Il 4 ottobre, in tutto il mondo cattolico, si celebra la memoria di San Francesco, il Poverello di Assisi, il Giullare di Dio. Forse il santo più conosciuto e venerato, ma allo stesso tempo, io credo, il più frainteso.
Il pauperismo e la condanna della corruzione del clero sono comuni a molti movimenti riformatori ed ereticali del suo tempo, come i Catari, i Bogomili e i Valdesi, ma Francesco, pur praticando e predicando la povertà, non condanna la ricchezza in sé, ma il suo cattivo uso e tantomeno pensa che i ricchi debbano essere spogliati dei loro beni per dividerli fra i poveri; la sua predicazione è un’esortazione alla Carità.
Anche la sua condanna del clero mondano non ha in sé alcuna tendenza eversiva, al contrario egli è devotissimo e fedelissimo alla gerarchia, di cui riconosce la legittimità e la necessità e Innocenzo III approva “di fatto” la regola dell’Ordine da lui fondato, prima della formale e definitiva approvazione da Parte di Onorio III.
I due grandi pontefici riconoscono in lui un fedele devoto e servitore della Chiesa, non un “rivoluzionario”, e se ne servono abilmente, per incanalare la forte spinta di riforma che all’epoca scuote il mondo cristiano e spesso degenera in aperta rivolta, sino ad assumere il carattere dell’eresia e a ricorrere alla violenza.
Già alla morte del santo, all’interno dell’Ordine, cominciano a sorgere le prime controversie fra i “Conventuali”, ligi alla regola meno restrittiva approvata da Onorio, e gli “Spirituali”, rigidi interpreti della regola originale, che imponeva non solo ai singoli frati, ma anche alle loro comunità la povertà assoluta.
Ed è dagli Spirituali più oltranzisti, che già cominciano a discostarsi dallo spirito del fondatore, che viene il tradimento, col sorgere dei Fraticelli che, col passare del tempo, si porranno in aperto conflitto con l’autorità papale e il cui movimento eversivo sarà soffocato nel sangue.
Un atteggiamento, quello Dei Fraticelli, che non solo tradisce il pensiero di Francesco, ma lo stesso spirito evangelico, con la forzatura del suo pauperismo e la conseguente riduzione della Fede alla sua dimensione orizzontale a discapito di quella verticale.
Un atteggiamento comune ancor oggi, come sapientemente ci insegna il cardinal Biffi, recentemente scomparso, con le sue esegesi neotestamentarie volte a ridimensionare il carattere pauperistico del Cristianesimo… e della stessa figura del Cristo, riportandolo alla sua giusta dimensione spirituale, i cui fondamenti teoretici sono rappresentati dalla soteriologia e dall’escatologia.
La progressiva “laicizzazione” della figura del santo, non a caso egli è molto amato dai non credenti, ha portato al tradimento del suo messaggio, fino a trasformarlo, in certi ambienti, da modello di eroiche virtù cristiane in una specie di feticcio proto-marxista, proto-ecologista e proto-pacifista, da sbandierare nelle manifestazioni insieme al vessillo coi colori dell’arcobaleno e al ritratto di don Gallo, in una orribile confusione tra Fede e politica associata a una esasperata ed esasperante corsa ad un dialogo interreligioso che mette insieme, come in un indigeribile minestrone, sciamani siberiani e preti cattolici, lama tibetani e uomini di medicina Sioux.
Francesco non è un agitatore sociale o un eversore dell’ordine costituito, non è un antesignano di quegli animalisti tanto agguerriti nella difesa delle foche quanto disattenti o addirittura mal disposti nei confronti degli uomini, non è un pacifista e nemmeno un antesignano del dialogo interreligioso, egli va alla Crociata e chiede di essere condotto al cospetto del sultano Al-Malik al-Kāmil non per chiedergli perdono per una ingiusta aggressione militare e pregare con lui lo stesso Dio rivolto alla Mecca, ma per convertirlo alla vera Fede, unica via alla salvezza. E sono proprio questa sua forza, questa sua Fede adamantina e assoluta, a colpire un uomo altrettanto convinto della sua, ma rispettoso del coraggio e della coerenza dell’infedele.
Temo che oggi la figura di Francesco sia stata invece trasformata da molti in un simbolo di debolezza e di relativismo, due delle tante ragioni per le quali gli Islamici ci disprezzano.
Francesco è patrono d’Italia, nel celebrare la sua memoria affidiamoci alla sua intercessione… ne abbiamo estremo bisogno.
Federico Bernardini