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‘Amore, ogni tanto controlla l’anatra sul fuoco, che io vado a spennare una gallina per stasera’. Regolarmente a tavola c’era anatra al gusto di bruciato, che Santippe doveva pure mangiare da sola perché Socrate era chissà in quale vicolo della piazza a bere con i suoi allievi. Perchè Santippe era una cuoca raffinata, ma non aveva nessuno con cui gustare le sue ricette. Per non parlare dell’educazione dei figli, un padre assente! Inutile chiedergli di passare del tempo con loro, li avrebbe solo confusi con le sue domande: “Cos’è la palla? Qual è la sua essenza? Esiste veramente o è solo una copia imperfetta di una realtà altra non visibile all’uomo?’ E ancora ‘Io so giocare con la palla perché già in un’altra vita ho giocato con essa e adesso si tratta solo di ricordare? Ma la parola palla che rievoca in me questi ricordi, indica l’essenza stessa dell’oggetto per cui ad esso corrisponde per natura questo termine che lo dice? Oppure è una convenzione umana che stabilisce che a quell’oggetto corrisponda proprio quel nome? Ma voi immaginate quei poveri bambini che volevano solo giocare? Pretendere poi che uno come Socrate si facesse pagare dai suoi allievi era utopia! A dire di Santippe, gli allievi erano così numerosi che sarebbero diventati ricchissimi. Le sue urla si sentivano fin sull’acropoli quando rientrando a casa, trovava bicchieri vuoti ovunque e delle scorte di cibo non c’era più alcuna traccia, persino i muri trasudavano di vino.Un aneddoto di Diogene Laerzio racconta che un giorno Santippe, che già doveva essere gonfia di tutte le stranezze del marito, appena rincasata, cominciò ad inveire contro di lui che stava dialogando con i suoi allievi nel cortile di casa, e dalla finestra gli gettò sulla testa una brocca d’acqua. E Socrate, con quell’imperturbabilità che sola riesce a trasformare noi donne nella bestia nascosta e repressa dalle buone maniere, le disse: ‘Di cosa vi meravigliate: dopo il tuono, era inevitabile che piovesse.” Le donne del vicinato, che tante volte avevano udito ‘Questa casa non è un simposio!’ invidiavano la sua irriverenza verso il marito, non era da tutte a quei tempi potersi permettere di ribellarsi così al proprio uomo, certo Socrate aveva molte cose da farsi perdonare, per non parlare degli innumerevoli tradimenti legittimati dal rapporto educativo maestro – allievo previsto dalla morale greca. Santippe è diventata nel tempo la moglie bisbetica per antonomasia, Socrate il filosofo morto per un’idea. E se fosse stata proprio Santippe a far sì che Socrate accettasse, con quell’imperturbabilità che gli era propria, la condanna che lo innalzò a eroe del pensiero?Eliana Macrì
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