E’ ammennicoli che ce lo chiede.
Nel post qui sotto. Con gli occhioni, per di più. E come potrebbe resistere iome? All’assist, che l’argomento le interessa. E agli occhioni, cui è storicamente sensibile, facendosi così infinocchiare alternativamente dalla nana, dall’Uomo, dalla Donna, e financo dal rompicoglioni del piano di sotto.
L’ultima frontiera, pare sia stata varcata. Se lavori a Facebook, o a Apple, e sei donna, e non vuoi mettere a repentaglio una crescita professionale che ti sta facendo scalare gradini su gradini nel corso dei tuoi gloriosi trenta (intesi come anni), puoi congelare i tuoi ovuli, per utilizzarli in epoca più acconcia professionalmente. Le spese per il prelievo e la conservazione, le copre l’azienda.
Come già per Gasparri, ci si indigna, ma non ci si stupisce più di tanto.
Intanto, a Facebook, il boss è Zuckerberg. Uno che, quando si è sposato, la moglie ha preteso, nel contratto prematrimoniale la clausola del sesso almeno una volta a settimana, oltre a 100 minuti, sempre a settimana, di tempo di qualità. Praticamente basta che la trombi una volta a settimana e la ascolti meno di due ore. Spero che il conto in banca possa essere per lei di qualche consolazione, che sul resto non mi pare stia granché messa.
Risparmiamoci le solite manfrine. Le dipendenti cui viene proposto di surgelare gli ovuli non sono povere braccianti ignoranti e sfruttate, ma donne con titoli di studio, master e carriere, che stanno facendo una scelta. Scientemente.
Se qualcuna di loro fosse realmente interessata alla maternità, credo dovrebbe considerare, seriamente, di cambiare lavoro. E non solo in virtù di una proposta che potrebbe anche essere considerata offensiva (io la considerei tale, peraltro). Ma in ragione del buon senso. Lavorare in faccialibro o in melamorsa, implica ritmi lavorativi incompatibili con la maternità come con la paternità.
Se preferite, la metto giù così: se lavoro 18 ore al giorno per me puoi anche fare. potrebbe addirittura piacerti, in effetti. Ma esiste un limite alla distinzione tempo di qualità/tempo di quantità che si fa quando si parla di figli e carriera. E a certi ritmi, spariscono entrambi. Qualità e quantità. E il concetto, a mio vedere è applicabile a uomini e donne.
Quel che mi lascia più sconcertata, a parte tutto, è il fatto di pensare che tutto sia programmabile. Come un videoregistratore o un programma per computer. Che loro son del ramo.
Invece no. Un figlio, anche quando c’è programmazione, è anche e soprattutto impulso. si devono allineare i pianeti. Devi amare, essere riamato. Devi pensare che con quella persona sei disposto a prenderti l’impegno più gravoso che esista. Anche più di un mutuo. Devi pensare che sei disposto a creare una nuova vita e ad investire risorse per crescerla. E quelle risorse non sono solo economiche. Sono anche e soprattutto un investimento umano.
E devi essere disposto a fare un salto nel vuoto. Che un figlio lo stai facendo con qualcuno di cui magari, un giorno, trovando una foto gualcita in fondo a un cassetto penserai ‘Ma come ho fatto a stare con quello stronzo?’. Eppure anche nei divorzi più sanguinosi che ho visto, l’aver fatto un figlio non l’ho mai visto rimpiangere. Perchè un figlio è l’unica cosa che è veramente per sempre. Un pezzo di te, proiettato nel futuro.
Ma anche una scelta. la scelta di esserci, che in alcuni casi può anche spingere a ridimensionare certi progetti di carriera. O anche no. Ma in quel caso, forse, al figlio, è più onesto rinunciarci. Che suvvia, grazie alla contraccezione le madri per forza non son più cosa (con sollievo generale di donne costrette a fingere istinti materni inesistenti e di figli che di quell’inesistenza si accorgevano, eccome).
Ecco, se devo essere sincera, l’aspetto più squallido della proposta è che deresponsabilizza, così da farti sentire un po’ meno merda. Perchè invece di dire ‘io, un figlio, mai’ ti consente di arroccarti dietro un più politicamente, ‘io, per ora surgelo, poi, in futuro si vedrà’
Che suona meglio. Falso, se volete, ma meglio.
Però ecco, in assoluta franchezza, fra Apple, Facebook e quella che si fa congelare gli ovuli non riesco a capire chi mi fa più pena, rabbia o tristezza. Resta la sensazione, comunque, che, tra loro, si meritino.