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Sanremo a San Paolo

Da Danielevecchiotti @danivecchiotti

 

Sanremo a San Paolo
Sono arrivato a São Paulo, capitale economica del Brasile, città di alta finanza, di business e, sebbene almeno metà dei suoi oltre venti milioni di abitanti viva ancora nelle poverissime e degradate favelas, città-simbolo della crescita economica e del boom che sta entusiasmando l’intera nazione.
Peccato però che - in questa metropoli di affari e produttività, strano incrocio urbanistico tra New York (c’è addirittura una copia dell’Empire State Buidling), Tokyo, Bangkok e Guayquil– anche negli alberghi a quattro stelle si fatichi a farsi comprendere parlando in inglese.
Stanco di un lungo e complicato viaggio, avevo deciso di cenare in albergo senza avventurarmi chissà dove nella ragnatela di trafficatissime strade che dopo le sei di sera diventano anche non troppo sicure per uno dalla faccia europea come me.
Sceso tra i tavoli del ristorante del Mercure Hotel che sorge nella zona chic in cui duecento anni fa, invece che i grattacieli, c’erano le sontuose ville dei magnati del caffè, ho pronunciato la parola “dinner” e, notando lo sguardo disorientato del maitre, ho provato ad aiutarmi e ad aiutarlo con lo spagnolo cena (più comprensibile agli autoctoni in quanto maggiormente assonante con il portoghese), ma ho capito che il mio concetto non doveva risultare chiarissimo quando mi sono visto porgere una lattina di birra.
E dire che, ancora a Curitiba, ho fatto tutto il tragitto dal centro all’aeroporto accompagnato da un tassista canterino che, non essendo provvisto di autoradio ed avendomi chiesto quale sia la mia nazionalità, mi ha intrattenuto per i 40 minuti di traversata cantandomi a memoria e con una pronuncia perfetta tutti i successi dei festival di Sanremo che furono, da “Canzone per te” di Roberto Carlos a “Passerà” di Aleandro Baldi passando per “Al di là” di Betty Curtis.
Perché se qui in Brasile ancora l’inglese stenta a diffondersi, non ci sono dubbi che la musica popolare nostrana è incisa sul DNA di tre quarti degli abitanti, non appena si lascia intuire che si arriva dall’Italia ecco che immediata parte una impeccabile interpretazione di “Strani Amori” di Laura Pausini compresa di accento faentino degno dell’interprete originale.
Soprattutto grazie agli immensi flussi migratori del novecento, infatti, a São Paulo, Curitiba, Porto Alegre e chissà in quanti altri luoghi il Festival di Sanremo è un’istituzione culturale milioni di volte più celebre e influente di Shakespeare, dei Beatles o di Lady Gaga.
Così, mandando indietro la lattina di birra che mi era stata presentata come cena, ho pensato bene di sfruttare le mie ampie nozioni di musica italiana retrò e, citando il qui ancora celeberrimo Peppino di Capri, non ho potuto fare a meno di intonare: “Cameriere… champagne!”

 


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