E’ la riforma sanitaria di Formigoni che si è rivelata un disastro, smentendo tutte le frottole, le menzogne, le rotoballe raccontate dai politici e subite dalla pubblica opinione (qualcuno le avrà anche bevute purtroppo, a causa di una propaganda martellante e indegna). Le responsabilità sono tutte della Regione Lombardia e di chi l’ha governata con ottusa insensibilità verso i cittadini e spasmodica avidità di denaro.
L’ospedale maggiore di Cremona (Photo credit: Simone Ramella)
Non è solo la Lombardia a venir messa in discussione. Il servizio della Fnp-Cisl, uscito sull’ultimo numero cartaceo del mensile che resterà disponibile solo on line dal numero di questo gennaio 2013, fotografa l’acre realtà.
Nove milioni di cittadini italiani non si curano più: non vanno dal medico di base, cercano di arrangiarsi da soli, per risparmiare, ascoltando la tv o cercando una soluzione su Internet. Non hanno i soldi per pagarsi le cure. Sono persone oltre i 65 anni e donne del Sud.
La “libertà di scelta” l’ha esercitata Formigoni, non certo il cittadino che ora non può scegliere né il pubblico né il privato. Una tragedia silenziosa. Anziani che non vanno più dal dentista. Pensionati, donne meridionali che non possono pagare una visita specialistica anche se il servizio sanitario dovrebbe essere gratuito. Invece costa prezzi impossibili, ticket folli per pensionati che hanno più di una malattia da curare.
Drammi oscurati, che in campagna elettorale evidentemente non meritano una sola parola. Non fanno audience, non portano voti questi nove milioni di cittadini. Non gli si può promettere nulla. Di loro, alla Cisl, hanno parlato i medici di base in un servizio che stramerita lettura e conoscenza. Non perché sia una novità, ma perché questa massa di persone non ha diritto di parola ed è zittita da reboanti campagne di disinformazione, che impongono silenzio e paura col volto di Monti e dei cantori dei “sacrifici necessari per tutti”, a partire dal reddito fisso ovviamente.
L’altra faccia della sanità è la speculazione sui servizi dovuti. Si specula cercando profitto dopo un’adeguato bombardamento mediatico sulla necessità delle privatizzazioni, della liberalizzazioni, della libertà di scelta, sui grandi costi dei meravigliosi servizi sanitari.
La casa di riposo di Sesto ed Uniti, l’unica in provincia di proprietà comunale, sarà prima o poi privatizzata. Da quando tempo c’è chi non desidera altro che la crisi economica del Comune per inserirsi nel businnes? E guarda caso la crisi degli enti locali è stata causata, dopo anni di berlusconismo e di tagli feroci, dal governo Monti. Forse proprio per indurre a vendere tutto quello che si può.
La Fondazione Zucchi Falcina di Soresina è di fatto in vendita. Si vogliono vendere posti letto, cederli come oggetto di scambio, indebolendo pesantemente il patrimonio!
Nemmeno si discute, si procede serenamente senza problemi. Dopo anni di cogestione Pizzetti – Rossoni anche la sinistra moderata si è adeguata. Titta Magnoli non è pericoloso bolscevico ma è estraneo a tale strategia, che Pizzetti ha perseguito da tanti anni. E’ una scelta politica, una strategia ben precisa, pensata e attuata. Non è certo un crimine! Si può criticare senza ferocia. Antonio Leoni sul Vascello chiamava i due consiglieri regionali “i nostri Bibì e Bibò” dato che erano sempre insieme.
Così non c’è stata battaglia, se non abilmente limitata e frenata al punto giusto.
Tutto interessante, si può apprendere come si sdipana uno stile politico. E’ il risultato che è un disastro. Ci si è abituati a considerare giusto ciò che è legittimo (per non parlare degli scandali e delle inchieste lombarde). Si è messa in ombra l’etica, la sostenibilità, la sopportabilità sociale delle immense disuguaglianze. Del diritto alla sanità si è fatto sfrontatamente mercato e speculazione senza alcun pudore.
Non è sostenibile che un direttore di casa di riposo riceva un compenso di circa 160mila euro l’anno circa. E quanti direttori ci sono in 27 case di riposo? Se i dipendenti sono 200 in un istituto com’è possibile che si possano pagare stipendi simili? Se poi si aggiungono le rate dei mutui da pagare… è il fallimento.
Tre direttori all’Asl, tre all’Ospedale Maggiore, tre all’ospedale di Crema, con compensi ovviamente superiori. Ma la cosa passa per normale. Guadagnano circa 250 volte lo stipendio di un’infermiera eppure dicono che è normale!
In tutto i nove direttori, che insieme guadagnano circa due milioni di euro quanto duemila infermiere circa (dato approssimativo, perché c’è una parte variabile nel compenso dei direttori delle aziende ospedaliere e sanitarie).
Ma non finisce qui. Il tavolo del banchetto dei vincitori è molto più lungo, e ben difeso dalla propaganda costosa e ossessiva delle testate locali, che alle strutture sanitarie fanno solo pubblicità per convenienza economica palese.
A Mantova le posizioni che incamerano almeno 90mila euro all’anno sono più di 90. A Cremona probabilmente il dato non varierà di molto. Si faccia pure il conto provincia per provincia, anzi Asl per Asl (ci sono più Asl che Province) e ospedale per ospedale, contando pure le strutture private.
Questi dirigenti non saranno mai tolti dalle spese, anche se rappresentano un peso immenso. Invece il personale di comparto (ausiliari, infermieri, oss. eccetera) diminuisce, oppure si vede proporre un contratto che per i primi anni retribuisce di meno, oppure vengono gestiti da cooperative, con le note conseguenze.
Ed è tutto normale. Disuguaglianze enormi e sussiego, senso di sudditanza psicologica, timore dei grandi direttori, in una gerarchia che produce ingiustizie socio-economiche da far ribollire il sangue.
Nessuno dice mai nulla. Nessun politico che si muova, che cerchi di rimediare a un disastro simile.
Mai sentito Pizzetti e Rossoni protestare contro questo sistema, o almeno segnalare che qualcosa nel sistema come tale non era equo. E’ tutto normale. Tutto quanto. Chi protesta non capisce nulla, viene lasciato solo.
Da vent’anni è così. E’ noto ma non si fa niente per cambiare. Uno stato di soggezione incatena in un incantesimo i cremonesi. Il mago Pizzettì ha stravinto ma il sistema è rimasto fermo. E ora crolla. Simona Mariani? Sempre difesa. Deputato e direttrice ospedaliera: coppia d’assi. Addio all’ex Inam, con il favore di Perri e Salini e tanta gioia per il meraviglioso ospedale. Che merita tutto il rispetto ma non questa politica che spacca la società in due.
La sanità è allo stremo ma ci sommergeranno certamente di stupende conferenze stampa, di dati, di numeri, senza però rendere troppo note certe delibere e senza parlare dei problemi che ci sono in corsia, e che riguardano il personale, non i numeri che interessano alla Regione.
Cgil, Cisl e Uil avevano segnalato questi problemi. Uscirono articoli eloquenti sulla stampa. Ricordo Cronaca e non solo. Ma niente cambia né cambierà. La sanità regge semplicemente perché è riuscita a espellere milioni di persone dalle cure. E quei milioni di esclusi aumenteranno se la stasi continuerà, feroce, silenziosa, macchinosa, protetta da tutti.
Occorre una svolta assai seria e decisa. A Cremona non può far tutto Magnoli né il Pd: se però non si cambia il sistema che ha creato vere e proprie caste sociali ed economiche nel più vitale dei servizi, la sanità, sarà inutile aprire bocca. C’è chi avrà almeno il diritto di non ascoltare più nessuna favola raccontata dai soliti venditori di fumo.