“Sapore di nebbia” di Gilberto Antonioli si aggiudica la terza posizione nella sezione B (libro di poesia) della Quarta Edizione del Concorso Letterario Nazionale “Oubliette 04” promossa dalla web magazine artistica Oubliette Magazine. Di seguito la critica letteraria redatta da Giovanna Albi. Buona lettura!
La silloge “Sapore di nebbia” è di indiscutibile pregio artistico, laddove la parola poetica cercata, scovata, scavata, inseguita e raggiunta si fa costruzione di immagini sapienti e di callidae iuncturae, a partire dal titolo stesso che è un’ardita e ben riuscita sinestesia.
“Sapore di nebbia” allude ad una dimensione infinita, in cui si vagheggia in attesa un accadimento di fede, che certo avverrà. Sì, perché la nebbia ha un sapore da ascoltare e indagare attraverso uno spettro di sensazioni che si scatenano e che il poeta sta in silenzio ad accogliere in una ricerca, das dasein,del kaipòs , dell’occasione opportuna, per “incrociare nuove sfide della vita”.
C’è quindi un momento di introflessione psicologica, di raccoglimento, di recedere in se ipsum, per poi riaprire le braccia al mondo. Il percorso nella prima sezione avviene dentro “i sentieri della natura”, con i suoi ritmi inesorabili e la “sentenza del risveglio”, una lirica questa di encomiabile musicalità del verso, da cui si desume che, accanto alla spontaneità del dire, c’è una squisita ricerca di sperimentalismo poetico, in un connubio fertile di natura e tecnica, sostenuta da una filosofia ontologica che ruota intorno alla spes, alla “speranza” che “/si nasconde nei cespugli delle siepi”, mentre “Non è piana e neppure complicata/la visione della danza delle nubi/quando scivola sull’orlo del mattino/che riscalda le sementi dentro i solchi” Qui avverto del simbolismo pascoliano con tutta la tradizione di musicalità del verso connessa, mentre si sente tangibile il calore delle sementi.
L’osservazione del girovagare delle nubi non elude il destino umano del risveglio. Risveglio inteso come l’aprirsi banale degli occhi al mattino o risveglio alla Siddharta a contatto con la natura? Opterei per la seconda soluzione, intrisa come è la poesia di Antonioli di ansia metafisica. Ogni tanto insorge una noia leopardiana, intorno a cui “si distende la solerte ragnatela”: la poesia è rilassamento e tensione, pausa e ripresa, scoramento ed entusiasmo e in questa dimensione anfibia sta la sua grandezza, perché ben universalizza lo stato d’animo umano, sicché leopardianamente può dirsi che si tratta di canti lirici, in cui il sentimento del singolo poeta diventa vate di un sentire antitetico universale.
La ricerca si appunta sul “mistero del pensiero” ove “si racchiude ogni sogno che raccoglie i desideri” in una sagace contrapposizione tra il pensare cosciente e il sognare inconscio, ricettacolo dei desideri più intimi. Ma su tutto domina l’”incomprensione” di fronte lo scenario che sia apre del mistero . È di fronte al sopraggiungere della sera che “s’acquieta il gorgo vigile danzando/e il vortice rapito non rimane”, in ossimorica congiunzione di parole, allora “ il buio si trasforma in noncuranza/ che agita la mente e la sublima”.
Montaliana sublime “indifferenza” che apre il varco verso l’Assoluto. Tra “incertezza e nostalgia“ nel bosco avviene un “viaggio senza rotta e squarci e nubi”; il bosco con tutto in tuo intreccio misterioso si fa topos letterario dove “il cielo imbruna con processi di dolore” in un richiamo dannunziano alla dimensione panica, in cui però sovrano è il dolore del buio; mentre “la luce scalpita ma il grigio l’appiattisce”, la vita non ce la fa e cede di fronte al “volto inquieto del tramonto”.
Momento di resa per poi riprendere il cammino dopo essere scesi in catabasi nell’abisso “ della selva oscura”. Lentamente muore chi non sogna, chi non spera, “e affronta il suo cammino triste e grigio” chi non sa ascoltare i sinestetici “ verdi suoni”. Ancora “malessere di polvere” incontra chi “erge un muro di terrore e di contrasto,/allora “non percorre passerelle di passioni/l’animarsi dei pensieri più sognati”. La vera morte non è quella del corpo ma quella del cuore e della mente che può coglierci mentre siamo in vita, allora esistiamo ma non viviamo; nel “frusciare del mistero” si rimane inquieti dentro “un malessere di polvere”, metafora di una vita destrutturata, polverizzata, resa nulla, in nichilistico abbandono. Perché la vita ci sfugge nel suo mistero insondabile, nonostante gli sforzi del poeta di “carpire al labirinto/le sue trame e gli incroci più nascosti”… tutto si vanifica: “Il pensiero è lucerna gonfia d’olio/ che diffonde solo scampoli di luce.”
Ardua e non sempre appagante la missione del poeta, talora rimane col dolore stretto in petto e un messaggio che non si lasca interpretare. Mi sembra che il dolore esistenziale sia il tratto dominante di questa poesia che si scioglie in saudade mentre “infanzia svanisce nel grembo delle ore” e anche la speranza, ultima dea, si allontana, in questo poetare che un elastico della mente che si rincorre, si trova, tracolla, cede, si perde. Il dolore esistenziale che rimanda all’ungarettiano “ male di vivere” si fa più intenso “ se i ricordi scolorano”, allora “sfumano lievi in un mare d’oblio/le tracce del tempo che la mente disperde”.
Essere è platonicamente ricordare, e, quando il ricordo svanisce, l’uomo si sente sradicato, rimangono “soltanto segnali di nebbia che sfuma”. E così tra sentimenti anfibi e anfibolici e doppi sentire procede il poeta ora spedito ora carponi, ma “ se l’amicizia è recisa, cade a terra/ s’increscano le acque verso riva/ e nei gorghi la poltiglia si condensa”.
Una poesia quella in analisi che tanto mi ricorda il montaliano dolore della condizione umana, la rincorsa versa il ricordo che scompare, la “noncuranza”, la ricerca mai paga di un momento di attesa che serva per recuperare la “speranza. Il tutto dentro un progetto coeso e unitario in cui forte è la ricerca della parola melodica e preziosa accanto ad una filosofia di vita di indubbio spessore.
Congratulazioni a Gilberto Antonioli per l’ottimo risultato.
Link diretto finalisti del Quarto Concorso Letterario Nazionale “Oubliette 04” QUI
Written by Giovanna Albi
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