Sanremo 2013, ecco chi vincerà il Festival

Creato il 13 febbraio 2013 da Plus1gmt

Non diciamo scemenze. Ricordiamoci che chi ha riportato in auge la strategia del gran rifiuto per viltade qualche giorno fa ha sicuramente ribaltato le priorità del momento, relegando cose di poca importanza come una delle tornate elettorali più cruciali del dopoguerra agli ultimi cinque minuti dei telegiornali nazionali. Ma né io ne voi lasceremo che un avvenimento secondario come la fine del mandato del primo che passa riesca in alcun modo distoglierci da quello che sarà il vero argomento principe di questi giorni. Le previsioni sulle vittorie sono vecchie quanto le competizioni stesse e benché i favoriti e outsider siano già da tempo sulle copertine di testate di settore e no è impossibile sapere come andrà a finire. E non credo ci sia nulla di più inutile che comporre canzoni apposta per il Festival, anche se è una pratica in auge da sempre. Strutture standard, giri armonici elementari, ritornelli per mettere in risalto le qualità vocali dell’interprete, sviolinate varie fino alla salita di tono nell’ultimo refrain per lanciare la melodia nell’iperuranio della memoria popolare che, per cinque giorni, si dimentica persino di B1, B2 e B16. Il tentativo di costruire successi a tavolino oramai è una tecnica obsoleta per via della confusione armonica cui siamo soggetti, anche se poi in fondo cambiano gli ingredienti ma la sostanza rimane sempre quella. Voglio dire, è bene mai sopravvalutare gli italiani. Lo specifico sanremese è un genere a sé che ci tormenta da più di mezzo secolo e che, come leggete, non dovrebbe nemmeno esser degno di discussioni e commenti. Ma il discorso è sempre lo stesso. Ci si nota di più se lo guardiamo, o se non lo guardiamo per dire agli altri che non l’abbiamo visto? E se non l’abbiamo visto, è perché abbiamo avuto un legittimo impedimento o un qualunque imprevisto che ha sviato i nostri intenti, oppure volutamente abbiamo spento la tv e fatto altro? Cosa fa più snob?

Io vi dico la verità. Alla fine c’è sempre un motivo per cui una o due serate non me le perdo. Quest’anno, per esempio, ci sono gli Almamegretta, che tutto sommato sono una delle cose migliori mai uscite dal nostro panorama canoro, e ora che si sono ricongiunti con Rais sono proprio curioso di ascoltare le loro proposte. Ed ero pronto a giudicarle ieri sera se non fosse che è meglio informarsi prima sul programma della kermesse: la competizione tra i big è divisa in più serate, e quella di ieri è stata oggettivamente un po’ così, oltre a essere priva dei miei beniamini. Una serie di canzoni oltremodo anonime, forse una di Gualazzi con Bosso alla tromba, un’altra di Silvestri. Marta sui Tubi inascoltabili, stonati, inutili al Festival e a sé stessi, anche in un qualunque club indie me ne sarei andato chiedendo indietro i soldi del biglietto. E, Crozza a parte, resterà negli annali l’uscita di Toto Cutugno che ha dichiarato la sua nostalgia per la Russia che non c’è più, cioè l’Unione Sovietica per lo sgomento di Fabio Fazio e del pubblico, già innervosito dalla satira politica precedente, peraltro in replica per il pubblico de La7. Già, l’avreste mai detto che Cutugno è un comunista vero, altro che un semplice italiano? Lui, con il suo orecchino che così non li porta più nessuno e la sua espressione oramai così assente? Toto Cutugno è un nostalgico del Patto di Varsavia. Lasciatemelo cantare, perché ne sono fiero.



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