent’anni divenne molto sospettoso e cominciò a consultare freneticamente gli oracoli per conoscere il suo destino.
Si circondò di indovini e di sedicenti maghi che gli assicuravano una vita lunga e felice. E lo convincevano di essere figlio del dio Zeus, unitosi a sua madre sotto forma di aquila. Invece, dopo una cena in cui ancora una volta aveva ecceduto col vino, mori improvvisamente a Babilonia, pochi giorni dopo il suo ingresso nella città, a soli 30 anni, mentre progettava nuove conquiste.
Di un appuntamento con il destino parla anche una canzone che nel 1977 fece conoscere al grande pubblico il cantautore Roberto Vecchioni, segnando l’inizio di una carriera che dura tutt’ora e che ha fatto del cantautore uno dei più importanti della musica italiana.
Vecchioni stesso ha raccontato che la canzone nacque a seguito della morte di suo padre, portato via da un destino beffardo. L’ispirazione venne da un’antica favola orientale presente nella tradizione islamica ed ebraica, trovata nel libro “Appuntamento a Samara”. Si narra di un soldato che, tornato nella capitale alla fine della guerra, si unisce ai festeggiamenti. Proprio allora, però, tra la folla vede una “nera signora” che lo guarda con occhi cattivi. E comprendendo che della Morte si tratta, decide di fuggirla. Per questo implora sovrano di dargli un cavallo veloce che lo possa portare nella lontana città di Samarcanda dove, pensa, certamente sarà al sicuro. Ma le cose andranno un po’ diversamente.
Roberto Vecchioni, Samarcanda.
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