Santanché? Perché no!

Creato il 02 luglio 2013 da Danemblog @danemblog
Oggi si voterà il nome del sostituto di Maurizio Lupi - che è diventato Ministro dei Trasporti - nel ruolo di vicepresidente della Camera. Il Pdl, legittimo titolare del ruolo da occupare, ha proposto Daniela Santanché. Sulla pasionaria berlusconiana, che si è autodefinita "pitonessa: né falco né colomba", il Pd ha subito posto dei veti, dichiarando la propria contrarietà.
Contrarietà ingiustificata - non fosse che per questioni personali, magari - in quanto il nome di Santanché non è sicuro più diviso di quello dello stesso Lupi. Contrarietà ancor più ingiustificata se poi si va a ragionare sul fatto che gli equilibri politici si basano anche sull'occupare ruoli e figure di garanzie, emanazione diretta ed insindacabile - almeno dovrebbe essere - del partito legittimato: equilibri, aggiungo, che spesso su questo si reggono. 
Non dovrebbe di certo esistere un "legittimatore" un qualcuno o qualcosa che definisca ciò che degli altri è giusto o sbagliato. Un po' come dire che ognuno con le proprie cose fa quel che vuole: e se quel posto è di diritto del Pdl, dovrà essere il Pdl a decidere chi sarà ad occuparlo. E, a meno di rilevanze oggettive sull'innominabilità di qualcuno - mi riferisco a fatti giuridicamente riconoscibili - si dovrebbe garantire libertà irrefutabile sulla scelta. 
Così anche per eleganza, chiamiamolo pure stile, perché in politica deve esserci anche quello.
La contrarietà del Pd sul nome di Santanché ne è una caduta, sul baratro, per quello stile. Perché senza tirare in ballo stanche polemiche sulla misoginia, non ci si può permettere - non più, adesso, ormai, che si è tutti insieme - di sentenziare sulle qualità, sulla bontà, sul migliore. Si chiude un occhio, si tappa il naso e si va avanti. Si è scelto di farlo. Perché sennò siamo alle solite, come quella volta con Nitto Palma di un paio di mesi fa.
Non è questo il momento delle solite incontinenze. Adesso si fa quello che serve. E in quello che serve, deve esserci anche la possibilità di dare agli altri, ciò che si chiede per se stessi: e cioè il diritto che il Pd ha avuto, di nominare Roberto Giacchetti e Marina Sereni per analoghi ruoli, senza che nessuno dicesse "no Giacchetti no, che ha la barba e quelli con la barba a me non piacciono!".
Il tutto rischia di finire nel solito pasticciaccio delle votazioni, con il Pd che voterà scheda bianca e M5S che voterà con Sel Laura Castelli, rischiando che Santanché non ce la faccia. Risultato: il Pd non mantiene i patti, non è affidabile, continua ad avvitarsi in questioni ideologiche. L'antiberlusconismo manierista, ancora una volta farà il suo corso. Il Partito democratico, di conseguenza, ancora una volta rischia una pessima figura.
Nota: non facciamoci prendere da facili scivoloni sull'occupazione di poltrone e bilanciamenti cencellistici del potere. I ruoli di cancelleria alle camere, sono formali, di rappresentanza, e non certo roccaforti del controllo. Ed è proprio per questo, che l'integralismo sembra il metodo più scemo per affrontare certe questioni.
Nota due: definire le posizioni di Daniela Santanché antipodiche alle mie, è qualcosa che va molto oltre l'eufemismo. 
Sulla vicenda, c'è un post scritto da Anna Paola Concia, sul suo blog per HuffPost, che è magistrale - nel senso che rappresenta una lezione su come affrontare certe cose e su quel che è lo stile in politica.

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