Chi si trova in Costa Azzurra o ha in programma d'andarci, non perda tempo, componga sul computer [email protected] oppure telefoni subito allo 0493760016 per prendere appuntamento. Al di là della cornetta gli risponderà Eric Marteau custode dei luoghi da più di vent'anni. Eric ha iniziato la sua frequentazione della villa come infermiere di Francine Weisweiller, la mecenate proprietaria; poi lei è morta, ma lui è rimasto ad assicurare l'intendenza e sarà la vostra piacevolissima guida. La pepita d'oro in questione ubicata vicinissimo al faro di Cap Ferrat in avenue Jean-Cocteau al 14 è la bellissima villa Santo Sospir che ha una lunga, appassionante storia da raccontare.
I Weisweiller appartengono alla buona borghesia ebraica di Francoforte, divenuta francese da generazioni. Durante la guerra come tutti i loro correligionari affrontano varie peripezie, cambiano il cognome in "Lelestrier" dal suono meno sospetto, scappano da Parigi, tentano senza successo di andare in Corsica, in Spagna, in Brasile, finiscono per rifugiarsi prima a Nizza e poi nei dintorni di Pau. Alec Weisweiller promette alla moglie Francine che se riusciranno a salvare la pelle, lui le comprerà la dimora dei suoi sogni e così sarà: poco dopo la fine della guerra acquista a Cap Ferrat questa casa costruita nel 1945 proprio a tu per tu col mare e la rada di Villefranche.
Nel 1949 durante le riprese del film "Les enfants terribles" tratto dal suo omonimo celebre romanzo, Jean Cocteau fa la conoscenza di Francine e fra l'eclettico artista e la bionda eterea mecenate dagli occhi blu scatta subito il colpo di fulmine dell'amicizia, fra l'altro saranno proprio i Weisweiller a finanziare a fondo perduto la produzione della pellicola in difficoltà economiche. A fine film e montaggio, nel maggio '50, Francine invita Jean Cocteau e Edouard Dermit (detto Doudou) suo figlio adottivo, a venirsi a riposare per una settimana a Santo Sospir. Gli ospiti ci rimarranno invece sei mesi senza schiodarsi e in qualche modo Jean Cocteau non se ne andrà più via, ormai fra lui e Francine è nata un'amicizia solidissima; per molti anni Cocteau frequenterà regolarmente la casa trascorrendovi soggiorni lunghi e brevi.A fine conflitto i Weisweiller erano tornati a vivere a Parigi, Santo Sospir a Cap Ferrat era solo la casa delle vacanze arredata col gusto particolare di Madeleine Castaing, una signora che adorava fare i mercatini alla ricerca di mobili e oggetti dell'800 e che aveva finito per diventare antiquaria e arredatrice per trovare una sistemazione alle sue innumerevoli collezioni. Persone non comuni questi Castaing, Madeleine e il marito Marcellin, un erudito specialista di Proust, negli anni bui della guerra avevano ospitato il pittore Soutine, scappato da Parigi e in cerca di rifugio, nella loro dimora vicino a Chartres. Madeleine racconta che Soutine voleva bruciare tutti i suoi quadri e per fortuna c'era stata lei a salvarli dal fuoco.
Una sala da pranzo molto accogliente tutta rivestita da un incannucciato di bambù, tavolo e sedie disegnati dalla Castaing buffet e controbuffet dell'800 provenienti da Giava e Sumatra, mobili, oggetti, cornici, particolari "barbotine" provenzali, all'arrivo di Cocteau Santo Sospir era tutta arredata, pronta ad accogliere gli ospiti, ma ancora nessun quadro appeso, soffitti e muri inesorabilmente disadorni e bianchi, un invito a nozze per l'attivissimo artista refrattario all'ozio che chiede il permesso di dipingere una testa di Apollo sopra il camino della sala.
Non si fermerà più, in quel primo soggiorno di sei mesi Cocteau, senza nessuno schizzo preparatorio, affresca a tempera direttamente tutti i muri della casa, sala, salotto, la stanza di Francine, quella della figlia Carole, la sua e non solo quelle, anche le porte, le ante di un armadio, i paralumi delle abat-jour; in un successivo soggiorno sarà la volta dei soffitti e poi i disegni per il mosaico dell'ingresso esterno. Bisognerà aspettare invece quasi cinque anni perché l'arazzo , Giuditta e Oloferne, disegnato a pastello su cartone e regalo dell'artista alla padrona di casa, realizzato nelle prestigiose manifatture d'Aubusson, faccia bella mostra di se in sala da pranzo.
Assolutamente straordinario per il turista visitare una casa così, l'occhio sollecitato dovunque e da ogni cosa, non un museo imbalsamato ma un luogo caldo e accogliente che continua ad essere abitato da Carole, la figlia di Francine, quando viene a Cap Ferrat. Straordinario anche per Cocteau che l'ha vissuta e amata e che attraverso le sue creazioni ricche di spunti mitologici greci e temi marini, i pescatori, la focaccia tradizionale della costa, l'ha fatta sua. " Quand je travaillais à Santo Sospir, je devenais moi-même et ces murs parlaient à ma place." "J'arrive dans le jardin de cette villa Santo Sospir que j'ai tatouée comme une personne vivante....." e ancora " Matisse m'a dit:" Quand on décore un mur, on décore les autres" Il avait raison". Nel 1952 Cocteau ha anche consacrato un film a questo luogo magico, si intitola " La villa Santo-Sospir".
Ho attinto tutte le notizie di questo post dai libri "Villa Santo Sospir" e " Je l'appelais Monsieur Cocteau" entrambi editi da Michel de Maule e entrambi scritti da Carole Weisweiller che oltre a fare la produttrice cinematografica ha consacrato la sua vita a raccontare di quegli anni ruggenti e di Cocteau in svariate opere. Carole ha solo otto anni quando conosce l'artista che diventerà come un secondo amatissimo padre, ma seguirla nei suoi ricordi, aneddoti, racconti di vita di "Je l'appelais Monsieur Cocteau" è come vivere un romanzo d'avventure i cui protagonisti sono il gotha politico-cultural-artistico mondiale di un'epoca; personaggi conosciuti e frequentati non nella loro veste pubblica, ma nella semplice quotidianità e intimità. A partire dall'adorata madre Francine, "ma déesse de mère" come la chiama lei, icona di Dior, Balenciaga, Yves Saint Laurent, modella di Kisling, in foto con Yul Brinner o Picasso, Francine che riceve cartoline dalla principessa Sissi e che irradia classe e buongusto in ogni cosa che fa a un Jean Cocteau generoso, delicatissimo, premuroso che nulla ha a che vedere con l'etichetta dissoluta che gli si è incollata addosso, un Jean Cocteau che termina le sue lunghe lettere baciandola sull'occhio sinistro o sputandole scherzosamente in un orecchio, che con l'intimo amico Picasso discute di un camembert con la stessa serietà che richiederebbe parlare dell'opera di Proust o della pittura di Tintoretto e che a Parigi vive in un appartamento talmente piccolo che riceve gli amici in cucina. Le mura di Santo Sospir e della casa di Parigi nei ricordi di Carole vedono sfilare tutti, la ciarliera Marlène Dietrich e l'enigmatica Greta Garbo, un giovanissimo Alain Delon con la sua Romy Schneider, Sartre e la Beauvoir, il torero Dominguin e Lucia Bosé, scrittori, registi, attori, cantanti, pittori, persino un cardinale. Coco Chanel un giorno le dice "Tu vois, ma petite, la mode crée du beau qui deviendra laid et l'art, du laid qui deviendra beau" mentre Picasso, abituale amico di famiglia, le fa venire una voglia folle di scherzare "Il me donnait une envie folle de faire de bêtises" forse perché le racconta "che il cane lupo appena uscito di casa è così grosso per aver inghiottito una balena".
Nel corridoio vicino all'uscita c'è il libro degli ospiti per chi vuole lasciare un commento.Una signora ha scritto "J'ai adoré" e qualcuno ha lasciato un bel disegno alla Cocteau.