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“San Biase ‘o sole p’e case”. Il detto napoletano tra storia, credenze e rituali

Creato il 03 febbraio 2015 da Vesuviolive

San Biase

San Biase ‘o sole p’e case“. Questo detto napoletano (per l’elenco completo dei proverbi, clicca qui!) viene letteralmente tradotto con “San Biagio, il sole nelle case”. Un proverbio che spinge all’ottimismo, almeno in apparenza. Scopriamo perché…

Il 3 febbraio la Chiesa festeggia San Biagio, medico vissuto a Sebaste in Cappadocia tra il III ed il IV secolo d.C. Divenuto vescovo venne perseguitato da Licino (307-323), un vicario dell’imperatore Costantino nelle regioni orientali e dopo essersi nascosto in una caverna fu scoperto e processato. San Biagio venne torturato dai suoi carnefici che gli strapparono la carne con punte acuminate, per questo è il patrono dei cardatori di lana, ma il Santo resistette al dolore e continuò a rifiutarsi di sacrificare al dio pagano e così venne condannato alla decapitazione. Il Santo vescovo oltre ad essere venerato dai cardatori è invocato contro il mal di gola e altri malanni dell’apparato respiratorio, perché durante la sua prigionia salvò un bambino che stava per morire a causa di una lisca di pesce conficcata nella gola, dandogli da mangiare una mollica di pane. Durante la liturgia dedicata a San Biagio si impartisce la benedizione della gola dei fedeli con due candele benedette incrociate ed unite tra loro da un nastro rosso (in foto), come spesso viene rappresentato il Santo nell’iconografia sacra.

benedizione

Benedizione di San Biagio

Ritornando al detto napoletano si dice “‘O sole p’e case” perché dopo il rigidissimo inverno fa spesso capolino, proprio in questi giorni, un pò di sole, che con i suoi primi raggi dona un pò di torpore alle fredde case partenopee. Però esiste anche un altro proverbio, nato e diffusosi in ambiente contadino che significa proprio l’esatto contrario: “Dicette Cannelora: ‘a vierno stammo fora. Rispunnette san Biase: vierno mo’ trase. Ma dicette a vecchia antica: tanne ‘a vierno stamme fora quanno ‘a foglia ‘e fica è quanto ‘o pere ‘e voia”, (“Disse Candelora: / dall’inverno siamo fuori. / Rispose san Biagio: / l’inverno adesso comincia. / Ma disse la vecchia saggia: dall’inverno saremo fuori / quando la foglia del fico / sarà quanto lo zoccolo del bue”). Dunque a seguire il detto, l’inverno sarebbe appena cominciato e finirebbe a giugno quando la foglia di fico raggiungerà la grandezza del piede di un bue.

Allora qual’è la verità? Probabilmente il proverbio si riferisce alla primavera vicina e al fatto che il sole, avvicinandosi l’equinozio di primavera, raggiunge tutte le case, anche quelle con una esposizione più settentrionale. A Napoli esiste una chiesa dedicata al Santo curatore (di San Biagio Maggiore, in foto) e si trova all’incrocio con San Gregorio Armeno e via San Biagio dei Librai, anche se i napoletani festeggiano il Santo nella vicina chiesa dei Santi Filippo e Giacomo, dove il busto viene trasportato in processione e dove si può comprare l’acqua benedetta contro il mal di gola. Un rito popolare che affonda le radici nella storia più antica di Napoli e al quale è legata soprattutto la gente dei Decumani.


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