E’ sempre difficile definire un prodotto, specialmente quando vengono accostati a più popolari e fortunati cugini europei.
Broadchurch, che dire, è un piccolo gioiello, e i telefilm addicts lo sanno bene, perché ha quella dose di angoscia e crime british che sono condite al ritmo di pioggia, scenari pseudo rurali e fish&chips consumati dietro bocche chiuse e segreti inconfessabili.
Top of The Lake, in realtà, sembra inizialmente riallacciarsi a questo filone, ma diviene tutt’altro. Di puntata in puntata, infatti, passa da tensioni visive alla Twin Peaks ed echi quasi alla Stephen King, fino a portarsi al mistery crime che sa’ di realtà lontana e sconosciuta. E questo è uno di quei punti a favore che contribuiscono a conferirgli originalità.

Ben più sotto l’equatore, lì a destra del planisfero per farla semplice, le cose sono ovviamente molto differenti. Dicono l’acqua giri in senso antiorario (o era l’opposto? Simpsons docet), e che la vita al confine con una realtà indigena abbia influenzato la cultura di quel luogo meraviglioso tra paesaggi incontaminati, isole frammentate e scenari da film di Peter Jackson.
Top of the Lake è una finestra su una vita neozelandese per noi europei aliena, con spazi, dinamiche e consuetudini che potrebbero farci storcere il naso, e tuttavia rendono questa serie un unicum nel suo genere.

E se la pretesa è che Matt sia il protagonista, beh non lo è. E neppure lo è la detective Robin Griffin, che con un viso alla Jodie Foster stile silenzio degli innocenti, si fa carico della vicenda cercando di combattere i suoi demoni ed espiare il passato, non senza difficoltà. Il ritorno, infatti, nella cittadina della sua adolescenza comporta gioie e dolori, è evidente. Vecchie storie, nuove vie, nuovi coinvolgimenti e strade a tornanti che non finiscono mai.

Inoltre, se Faramir è il capo della polizia, ma dietro quell’apparenza di estrema rettitudine puzza leggermente come il pesce dopo tre giorni, vien da dire allora…ma da che parte stai? Plauso speciale in ciò, a David Wenham, forse sottovalutatissimo, ma di una duttilità da far spavento, capace di farti rabbrividire con un sorriso. Del resto, non si hanno mai certezze per diffidare di qualcuno.

Top of The Lake ti tiene incollato allo schermo nonostante l’azione sia quasi impalpabile in alcuni punti, creata con una tensione lenta ma tale da provocarti quel senso di inquietudine come al vedere qualcuno passarsi un coltello con la lama sul palmo della mano, senza tuttavia che tocchi la pelle. E’ quel senso del pericolo latente che è lì, ti fa stringere i denti, e rilascia tutta l’adrenalina alla fine. Ed il colpo di scena, sempre in agguato fino all’ultimo episodio, è il taglietto che vien fuori perché sei stato incauto, inattento, non hai messo insieme tutti i pezzi o hai dato le cose troppo per scontate.
Ecco perché, al di la di poche e oculate informazioni, ho evitato coscientemente di dirvi altro della trama, anzi, non vi ho rivelato quasi nulla. Se lo vedrete (e DOVETE farlo), beh, mi ringrazierete. E contate che già è stata commissionata la seconda stagione.
Ulteriore incentivo? La soundtrack contiene pezzi come questo, una cover stupenda di un brano epico di Björk.
State davvero ancora cercando un motivo per non premere ‘play’?
-Notforyourears
