St. Sebastian (detail), Andrea Mantegna, 1480, Musée du Louvre, Paris
di Riccardo Alberto Quattrini. Bello come un dio pagano, e iconograficamente più pagano di un dio greco. Forse non c’è soggetto della storia della pittura cristiana, eccezion fatta per la Vergine Maria, che abbia riscosso una fortuna iconografica pari a quella di san Sebastiano. “Per questo eroismo con cui sopportaste il dolore delle frecce che tutto impiagarono il vostro corpo, e mantenuto miracolosamente in vita, indi staccato dal patibolo dalla pia vedova Irene, rimproveraste della sua ingiustizia e della sua empietà il barbaro Diocleziano, impetrate ancora per noi tutti, o glorioso martire Sebastiano, di sostenere sempre con la gioia le malattie, le persecuzioni, e tutte quante le avversità di questa misera vita, onde partecipare un qualche giorno alla vostra gloria nel Cielo, dopo aver partecipato ai vostri patimenti sopra la terra (Dal retro di un santino del 1913).”
Le notizie storiche su san Sebastiano sono davvero poche, ma la diffusione del suo culto ha resistito ai millenni, ed è tuttora molto vivo. Le fonti storiche certe sono: il più antico calendario della Chiesa di Roma, la ‘Depositio martyrum’ risalente al 354, che lo ricorda al 20 gennaio e il “Commento al salmo 118” di s. Ambrogio (340-397), dove dice che Sebastiano era di origine milanese e si era trasferito a Roma, ma non dà spiegazioni circa il motivo. Le poche notizie storiche sono state poi ampliate e diciamo abbellite, dalla successiva ‘Passio’, scritta probabilmente nel V secolo dal monaco Arnobio il Giovane. Sebastiano dunque nacque a Milano nel 260 da genitori benestanti, padre catalano di Narbona (Francia meridionale) e madre milanese, istruito secondo i principi della fede cristiana. In seguito si recò a Roma per diventare militare e tribuno dell’esercito romano intorno al 283. Una carriera fulminea lo vede comandante della prestigiosa prima coorte di stanza a Roma per la difesa dell’Imperatore. Nello stesso anno di nascita di Sebastiano, l’imperatore Galliano aveva abrogato gli editti persecutori contro i cristiani. Ne seguì un lungo periodo di pace, in cui i cristiani pur non essendo riconosciuti ufficialmente, erano però stimati, occupando, alcuni di loro, importanti posizioni nell’amministrazione dell’impero. In questo clima favorevole, la Chiesa si sviluppò enormemente anche nell’organizzazione. Diocleziano, divenuto imperatore nel 284, anch’egli seguì questa situazione pacifica. Ma più tardi, su istigazione del suo cesare Galerio, scatenò una delle persecuzioni più crudeli in tutto l’impero. In questo contesto, discretamente, Sebastiano poté sostenere i cristiani incarcerati, provvedere alla sepoltura dei martiri e diffondere il cristianesimo tra i funzionari e i militari di corte, dove era stato introdotto da Castulo, domestico della famiglia imperiale, che poi morì martire. In poco tempo la sua fede lo portò a divenire il lievito fondamentale di numerose e significative conversioni. Come nel caso dei gemelli Marco e Marcelliano, figli di un certo Tranquillino e Marzia, divenuti cristiani, nominati diaconi e, nonostante la loro carica ecclesiastica, sposati e padri a loro volta. Quando Diocleziano obbligò i cristiani ad adorare gli dei pagani, rifiutando tale ordine, furono arrestati e rinchiusi in carcere. Tranquillino, pregò il prefetto Cromazio affinché concedesse trenta giorni ai suoi figli in modo da indurli a rinnegare la fede per avere salva la vita. Marco e Marcelliano erano ormai sul punto di cedere quando il tribuno Sebastiano fece loro visita in prigione invitandoli a non cedere. Ai parenti, invece, rivolse parole dure ma colme di speranza, capaci di donare loro consolazione e pace. I loro figli non li avrebbero abbandonati, ma avrebbero preparato loro un’abitazione in cielo. Mentre dialogava con loro, Sebastiano fu irradiato da una luce miracolosa che lasciò esterrefatti i presenti, tra cui Zoe, muta da sei anni, moglie di Nicostrato, capo della cancelleria imperiale, e di Tiburzio figlio del prefetto Cromazio. La donna si prostrò ai piedi del tribuno il quale, invocando la grazia divina, pose le proprie mani sulle labbra e fece un segno di croce, ridonandole la voce. Zoe e il marito si convertirono insieme con altri pagani che assistettero al prodigio. In seguito Zoe fu sorpresa a pregare sulla tomba di Pietro apostolo, così le guardie pretoriane, la gettarono in carcere. Qui subì il martirio, fu sospesa per i capelli a un albero e soffocata dal fumo del rogo acceso sotto di lei. Ciò avvenne nel luglio del 286. Lo zelo per la diffusione della dottrina cristiana unito a quello per l’assistenza ai carcerati e alla sepoltura dei martiri non passò inosservato. Quando Diocleziano, che aveva in profondo odio i fedeli a Cristo, scoprì che Sebastiano era cristiano esclamò:
“Io ti ho sempre tenuto fra i maggiorenti del mio palazzo e tu hai operato nell’ombra contro di me.” Sebastiano fu quindi da lui condannato a morte. Fu portato fuori città. Legato a un palo in un sito del colle Palatino, denudato, e trafitto dai suoi ex commilitoni da così tante frecce da farlo sembrare un riccio con gli aculei eretti, “ut quasi ericius esset hirsutus ictibus sagittarum”: I soldati, al vederlo morente e perforato dai dardi, lo credettero morto e lo abbandonarono sul luogo affinché le sue carni cibassero le bestie selvatiche; ma non lo era. Irene, una nobile cristiana che subì il supplizio a Tessalonica, andò a recuperarne il corpo per dargli sepoltura, secondo la pia usanza dei cristiani, i quali sfidavano il pericolo per fare ciò e spesso erano sorpresi e arrestati anche loro. Si accorse così che il soldato era ancora vivo, per cui lo trasportò nella sua dimora sul Palatino e prese a curarlo dalle molte ferite con pia dedizione. Sebastiano, prodigiosamente sanato, nonostante i suoi amici gli consigliassero di abbandonare la città, decise di proclamare la sua fede al cospetto dell’imperatore che gli aveva inflitto il supplizio. Si recò così al Tempio di Ercole. Diocleziano vedendo la determinazione del suo “favorito”([1]), ordinò che Sebastiano fosse flagellato a morte. Esecuzione che avvenne nell’ippodromo del Palatino nel 304. Il suo corpo fu poi gettato nella Cloaca Massima affinché i cristiani non potessero recuperarlo. I pagani intendevano che un cristiano, privato della sepoltura, non avesse la possibilità della resurrezione trionfando dunque su Dio.
La tradizione dice che il martire apparve in sogno alla matrona Lucina, indicandole il luogo dov’era approdato il cadavere e ordinandole di seppellirlo nel cimitero “ad Catacumbas” della via Appia. Le catacombe, oggi dette di San Sebastiano, erano dette allora ‘Memoria Apostolorum’, perché dopo la proibizione dell’imperatore Valeriano del 257 di radunarsi e celebrare nei cosiddetti “cimiteri cristiani”, i fedeli raccolsero le reliquie degli Apostoli Pietro e Paolo dalle tombe del Vaticano e dell’Ostiense, trasferendoli sulla via Appia, in un cimitero considerato pagano. Costantino nel secolo successivo, fece riportare nei luoghi del martirio i loro corpi e dove si costruirono poi le celebri basiliche.
Un martirologio cristiano, dunque, così riassume la voce dedicata a questo santo. Anche nei tempi più bui e censori della storia dell’arte sacra, c’erano solo due soggetti che potevano essere rappresentati semi-nudi: Gesù in croce e Sebastiano. Ovviamente Gesù era intoccabile, mentre su Sebastiano si sono sempre scatenate le pennellate più lascive ed erotiche dei pittori, anche nei dipinti più antichi, la posa è sempre molto sensuale, morbida, le frecce più che dolore sembrano procurargli orgasmi… insomma, il soggetto ideale per schiere di artisti amanti del maschile. E alla fine lo stesso Sebastiano si è beccato un’etichetta che, in realtà, era da attribuire ai suoi pittori. Per la sua molteplicità di raffigurazioni e simbologie, continua ad assumere e rivestire diversi ruoli nella nostra società. Nel film di Derek Jarman Sebastiane nel quale si sposa la tesi, non documentata storicamente, della relazione amorosa fra il giovane soldato e l’imperatore Diocleziano. Anche Gabriele D’Annunzio fu affascinato dalla figura di Sebastiano, scrisse, in francese, per la danzatrice russa Ida Rubinštejn, su musiche di Debussy, Il martirio di san Sebastiano. Alla prima, nel 1911, l’arcivescovo di Parigi invitò i fedeli alla diserzione. Marcel Proust lo trovò noioso scappò stremato dalla lunghezza della rappresentazione. Quest’opera può a ragion veduta essere considerata una sorta di atto di nascita ufficiale per san Sebastiano quale icona gay, anche se, come rileva lo storico Dall’Orto “Il Martyre”, raggruma un interesse che gli preesisteva, probabilmente il primo a fare la connessione fra san Sebastiano e l’omosessualità fu lo scrittore Georges Eeckhoud, che nel 1899 pubblicò il suo romanzo Escal-Vigor, facendo scandalo perché il primo nella letteratura franco-belga a trattare apertamente il tema dell’omosessualità. La freccia e la palma. Questi gli attributi inconfondibili che da secoli rimandano a uno dei martiri più noti della cristianità. Lui San Sebastiano. Lui, il miles Christi (soldato di Dio) per eccellenza, ha affascinato santi e peccatori, artisti di ogni epoca. Soltanto con l’avvento del Rinascimento si assiste all’apparizione della nota iconografica del santo nudo, poter dipingere un corpo maschile adulto ma non necessariamente omoerotico era un’occasione che gli artisti dell’epoca non si lasciarono sfuggire. I quadri nelle nostre chiese e nei musei lo mostrano nella sua nudità non efebica. Sebastiano era un militare quindi non poteva essere rappresentato come un ragazzino: doveva essere un uomo fatto e “virile”. Pensiamo a quell’inventario di muscoli addominali che il San Sebastiano del Mantegna lo dipinse con tutte le sue frecce e lo sguardo illanguidito. Per via della metafora della Peste come “freccia divina” di punizione. L’atroce supplizio delle frecce corrisponderebbe perciò all’idea di collera divina, per il fatto di essere scampato alla morte dei suoi arcieri, Sebastiano sarebbe stato assunto quale protettore contro le epidemie che a quei tempi, piovevano giù come strali dell’ira divina. Egli assieme alla Madonna e a san Rocco, fa parte della triade dei santi in cielo cui ci si vota contro la peste.
Anche Oscar Wilde e Yukio Mishima contribuirono a rafforzare il legame tra questo santo e la cultura gay nel senso lato. Il primo dopo essere stato rilasciato nel 1897 dal carcere in cui era stato rinchiuso per omosessualità, trascorse i suoi ultimi anni in esilio volontario a Parigi dove usò lo pseudonimo di “Sebastian Melmoth” che, come dichiarò lo stesso Wilde, il nome derivava dal “Famosamente penetrato San Sebastiano” (“The famously penetrated Saint Sebastian“). Lo scrittore Mishima. Invece, oltre ad essersi fatto ritrarre da Hosoe come San Sebastiano in una foto del 1963, nella sua novella semi-autobiografica “Confessions of a Mask” descrive che il risveglio omosessuale del protagonista avviene quando questo si trova alla vista del quadro di S. Sebastiano di Guido Reni.
In Italia, il primo santo nell’iconografia tradizionale lo fa Antonello da Messina, (1429-1479) ambientando il suo giovane e dolce modello in una scena di prospettiva architettonica allora in voga. Qui san Sebastiano è ritratto giovane, quasi fanciullo, un nudo maschile per eccellenza.
Lorenzo Costa (1460-1535) dipinge il santo quasi bambino, di non più di dodici-quattordici anni, con una faccia deliziosa da marchettaio del suo tempo, anacronistico per età e per aspetto se si pensa al martire guerriero del Mantegna.
El Greco (1541-1614) rischiando la collera della Santa Inquisizione, lo dipinge come una figura fortemente sensuale. Il suo Sebastiano ha un volto d’angelo e il corpo di un eroe classico, una figura complessivamente di una castità eccezionale, ma di una capacità altrettanto eccezionale di travolgere i sentimenti più nascosti. Di certo, l’Inquisizione deve essere stata distratta in quei giorni del 1578 per non accorgersi che, di là dalla devozione, le penitenti potevano leggere quel quadro in chiave quanto più profana immaginabile.
San Sebastiano si festeggia il 20 gennaio ed è il protettore di arcieri, lanciatori di coltelli, archibugieri, tappezzieri, fabbricanti di aghi, vigili urbani (dalla guardia imperiale, per eredità si è arrivati ai vigili urbani) e della gioventù dell’Azione Cattolica che l’ha scelto come modello di vita.
(1) Va ricordato che “favorito” nell’italiano antico aveva un altro significato (il “favorito” è l”‘uomo di fiducia” del re). Oggi noi lo interpretiamo alla luce del significato del termine “favorita” nel Settecento, che da allora significa “l’amante del re”. È solo il maschilismo che fa sì che la “favorita” possa essere considerata, in quanto donna, utile al re solo dal punto di vista sessuale, e non in quanto “uomo/donna di fiducia/tuttofare”. In realtà molte favorite ebbero (anche) un ruolo politico non certo secondario. Ciò non toglie che in effetti alcuni favoriti arrivarono al re passando dal suo letto, ma in casi limitati e ben noti (Luigi XIII ed Enrico III in Francia, James I in Inghilterra).
Fonti: “San Sebastiano martire” Antonio Borrelli (San Sebastiano “santo gay”?) Giovanni Dall’orto Francesco Danieli “La freccia e la palma” Edizioni Universitarie Romane. € 14,02