La città di Paestum, sita nella Piana del fiume Sele a circa 30 km da Salerno sul litorale tirrenico, fu fondata dal popolo dei Sibariti nel 600 a.C.; dai dati archeologici raccolti e dai tanti studi condotti dagli storici, si può ipotizzare che il territorio, popolato da una minoranza di Dori provenienti dalla Magna Grecia, abbia ivi creato una serie di colonie per scopi commerciali, da incrementare sopratutto via mare. Nella metà del VII secolo a.C. si sviluppò celermente quindi tutto l’insediamento che prese il nome di Poseidonia, in onore della divinità greca omonima, il dio dei mari e degli oceani.
Poseidone, statua presente al Museo Louvre, Paris
Dal punto di vista morfologico del tessuto urbano, Paestum era pertanto una vera e propria città attorniata da possenti mura: oggi la cinta è quasi perfettamente conservata, lunga circa 5 km, e circonda il cuore della cittadina seguendo un perimetro poligonale di banco di travertino naturale, sul quale Paestum sorge. La doppia cortina delle mura era intervallata da 28 torrioni utilizzate dai militares per l’avvistamento dei nemici: oggi le torri sono quasi tutte distrutte o diroccate. In corrispondenza dei quattro punti cardinali, ci sono 4 rispettive porte che davano l’accesso diretto alla città: si tratta di Porta Sirena, posizionata a Est, così chiamata per via dell’animale fantastico scolpito per assurgere a funzioni apotropaiche; Porta Giustizia a Sud, con ampio vestibolo d’accesso difesa da due torrioni laterali; poi segue Porta Marina a Ovest, con ampio vestibolo lastricato che affaccia verso il mare; per finire Porta Aurea ubicata al Nord, di cui purtroppo oggi rimane ben poco in quanto è stata vittima di distruzioni varie nel corso dell’800. Inoltre vi erano anche 47 porte più piccole, secondarie per l’organizzazione della difesa della città, denominate posterule.
Porta Sirena, Paestum
È proprio a ridosso di Porta Giustizia che sorge il meraviglioso santuario extraurbano di Santa Venera, importante per la sua funzione ‘al di fuori’ delle mura, proprio perché veniva sentito dalla popolazione come “luogo di transizione”, una tappa da oltrepassare e quindi tempio per purificarsi, prima di mettere piede in città. È interessante notare la funzionalità correlata a questo splendido santuario, su cui molti studiosi hanno gettato luce: si tratta di un edificio, strettamente legato alla divinità di Afrodite in età arcaica e poi a Venere in età lucana e romana; prima tempio e poi quartiere termale con ninfei, Santa Venera era fortemente legato al mondo femminile: tramite alcune fonti di Ovidio sappiamo che vi era a Roma nel primo giorno di aprile, una vera e propria festa dedicata alle donne, a cui potevano partecipare sia donne aristocratiche, sia donne di condizione libera, sia donne di condizione servile; anche Paestum con il santuario di Santa Venera perseguiva lo spirito di questa festa: in queste terme, pavimentate in cocciopesto (materiale impermeabilizzante, usato proprio in luoghi dove era presente l’acqua per facilitarne il deflusso – ndr), sono state ritrovate moltissime statuette di culto, raffiguranti donne o piccole divinità femminili, donate come ex-voto dalle donne che ivi si recavano.
Venere
In pratica le donne che arrivavano a Santa Venera, solevano bagnarsi nelle acque delle terme per tentare di “ricostruire la propria verginità perduta” e riconquistare quindi la ‘passata purezza’ per mantenere vivo l’interesse del proprio compagno; è d’altronde anche molto diffuso nelle terme di Santa Venera, il tema del bagno della sposa, un rituale che serviva ad aumentare le probabilità di concepimento per dare una continuità alla propria stirpe. A confermare la veridicità di queste conoscenze sono le ricerche effettuate sulle iscrizioni marmoree ritrovate nel santuario che parlano nello specifico di una donna, Valeria: si tratta di una sacerdotessa appartenente a una famiglia abbiente, che fece costruire all’interno delle terme di Santa Venera degli strongyla, ovvero dei ‘cerchi’ con al centro dei rocchi di colonna, dove le donne potevano accomodarsi, denudarsi e poi immergersi nelle acque purificanti; tanti strongyla costituiscono il vivarium, una vera e propria piscina votiva, utilizzata per l’allevamento dei pesci sacri, spesso adoperati per trarre oracoli attraverso la comune pratica di vaticinio, conosciuta dagli antichi con il nome di ittiomanzia.
Esempio delle classiche terme romane
Le terme romane erano anche nell’antichità viste con uno sguardo alquanto misterico, legato al mondo delle celebrazioni e sopratutto Santa Venera simboleggiava per le donne il rito di passaggio di status da ragazza adolescente a donna pronta per il matrimonio. Immergersi in questo mondo lontano, in questa cultura del passato è emozionante ed affascinante, senza contare che lo studio dell’antico aiuta ad avvicinarci e a capire meglio il nostro presente.