Anche la seconda serata del Festival di Sanremo è andata, e sono di nuovo qui a raccontarvi (dal mio punto di vista, è bene precisare) cosa è successo. Innanzitutto sono da poche ore arrivata nella città dei fiori e cercherò quindi di trovare qualche succulento gossip da svelarvi, ché qui tra starlette che girano col vestito da sera a mezzogiorno, sosia di cantanti famosi e personaggi del mondo dello spettacolo che non vedono l'ora di essere fotografati c'è l'imbarazzo della scelta. Ieri sera, però, il festival me lo sono visto da casa e sono riuscita ad azzeccare la "vittoria" di ben sei canzoni su sette.
I primi cantanti in gara sono i Modà e, mi dispiace, ma chi mi conosce sa che non nutro particolare stima nei loro confronti. Brani entrambi piatti, banali, con i soliti testi retorici e "quelle urla da Tarzan sulle liane" del cantante Kekko(che a quanto mi pare di aver capito ha abbandonato il nomignolo con le k per farsi chiamare finalmente come uno della sua età dovrebbe essere chiamato) che hanno provocato seri attacchi nervosi al mio gatto. Per quanto mi riguarda, hanno cantato lo stesso pezzo due volte. Hey ragazzi, così non vale! Tra “Se si potesse non morire" e “Come l'acqua dentro il mare" passa la prima, peccato che io non ricordi una singola parola. Dopo la delusione del gruppo che si definisce rock ma di rock non ha nemmeno le pettinature (Kekko, ancora con i capelli dritti come quando si portavano le zone con le zeppe ai piedi?) e che proprio non riesco a farmi piacere arriva il mio preferito, Simone Cristicchi, colui che stimo come poche altre persone al mondo. Se vi aspettavate un bis di "Ma menomale che c'è Carla Bruni"o una “Ombrelloni" ,vi sbagliavate; il primo brano intitolato “Mi manchi" ha un testo che ti tocca le corde dell'anima. E' proprio questo che mi piace di Simone, il suo sapersi trasformare da cantante delle filastrocche simpatiche al serio interpete di brani quali “Ti regalerò una rosa". Non so se è successo solo a me che sento particolarmente la mancanza di qualcuno che purtroppo non c'è più, ma giuro che questa canzone piuttosto semplice mi ha emozionata come nessun altra da un po' di tempo. Di fronte a parole come "mi manchi/come tela ad un pittore/come adesso le parole/come a me manca il tuo amore" c'è poco da dire. Viva la semplicità. A sorpresa, però, passa il turno il secondo brano ovvero "la prima volta (che sono morto)". Decisione che fa imbestialire non solo me ma anche lo stesso Cristicchi, visibilmente dispiaciuto. Simone, nessuno ti capisce, sappi che se vuoi la mia spalla è pronta per accogliere le tue lacrime.
Come il cacio sui maccheroni entra Carla Bruni, quella vera, vestita con la giacca di sei taglie più grandi, i pantaloni a campana (il tutto in una bella e vivace sfumatura di grigio topo) e delle scarpe che vengono direttamente dall'armadio della sciura Maria di Busto Arsizio, targate 1994. Evitabile.
Sugli Almanegretta non ho molto da dire. Non mi piacciono, non mi dicono niente, e mentre su twitter tutti li elogiano come migliori del Festival a me, sinceramente, non viene nemmeno voglia di farmi un balletto. L'altro personaggio che attendevo con molta ansia è il mio compagno di zeppola Max Gazzè, simpatico interprete riccioluto e col nasone. E' una festa, esibizione divertente e movimentata. "I tuoi maledettissimi impegni" mi piace ma mai quanto “Sotto casa" (ribattezzata dai twitteri "sotto cassa") che è perfetta per essere cantata e saltata a una manifestazione. Fortunatamente è quella che riascolteremo. Ci voleva una bella botta di vita alla selezione musicale di quest anno ed è arrivata. Passaci la bottiglia di vino Max, che brindiamo insieme a te!
Il cantante israeliano Asaf Avidan è il secondo ospite della serata, quello di "one day baby will be old oh baby" che però io ho sempre cantato "don deghi deghi din digon o deghi". Versione intima e molto diversa dall'originale, standing ovation del pubblico che gli chiede addirittura il bis del ritornello. Io penso ai nostri Fossati e De Gregori e boh, resto interdetta. Valli a capire i gusti di st’italiani.
Il gran finale è tutto per gli Elio e le Storie Tese, geni nostrani capaci di qualunque cosa. Dopo 17 anni dalla “Terra dei cachi" tornano sul palco con “Dannati forever" , che è un ottimo pezzo, (è orecchiabile! dice il testo), "la canzone mononota" che invece è proprio un capolavoro. Mononota come mono nota, attenzione, non monotona. Passa con l'81% dei voti e sui social esplode la standing ovation, tutti d'accordo sul fatto che solo loro potevano prendere in giro il festival sul palco del festival. Chi vuole Elio prossimo presidente del consiglio, chi Papa, chi lo vorrebbe investito di entrambi gli incarichi, su twitter è una festa. Sono riusciti a superare le aspettative e, da un gruppo dal quale ti aspetti davvero di tutto, è un miracolo. "Chiudiamo il festival, hanno già vinto", e vi dirò che io sono pure d'accordo.
Alle 23.45 arriva finalmente il momento dei poveri giovani tenuti nei camerini per quelle tre orette che fanno proprio bene all'adrenalina. Nessuna sorpresa sui brani che, come tutti gli anni, era possibile ascoltare già prima dell'inizio del festival.
Renzo Rubino e la sua “Postino, amami uomo", canzone che tocca lo scottante tema dell'omosessualità (sono ironica, nel caso in cui non si fosse capito). Il Cile, con il quale continuo a discutere su twitter perché proprio non mi piace, non passa il turno e viene eliminati. “Le parole non servono più” ...e infatti io le parole proprio non le ho! Pezzo anonimo e voce anonima, è in pieno stile suo e mi dovete spiegare come fate ad amarlo così tanto da renderlo l'emergente più famoso del 2012. Irene Ghiotto stralunata come una che le tre ore di attesa le ha passate a buttare giù negroni sbagliati, chiede a qualcuno "baciami?”. Ma per come ti sei conciata, cara Irene, credo che nessuno accetterà il tuo invito. Infine i Blastema, quelli col cantante "bello e dannato" con i lunghi capelli neri che gli coprono la faccia mentre canta. Il loro brano “Dietro l'intima ragione” a mio avviso è il miglior brano dei quattro in gara. Rullo di tamburi: passano Rubino e Blastema, il super favorito Il Cile se ne torna a casa con la faccia di uno che ha appena preso una decina di sganassoni e: "Oh, non è colpa mia! Io ve lo dico sempre di non mettervi contro di me!!!". Finale di nuovo accompagnato dalle mie lacrime con Beppe Fiorello che torna sul palco e intona quella canzone che avevo paura di sentire, quella “Vecchio frack" che mi porta indietro di anni e che mi catapulta nel mood della canzone di Cristicchi che non avete apprezzato, “Mi manchi". Finisce così, con una delle più belle canzoni del panorama musicale italiano, che mi ricorda la più bella persona della mia vita. Ci sentiamo stasera su twitter @modaholic & @dueditanelcuore, fate i bravi!