GQ Italia, n. 143, Agosto 2011
Io non ho l’occhio fino, e nemmeno la lingua (ve ne sarete ampiamente accorti).
Oltre ad essere sbadata, grezza e goffa, spesso non presto attenzione a ciò che dovrei.
Mi capita spesso di usare gli stereotipi come base narrativa, sguazzo nelle categorie come il pretesto semplificatore migliore dal quale partire per raccontare ciò che devo.
Tutto ciò premesso, capirete che se una discriminazione bella e buona salta ai miei occhi in un lampo, significa che è proprio palese e di cattivo gusto.
Ormai – ed è brutto da dire – sono piuttosto assuefatta dall’uso della nudità della donna nei media (e non solo). Ma c’è una cosa che riesce ancora a starmi sulle palle: lo stereotipo di genere.
Stamattina sono andata in edicola a prendere Vanity Fair, e mi sono trovata allegata una copia di GQ. Sfoglio sbadatamente, e le palle (questo sì che è fuori stereotipo) iniziano a rotearmi vorticosamente quando mi trovo a pagina 96, sotto il cappello “Donne per cui vorremmo morire”:
GQ Italia, n. 143, Agosto 2011
Didascalia della foto: Eterna giovinezza, Mary-Louise Parker, 47 anni (…)
A parte il potere distruttivo di questa eterna giovinezza rincorsa, cercata, ambita come un valore. A parte.
Ma io dico: quella torta c’è da tirargliela in testa, agli ideatori della foto.
In alcuni paesi, questo stereotipo di genere usato sui media (la donna servizievole, pronta a riempirvi la pancia e a svuotarvi i testicoli, santa in cucina e puttana a letto, che nella vita non ha niente di meglio da fare che sedurre il suo uomo ogni santissimo giorno cucinando nuda) è proibito dalla legge.
In Spagna, ad esempio, il re Juan Carlos nel 2004 ha firmato una legge contro questo tipo di immagini: “la pubblicità che utilizza l’immagine della donna in modo vessatorio e discriminatorio” diventa illegale e “dovrà rispettare la dignità delle donne e il loro diritto a un’immagine non stereotipata, né discriminatoria, sia che la donna intervenga nei mezzi di comunicazione pubblici che in quelli privati”.
Certo, noi ci troviamo in uno dei paesi più sessisti del mondo, ma per quanto tempo ancora dovremo sopportare tutto questo?
La cosa peggiore è che il buon senso (o il buon gusto), quando non è imposto per legge, in pochi sanno dove stia di casa. Ma la posta in gioco, in Italia, è ormai ad un livello talmente alto che dovrebbe farci suonare a tutti la campanella che urla “ENOUGH”.