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Sarà Marini?

Creato il 18 aprile 2013 da Giulianoguzzo @GiulianoGuzzo

franco marini

Giornata pazza, quella di ieri. Iniziata con l’affondamento di una candidatura quirinalizia forte, quella di Giuliano Amato, e proseguita con raffiche di indiscrezioni che si sono materializzate in un nome ed un cognome, quello di Franco Marini. E’ su di lui, l’ex sindacalista ed ex presidente del Senato, che Berlusconi e Bersani avrebbero trovato una convergenza dopo che quest’ultimo gli aveva sottoposto una rosa di nomi fra i quali, appunto, il Cavaliere ha optato per l’ex segretario della Cisl – da lui ritenuto «un buon nome» -, personalità di umili origini, un passato da democristiano e molto stimato anche da Gianni Letta. Bersani l’ha quindi comunicato ai suoi e, anziché la pace, è scoppiata la guerra.

Pd a pezzi

La vera notizia, più ancora che l’individuazione del nome di Marini, è infatti quella di un Partito democratico non vagamente diviso ma del tutto lacerato: basti dire che accanto a Matteo Renzi, giunto a definire l’ipotesi presidenziale dell’ex segretario Cisl addirittura «un dispetto al Paese», persino una fedelissima di Bersani come la vicentina Alessandra Moretti, non ha nascosto perplessità sulla candidatura al Colle dell’ex presidente del Senato che pure, a tutti gli effetti, è uomo in quota Pd. Le stime dicono che su 469 elettori, oggi il centrosinistra – contando i dissidenti renziani e il mancato supporto di Sel – difficilmente potrà dare a Marini, sempre che riesca a darli, 400 voti. Una emorragia imponente nella quale Vendola vede addirittura il tramonto della coalizione che, almeno sulla carta, ha vinto le ultime elezioni. All’una di notte, via twitter, il Governatore della Puglia però fa un nome che potrebbe rivoluzionarie lo scenario: quello di Stefano Rodotà. Staremo a vedere.

Pdl soddisfatto

Nel frattempo, mentre la Lega Nord al primo scrutinio starà a guardare, il Pdl ha annunciato che da subito voterà compattamente per Franco Marini. Una compattezza determinata dal già ricordato gradimento di Silvio Berlusconi nei confronti dell’ex sindacalista e, in prospettiva, dalla consapevolezza che una sua eventuale salita al Colle rappresenterebbe, nelle condizioni date, la maggior garanzia di equilibrio possibile. Oltre a questo, la mossa del Cavaliere ha avuto la capacità di far uscire allo scoperto – in misura, occorre dirlo, decisamente superiore alle aspettative – le divisioni interne al Partito democratico. Berlusconi ha mandato così la palla in rete due volte in un solo giorno, trovandosi a ricoprire quel prestigioso ruolo di mediatore che, se non apre la strada direttamente la strada al governissimo, quanto meno scongela una situazione che negli oltre cinquanta giorni seguiti al voto era incredibilmente rimasta tale.

Grillo lancia Rodotà

Mentre il Pd conta le crepe interne ed il Pdl attende fiducioso il primo scrutinio – che sarà il vero test dell’intesa siglata ieri e che comprende anche Scelta Civica – , il Movimento5Stelle, dopo i ritiri di Gabanelli e Strada, si gioca la carta di Stefano Rodotà. E qui le anomalie sono davvero tante. Primo per quello che Grillo dice dell’illustre giurista quando lo indica come uno  «fuori al giro» o addirittura «mai dentro il circuito». Mai dentro il circuito? Con la familiarità del web che hanno i militanti M5S non faticheranno a riscontrare come Rodotà è un signore che – oltre ad avere 80 anni, nulla contro la saggezza ma non è esattamente un’età da rivoluzionario – è stato quattro volte parlamentare nazionale, una volta parlamentare europeo e sette anni Garante della privacy con un compenso di 450.000 euro: più casta di così si muore! Senza dimenticare un aspetto molto, davvero molto interessante.

Ma Rodotà criticava Grillo

Alludiamo alle dichiarazioni assai poco tenere che Rodotà ha rilasciato nei confronti di Beppe Grillo. E non nel secolo scorso, ma meno di un anno fa, nel luglio 2012. Ma lasciamo la parola a lui, a Rodotà: «Il fatto che Grillo dica che sarà cancellata la democrazia rappresentativa perché si farà tutto in Rete, rischia di dare ragione a coloro che dicono che la democrazia elettronica è la forma del populismo del terzo millennio. Queste tecnologie vanno utilizzate in altri modi: l’abbiamo visto con la campagna elettorale di Obama e nelle primavere arabe. Poi si scopre che Grillo al Nord dice non diamo la cittadinanza agli immigrati, al Sud che la mafia è meglio del ceto politico, allora vediamo che il tessuto di questi movimenti è estremamente pericoloso. E rischia di congiungersi con quello che c’è in giro nell’Europa. A cominciare dal terribile populismo ungherese al quale la Ue non ha reagito adeguatamente» (Rodotà S. intervistato in Basso S. Stefano Rodotà: Svegliati, sinistra, Left.it, 21/7/2012). Delle due l’una: o Rodotà ha un sosia, oppure Beppe Grillo dovrebbe usare di più internet e verificare con più attenzione le opinioni del candidato che oggi sostiene nel ridicolo tentativo di farlo passare come una matricola delle Istituzioni.

Cosa accadrà?

Gli scenari possibili, evidentemente, sono molti; dunque non resta che attenersi ai dati certi o quasi. Mentre scriviamo – la mezzanotte è passata da un pezzo -, i riferimenti molto probabili  sono i seguenti: a) il Partito democratico è diviso sul nome di Marini, al quale hanno invece assicurato pieno appoggio Pdl e Scelta Civica (la Lega si dovrebbe aggregare con la seconda votazione); b) il nome di Rodotà – lo stesso Rodotà che apostrofava MS5 come espressione di un «terribile populismo» – gode dell’appoggio dei grilini, di Sel e pure, si mormora, di qualche dissidente Pd; c) Se non fosse eletto entro la seconda votazione – raccogliendo i 672 voti necessari -, Franco Marini potrebbe ritirare ufficialmente la propria candidatura. In quel caso, per il centrodestra si metterebbe male mentre a sinistra potrebbero emergere due nomi che, di fatto, non solo ri-unificherebbero la coalizione ma potrebbero anche raccogliere il consenso del Movimento5Stelle: Romano Prodi e, appunto, Stefano Rodotà. In quel caso, nel caso cioè dell’eventuale ritiro del nome dell’ex segretario Cisl, oltre a questa anche la prossima potrebbe quindi essere una lunga notte. Molto lunga. Soprattutto per Bersani.



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