Magazine Diario personale

San Salvador

Da Blogdispiccioli @blogdispiccioli
San SalvadorLa settimana santa è il mio periodo dell'anno preferito.
Gente che si fustiga, processioni a piedi scalzi, pranzi di pesce e partite anticipate al sabato.


Se si potessero aggiungere le spiagge di Pattaya e le malattie veneree sarei felice quanto Cesare Battisti al carnevale di Rio. Nella città in cui sono nato, e che il programma protezione testimoni mi sconsiglia di citare, sacro e profano danzano all'unisono creando magiche atmosfere la cui forza dissolutrice dona al post che sto scrivendo lo stesso tono patetico della richiesta ad Hu Jintao di investimenti in Italia. Tutto si racchiude nella parte vecchia della città. Ogni negozio, bottega o edicola si trasforma in un distributore automatico di panini con salsiccia a 1 euro. Puoi spendere due euro per birra e panino mentre ti godi lo spettacolo dei mafiosi locali che fanno a gara per portare in spalla la statua della Madonna addolorata dalla fine dei saldi di Zara. Si arriva a pagare 70/80mila euro per avere la redenzione e l'onore di portare in giro un agglomerato di gesso, e questo ancor prima che cominci a piangere sangue. Poi c'è la processione dei Misteri, la riproduzione di adepti del Ku Klux Klan con tanto di cappuccio bianco sponsorizzato dalla Durex che camminano ad un passo talmente lento che Marchionne pensava fossero auto. In realtà sembrano grossi birilli bianchi di una motorizzazione immaginaria, se sei alla guida e non sai di cosa si tratta rischi di travolgerli, se lo sai cominci ad architettare un alibi. La prima volta che ho assistito a questo evento mi sono lasciato affascinare come un'aspirante attrice diciottenne ad un provino per un film di Winspeare. Vien voglia di imparare a parlare il dialetto stretto, brandire una rete di cozze pelose e provocarsi delle violente stigmate di sugo sulla canotta. Un preponderante senso del locale che travalica i confini del globale, lo struggente fascino della tradizione che si apre un varco nella bieca e vile modernità, l'arte del sacro connessa al bisogno di carboidrati. E altre ardite metafore che sto sperimentando per far colpo sull'aspirante attrice diciottenne che andrà ad un provino per un film di Winspeare. La verità è che puntare sulla blasfemia è come scommettere sul tempo di merda a pasquetta. Anni e anni di duro catechismo si dissolvono placidamente alla vista degli addominali di Gesù Cristo morto in croce per noi e per la TechnoGym. Puoi incollare al palato tutte le ostie benedette del mondo, farti cospargere il capo di cenere direttamente da Bob Marley, piangere quando Marcellino schiatta alla fine del film ma nessuno ti toglierà dalla testa che l'Arcangelo Gabriele avrebbe dovuto pagare perlomeno gli alimenti, che nessuno ha mai ritrovato l'agenda rossa di Ponzio Pilato e che all'epoca per trenta denari dovevi aprirti un mutuo. Amen.
Andrea McManaman
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